Recensione

MARK UP –

Verona (Provincia di Gardaland).

Strumenti e creatività nella comunicazione d'impresa
di Mario Magagnino
QuiEdit, pagg. 170, prezzo: € 15,80

1. Il valore dell'immagine. Dimostrato

Forse sono rimasti gli ultimi, gli italiani, ad averlo capito: la comunicazione è lo strumento più potente per incidere sul pensiero delle persone. Questa lacuna collettiva (che si sta progressivamente colmando), non risparmia nessuno: dal singolo individuo alle imprese private (medie e piccole) che, forse, a causa delle dimensioni non hanno nella loro cultura la componente comunicazionale. Neppure lo Stato fa meglio, anzi. In termini di branding, per esempio, le maggiori imprese pubbliche non esistono o quasi. Ospedali, scuole, pubbliche amministrazioni ecc., strutture ramificate sul territorio che occupano migliaia di addetti e milioni di clienti ma non hanno un marchio o almeno un logo che li faccia riconoscere a colpo d'occhio. Ma anche in termini di comunicazione di base non si scherza: per fare un altro esempio se si digita in internet www.anas.it per cercare il sito del gestore della rete stradale e autostradale nazionale, si trova l'associazione nazionale allevatori suini. Guardando al passato si scorgono eccellenze sia private (il brand di Esselunga) sia pubbliche (il cane a sei zampe dell'Agip) ma appaiono come l'espressione tipica del genio del singolo piuttosto che l'espressione di una cultura condivisa.

Potenza del marchio

Vale la pena di leggere il libro del prof. Magagnino, consulente aziendale e docente di comunicazione d'impresa presso Università Verona. Offre una rassegna vasta e varia sul passato industriale dal punto di vista della comunicazione. Il libro è molto ben documentato e ricco di note e riferimenti, a volte anche curiosi, che rispondono a molte domande rimaste sospese negli anni: cosa c'è dietro e il perché di molte operazioni di successo nell'advertising, nel branding e nella comunicazione a vario titolo. Ma questo è solo un “di cui” di una trattazione che si sviluppa attorno al concetto di immagine: partendo dalla fisicità (corporate architecture), al brand­ing fino a toccare molteplici aspetti che sono legati al concepimento di un prodotto: design, naming, packaging e molto, molto altro. Il quarto e ultimo capitolo è dedicato all'interazione del marchio con il mondo circostante attraverso le molteplici forme.

Molti gli esempi citati circa l'efficacia associata a un buon marchio. Alla base di ogni esperienza di successo vi è una considerazione che vale la pena citare tra virgolette: “…un marchio, se funziona, conquista territori mentali e fisici […] un marchio se forte, lo posso appiccicare a qualsiasi tipo di prodotto e tutto ciò può funzionare”. Come se il marchio potesse superare in valore il prodotto che simboleggia. E lo supera. Un esempio? Torniamo al libro, pag 49: “...[...] Renzo Arbore nel 1987 con la trasmissione televisiva “Indietro Tutta” il cui sponsor inesistente, immaginario era il marchio Cacao Meravigliao, con relativa canzone-spot, colonna sonora all'epoca di tutte le occasioni di convivialità. A seguito del successo ottenuto, erano numerosi gli ascoltatori che richiedevano il prodotto presso i supermercati e aziende del settore avevano offerta ad Arbore cifre, per quell'epoca, di notevole interesse, perché cedesse Cacao Meravigliao per farne un uso appunto commerciale. Arbore non fece alcuna cessione!”

Advertising, lo specchio dell'anima commerciale?
L'analisi dell'advertising è un esercizio divertente. Se è vero che sono i creativi a dare forma alle emozioni da trasmettere, sono le aziende che accettano le proposte. Ed è difficile misurare il motivo delle scelte. È come il design delle automobili: il marketing decide quale target colpire e dà gli input ai disegnatori. Poi, tra le proposte ne vince una per svariati motivi non razionali. Ma non è solo il contenuto dell'advertising a connotare un contesto, ma anche le regole con cui è propagato. Prendiamo l'esempio della pubblicità comparativa. Il nostro libro da una definizione precisa: “La pubblicità comparativa è qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente di beni o servizi offerti da un concorrente”. In Italia questa forma di comunicazione è scarsamente diffusa. Anche da questo aspetto si possono trarre considerazioni che identificano usi e costumi tipicamente italiani. Da pagina 69: “La spiegazione dello scarso utilizzo di questa forma di comunicazione senz'altro è da imputare al ritardo e alle polemiche con la quale è stata introdotta, e poi perché il mercato italiano è rigido e gli imprenditori alla fin fine si vogliono tutti un gran bene! Peccato che questo modo di fare sia un danno per il consumatore che non ha anche la possibilità di una scelta razionale; peccato perché impedisce alle aziende di migliorarsi dopo essere state comparate.” Very italian style.

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