Reputazione del settore un tema su cui lavorare insieme

Claudio Gradara, Presidente di Federdistribuzione
Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione
La situazione di incertezza rischia di creare un quadro di attesa sia per le imprese sia per i consumatori. Servono interventi strutturali per la crescita (da Mark Up n. 275)

Previsioni economiche, aperture domenicali, reputazione del settore, contratto collettivo di lavoro: Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione, delinea il quadro per il retail nel 2019.

I temi più caldi del 2019.

La preoccupazione maggiore per l’anno prossimo riguarda la dinamica dei consumi e la crescita del Paese. Tutti i segnali che arrivano in questi ultimi mesi sulla nostra economia indicano un rallentamento del trend già di per sé molto debole e più lento di quello degli altri Paesi. Con grande probabilità avremo di fronte mesi di stagnazione, con un Pil inchiodato intorno allo zero e con una manovra i cui effetti sono di difficile previsione e comunque misurabili solo nella seconda metà del 2019.

Questa situazione di incertezza rischia di creare un quadro di attesa per quanto riguarda sia il mondo delle imprese, che potrebbero sospendere investimenti, sviluppo e assunzioni, sia i consumatori, che continueranno a frenare e rimandare gli acquisti.

Un circolo perverso dal quale potrebbe essere molto difficile uscire.

Per questo occorrono misure concrete e credibili, in grado di attrarre l’attenzione di investitori, nazionali ed esteri.

Quali, quindi, gli interventi prioritari?

Ridare slancio ai consumi interni rappresenta un fattore fondamentale per sostenere la ripresa. L’esportazione è una leva necessaria da continuare ad alimentare, ma è solo con una forte domanda interna che un Paese trova stabilità. Per raggiungere risultati concreti è però indispensabile che le misure abbiano carattere strutturale: cioè non limitate a un anno, quello della legge di bilancio, ma con un orizzonte temporale di medio/lungo periodo. Imprese e consumatori hanno bisogno di certezze, di poter guardare il futuro con alcuni punti saldi. Dal punto di vista degli interventi penso sia necessario lavorare sia sul fronte delle famiglie sia su quello delle imprese. Per le prime attraverso una politica dei redditi che aumenti il potere d’acquisto, aggredendo le autentiche sacche di povertà e alleggerendo la pressione fiscale sui ceti più colpiti dalla crisi e che possono diventare il motore della ripresa. Occorre poi sostenere le imprese in due ambiti, per aumentarne produttività e competitività: l’abbassamento del costo del lavoro e l’adozione in azienda di tecnologia e digitalizzazione. Siamo tra i Paesi con il cuneo fiscale più alto e con il maggiore ritardo nell’implementazione di innovazione. Due gap che devono essere affrontati e risolti, mettendo le imprese nelle condizioni di poter crescere. Un punto importante riguarda anche la realizzazione di un piano di investimenti pubblici, da sempre un forte volano di sviluppo e occupazione. Non solo grandi opere, ma anche infrastrutture locali, interventi per risolvere il dissesto idrogeologico, porti, liberando risorse a livello territoriale per la nascita di un grande laboratorio di riassetto strutturale del Paese. Siamo in un momento delicato: l’impalcatura della legge di bilancio e alcune decisioni in tema di infrastrutture saranno lo snodo per leggere il nostro futuro, il metro per capire l’indirizzo che questo Governo vorrà dare all’Italia.

Parliamo delle aperture domenicali?

In questa situazione di complessità, una nuova regolamentazione restrittiva delle aperture domenicali e festive non può che essere vista negativamente. Abbiamo calcolato, con il supporto di PwC, che chiudere la domenica comporterebbe una perdita di fatturato per la Dmo di quasi 6 miliardi di euro (il 4,6% del fatturato, lo 0,6% dei consumi) e metterebbe 42.000 posti di lavoro a rischio, compreso l’indotto. Senza contare il disservizio verso i consumatori: 19,5 milioni di famiglie fanno acquisti la domenica, il secondo giorno per frequentazione e vendita dopo il sabato. La X Commissione della Camera ha completato il ciclo di audizioni e siamo in attesa degli sviluppi.

È positivo che il Parlamento abbia deciso di ascoltare le parti in causa e sentito tutte le posizioni. Come è positivo che, forse per la prima volta in questa lunga vicenda, si sia creato un movimento di opinion leader che ha fatto sentire sui media la propria voce contraria alle chiusure. Il nostro auspicio è che i decisori possano prendere atto di che controsenso sarebbe, in un momento così delicato, intervenire con un provvedimento che potrebbe determinare un ulteriore rallentamento della crescita, una perdita occupazionale e un malcontento nei cittadini.

A che punto siamo con le trattative sul contratto collettivo nazionale della gdo?

La nostra volontà di sottoscrivere il primo Ccnl della Distribuzione Moderna Organizzata, distintivo e focalizzato sulle caratteristiche delle nostre imprese e dei nostri collaboratori, si è finora scontrata con la chiusura delle organizzazioni sindacali. Durante le negoziazioni abbiamo più volte formulato proposte a tutela del potere d’acquisto dei lavoratori e che mettessero le imprese nelle condizioni di mantenere i livelli occupazionali, di superare la crisi e tornare a svilupparsi. Ma nessuna di queste proposte ha fatto breccia nell’atteggiamento ostativo dei sindacati. Abbiamo quindi provveduto a distribuire incrementi salariali attraverso erogazioni unilaterali. Ora il nostro auspicio è che il dialogo possa ripartire: ribadiamo la nostra disponibilità a trovare una soluzione condivisa che dia risposte alle problematiche del settore.

Un invito ai suoi associati per il 2019.

Non credo sia necessario dare indicazioni alle nostre aziende associate. Le priorità sono note e ciascuno, nella sua specificità, le sta affrontando. Cambiamenti nelle abitudini di acquisto e consumo delle famiglie, eCommerce, digitalizzazione, innovazione e tecnologia, sviluppo responsabile, economia circolare: tutti temi che vedono i nostri associati già attivi. C’è un tema sul quale lavorare insieme: quello della reputazione del settore. Siamo convinti che non ci venga riconosciuto abbastanza in relazione a quello che invece viene davvero fatto.

Il nostro ruolo di volano per lo sviluppo, locale e nazionale, è ignorato o sottovalutato.

Negli ultimi anni ci siamo dotati di strumenti per costruire un percorso di accreditamento che non siamo ancora riusciti a finalizzare in modo convincente. Credo sia giunto il momento di rafforzare questo percorso con determinazione, definendolo una priorità improcrastinabile e mettendo insieme tutte le nostre forze per ottenere i risultati che finora ci sono sfuggiti.

 

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