Quanto l’industria di marca contribuisce al sistema Italia

Le aziende aderenti a Centromarca valgono 87,2 miliardi di euro contribuendo al 4,2% del Pil. Lo studio Althesys Strategic Consultants evidenzia l’importanza del sistema imprenditoriale italiano per capirne i punti di forza

Le industrie aderenti a Centromarca hanno generato nel 2023 valore condiviso per 87,2 miliardi di euro, il 4,2% del Prodotto interno lordo italiano, con una crescita del 19% rispetto al 2019. È quanto emerge dallo studio La Marca crea valore per l’Italia, realizzato da Althesys Strategic Consultants e presentato a Roma al Centro Studi Americani.

L’indagine dimostra quanto la qualità sia al servizio della competitività nell’economia imprenditoriale italiana e si sofferma sull’importanza dell’eccellenza all’esterno e all’interno del Paese. “La marca crea valore per l’Italia, produce lavoro, e influisce sul sistema socio economico del Paese” fa osservare Alessandro Marangoni, ceo Althesys. “Un valore condiviso tra aziende e società che ha ricadute dirette attraverso il valore creato dalle imprese, che sono gli associati di Centromarca, e indiretto, se si considera l’intera filiera fino ai canali distributivi, i consumi, gli investimenti, l’occupazione”.

All’interno degli 87,2 miliardi ricadono dunque fornitori, agricoltori, produttori, trasformatori, logistica e distribuzione. Nella filiera Centromarca Agricoltura e allevamento valgono 13,9 miliardi di euro, la produzione alimentare 26,9 miliardi, la logistica 1,05 miliardi, la gdo 45,4 miliardi. Il valore condiviso realizzato dall’attività produttiva delle associate Centromarca è pari a 26,9 miliardi di euro: 13,5 miliardi di valore aggiunto, 9,1 miliardi di ricadute indotte, 4,2 miliardi di Iva e 100 milioni di donazioni. Tutto questo si traduce poi a valle della filiera in ricadute dirette, per 17,8 miliardi, indirette per 37,8 miliardi di euro, e indotte per 31,6 miliardi di euro.

Sono almeno 2.400 i brand protagonisti di questa economia di settore che apportano beneficio anche alla società, calcolando che a ogni euro di valore condiviso dell’associazione Centromarca corrispondono circa 3,2 euro di ricaduta per il Paese. Ogni lavoratore delle industrie Centromarca contribuisce a creare 7,2 posti di lavoro in Italia, l’equivalente di 1 milione di persone (pari al 4,1% degli occupati), di cui 738.760 nella filiera del largo consumo, 72.056 tra i fornitori, 131.522 nella produzione, 6.195 nella logistica, 528.987 nella distribuzione e vendita. Le imprese associate generano 26,6 miliardi di euro di salari lordi (+17% rispetto al 2019), pari al 3,2% del totale dei redditi da lavoro dipendente e al 15,7% delle retribuzioni dell’industria manifatturiera.
Secondo le evidenze dello studio l’apporto di questo comparto economico alla contribuzione fiscale è di 28,7 miliardi di euro (5% delle entrate fiscali 2023), di cui 12,9 miliardi riconducibili all’Iva, 12,2 miliardi a imposte e contributi sociali sul lavoro, 3,5 miliardi a imposte sul reddito delle società.

Il nostro è un Paese che ha la capacità di generare valore, che ricade non solo sulle aziende che lo generano, ma su tutta la filiera -ha affermato Francesco Mutti, presidente Centromarca- quindi anche sul mondo agricolo, della logistica, della trasformazione, della distribuzione e sulle persone che vi sono occupate. E la crescita dei salari dal 2019 al 2023 di oltre il 17% assume ancora più peso in un momento in cui il Paese ha sofferto di un incremento di inflazione importante. Noi siamo un piccolo Paese che fa un miracolo quotidiano, passando dalla capacità delle nostre aziende del ‘saper fare’; un Paese con lo 0,8% degli abitanti del pianeta è una delle 10 più grandi economie al mondo, per questo per noi la chiave è non la produzione di massa, ma la produzione di eccellenza, che passa attraverso la qualità”.

Alessandro Morelli, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio alla programmazione economica, ha sottolineato quanto questa qualità sia importante nelle esportazioni: “Stiamo facendo grandi investimenti nelle società pubbliche per dare garanzie alle aziende italiane che intendano investire all’estero in mercati particolarmente difficili, perché i grandi brand italiani sono un biglietto da visita per tutti noi, portando qualità e creatività”.

Anche Antonio Misiani, vicepresidente della Commissione Bilancio del Senato ha evidenziato l’importanza della produzione di eccellenza: “Siamo un Paese di trasformazione manifatturiera, non abbiamo materie prime. La competizione non la possiamo fare al ribasso: ci sono economie, anche in Europa, che possono produrre per il mercato mass market a costi più bassi dei nostri; noi cresciamo se la competizione la facciamo sul brand e sulla qualità”. Anche la transizione ecologica secondo il senatore sarà in mano alle aziende “che sono il Paese reale” e il compito delle istituzioni e stimolarle. “Se lasciamo soli gli imprenditori negli investimenti per l’ambiente distruggeremo le filiere”.

Insiste sulla digitalizzazione per la lotta alla contraffazione e la logistica Giulia Pastorella, della Commissione Trasporti della Camera. “Ci sono molte soluzioni digitali che possono venirci in aiuto, occorrono tuttavia delle regole perché non è possibile che online si possa fare qualunque cosa e nella realtà fisica no, ci vogliono regole uguali per l’online e l’offline. C’è inoltre una grande sfida dell’Intelligenza Artificiale che non va subita ma cavalcata, integrata nelle imprese mentre si realizzano i lavoratori. È chiaro che questo presuppone un livello di competenza che non è sempre presente”.

Alessandro Cattaneo, deputato della Commissione Politiche Ue ha focalizzato il tema delle esportazioni osservando che l’Unione Europea dovrebbe avere “un sano realismo nelle normative che dovrebbero essere semplici e efficaci, tenendo conto che ci sono economie molto diverse, all’interno delle quali, una volta recepito il quadro generale, si dovrebbe lasciare spazio alle peculiarità delle legislazioni nazionali”. Il deputato ha inoltre ricordato che la leva fiscale è uno degli strumenti più efficaci dell’ultima legge di bilancio in cui “abbiamo cercato di dare piccoli segnali di defiscalizzazione e di riduzione delle accise e questo è stato letto molto positivamente dalle imprese, perché indica la volontà di essere dalla stessa parte per l’attrazione degli investimenti, poiché sono le aziende che concorrono all’efficienza del Paese”.

Nelle conclusioni il presidente di Centromarca, Francesco Mutti, ha fatto osservare che pur essendo le aziende protagoniste di questi enormi cambiamenti, come quello della transizione ecologica, della tutela del Made in Italy, della digitalizzazione, il tessuto economico è ancora costituito da micro imprese e che chi rispetta le norme spesso ha costi superiori rispetto a coloro che le infrangono. “Dobbiamo sempre più diventare un Paese che esporta eccellenze poggiando su elementi cardine quali la capacità attrattiva dell’Italia quale brand, all’interno del quale ogni singola marca può generare valore per il sistema Paese”.

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