Retail di lusso: i nuovi eCommerce e marketplace cambiano gli equilibri

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Grazie al loro modello nativo digitale questi player sfruttano il canale online meglio di quasi tutti i grandi magazzini tradizionali e aziende strutturate

L'accelerazione digitale e i cambiamenti imposti dalla pandemia coinvolgono come ovvio anche il mondo del retail di lusso, un comparto dalla natura tendenzialmente resiliente e le cui evoluzioni sono interessanti da monitorare anche per chi nel settore si posiziona a livelli più bassi. A fare il punto della situazione è stato l’Altagamma Retail Insight 2021, conferenza annuale di Fondazione Altagamma.

I dati presentati confermano che il Covid ha dato una fortissima accelerazione allo sviluppo della distribuzione digitale, che nel 2020 è valsa circa 50 miliardi di euro, con una quota sul totale delle vendite di alta gamma in crescita dal 12% del 2019 al 23% del 2020. Se già prima dell'emergenza sanitaria i brand del lusso dovevano confrontarsi con un calo del traffico e della produttività nei loro negozi mono-marca diretti, l’esplosione del digitale ha reso questo problema ancora più pressante.

Quello che emerge, in particolare, è che i nuovi e-tailers e marketplace ottengono migliori risultati rispetto a quasi tutti i grandi magazzini tradizionali nella loro capacità di generare traffico su internet e sfruttare il canale online, questo anche rispetto alla maggior parte delle aziende strutturate del comparto.

Lo sviluppo, ad esempio, delle e-concession (modello in cui la spedizione è in capo ai brand stessi) richiede la capacità di fare leva sullo stock globale del brand e non su quello dedicato allo specifico retailer. Un trend che favorisce come prevedibile i big player digitali emergenti, che hanno già collegato un numero molto elevato di location di stock.

Come evidenzia il report, una conseguenza del forte sviluppo digitale è il consolidamento strutturale della distribuzione multi-marca. Il traffico si muove su internet alla velocità della luce e può concentrarsi su chi riesce a sviluppare un vantaggio in termini di profondità di assortimento – generando una situazione in cui "il vincitore prende tutto".

Tra gli strumenti per contrastare il calo del traffico e della produttività ci sono  l’efficientamento dei flagship store, lo sviluppo di collezioni capsule e così via, ma si tratta ovviamente di misure che richiedono un ammontare crescente di costi fissi e che è più facile sostenere quando si beneficia di un vantaggio di scala. Un punto che rappresenta una criticità non da poco per le imprese italiane di piccola e media dimensione.

Le sfide per il futuro

"L’accelerazione della ‘rivoluzione digitale’ non è ‘neutra’ da un punto di vista strategico e mette al contrario sotto forte pressione il sistema delle imprese della moda e del lusso italiane", sottolinea Luca Solca, senior research analyst, global luxury goods di Bernstein: "Gli elementi di debolezza relativa delle aziende italiane sono tre: la scala ridotta rispetto ai concorrenti internazionali, che le penalizza nel momento in cui il digitale fa aumentare enormemente i costi fissi; la dipendenza più elevata dal canale wholesale multi-marca, che si trova oggi in uno stato di crisi terminale e, infine, la maggiore arretratezza sul versante della digital transformation".

Come rileva Nicola Pianon, managing director e senior partner di Bcg: "Le aziende del lusso dovranno rispondere ad un contesto nel quale i consumatori saranno, almeno per alcuni anni, più di corto che di lungo raggio, con molti cinesi che passeranno da consumatori globali a locali; nel quale andranno presidiati ancor meglio online e offline i consumatori più alto spendenti, sempre più rilevanti sui ricavi totali; e in cui i negozi fisici continueranno ad avere un ruolo chiave, un traffico adeguato e una profittabilità soddisfacente solo se sapranno dare ai clienti una cura, una personalizzazione e un’esperienza che dia un vero valore aggiunto".

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