Baromètre de la Valeur Shopper misura la relazione tra i retailer e i clienti

I commenti di alcuni esponenti dei settori retail e industria presenti al ciclo di workshop organizzato da Altavia Italia per la terza edizione italiana della ricerca

Uno scenario difficile e complicato

Se Facebook chiedesse al mondo retail qual è il suo stato sentimentale rispetto al rapporto con i consumatori la risposta sarebbe questa: “mi trovo in una relazione complicata”. Ad analizzare la qualità di questa relazione anche nel 2018 è il Baromètre de la Valeur Shopper, la ricerca multinazionale del gruppo Altavia che in Francia, Italia, Belgio e Polonia indaga le aspettative dei consumatori nei confronti dei retailer. Nel nostro Paese il panel dello studio ha raggiunto le 140 insegne e quello che emerge è uno scenario di clienti sempre più infedeli, informati e autonomi nella definizione delle loro decisioni di acquisto. Target sempre più difficili da influenzare e da intercettare nelle loro esplorazioni digitali, anche perché con sempre maggiore frequenza sono gli altri consumatori e altre authorities, come gli influencer, coloro a cui si dà fiducia in merito a cosa comprare e dove comprarlo.

I dati della ricerca rilevano che il 60,3% degli italiani che si rivolgono alla gdo per fare la spesa alimentare sono infedeli sia verso il singolo punto di vendita che verso l’insegna. Non solo. Ben 31,7 milioni di italiani maggiorenni cercano giudizi relativi a prodotti e retailer su social network e blog prima di decidere se acquistarli. Le app delle insegne, invece, si scaricano in numero ridotto e si disconnettono in poche settimane per l’80% dei download. Per quanto davanti a queste tendenze si sia tentato di correre ai ripari, lavorando soprattutto sulla customer experience, dall’indagine emerge che “la relazione clienti-insegne non è affatto migliorata nell’ultimo anno e su tutte le 11 attese chiave, razionali e immateriali, la performance del retail, nella media, peggiora’’, come sottolinea il presidente di Altavia Italia Paolo Mamo. Vediamo allora di approfondire i temi chiave d’interesse nelle pagine a seguire, tra dati e commenti dei player protagonisti del ciclo di workshop che si sono tenuti per interpretare i risultati della terza edizione italiana della ricerca.

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Cristina Lazzati (Direttrice di Mark Up)
“Il retail sta facendo grandi sforzi di immaginazione. Fino a pochi anni fa la percezione di modernità non aveva alcun senso, oggi piace perché dà un posizionamento più chiaro dell’insegna. Oggi anche dalla gdo ci si aspetta modernità”

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Marzia Galbiati (responsabile comunicazione Market di Carrefour)
“Questo studio è uno strumento chiave per comprendere al meglio quale sia il ritorno rispetto a tutte le iniziative in cui l’insegna ha investito le proprie risorse, e approfondire le ragioni dei risultati, anche sul piano dell’efficacia e della comunicazione”

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Simone Pescatore (Head of marketing and communications di Bennet)
“Insisto da tempo sul fatto che la percezione interna dell’azienda è molto diversa da quella del consumatore, e molti casi anche all’interno della ricerca lo confermano”
Paolo Mamo (Presidente Altavia Italia)
“La relazione clienti-insegne non è affatto migliorata nell’ultimo anno e su tutte le 11 attese chiave, razionali e immateriali, la performance del retail, nella media, peggiora”

Il discount evolve e cambia pelle

Perché i retailer non riescono a migliorare il rapporto con il consumatore? Un problema centrale è il ritardo storico nella costruzione di una personalità forte con valori e visioni distintivi, condivisi e soprattutto condivisibili anche sul piano etico e sociale. Se infatti l’impegno evolutivo del retail si è concentrato efficacemente su dimensioni materiali come il denaro (risparmio e prezzo), assortimento e tempo, per quanto riguarda le attese intangibili, come gradevolezza, rispetto, responsabilità, modernità e guida, la performance del retailer è ancora debole. Una nota particolarmente dolente in settori quali beauty, hi-tech, brico e pet, mentre va meglio nella gdo alimentare. All’interno di quest’ultima, in particolare, emergono per identità vincenti Esselunga, Eurospin e Lidl. Come si spiega la rimonta dei discount tra i più elevati livelli di soddisfazione e loyalty dei clienti?

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Daniele Zumi (Trade marketing manager di Rovagnati)
“Al discount prima era associata la convenienza del prodotto di primo prezzo, mentre oggi noto che all’interno del discount, anche grazie alla presenza delle marche del distributore, ci si è orientati in direzione di prodotti funzionali, del valore percepito dal consumatore, dall’eccellenza dei localismi”

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Rossella Brenna (Direttore vendite, marketing e comunicazione di Unes Supermercati)
“Abbiamo perso la connessione con la stagionalità dei prodotti. D’altro canto nella grande distribuzione è sempre più forte la loro tracciabilità”

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Daniele Cazzani (Responsabile crm e promo di Salmoiraghi & Viganò)
“Il discount è il format che si è evoluto maggiormente nei tempi recenti, non si è accontentato di crescenti performance ma ha continuato ad aggiornarsi: la gdo si è trovata davanti un competitor forte non solo nei prezzi, ma anche in assortimenti, servizio e layout. La gdo è dunque in rincorsa, ma con il limite di una maggiore lentezza”

Con il cambio pelle effettuato negli ultimi anni da queste insegne. Come sottolinea Daniele Zumi, trade marketing manager di Rovagnati: “Al discount prima era associata la convenienza del prodotto di primo prezzo, mentre oggi noto che all’interno del discount, anche grazie alla presenza delle marche del distributore, ci si è orientati in direzione di prodotti funzionali, del valore percepito dal consumatore, dell’eccellenza dei localismi”. La ricerca di AltaviaLAB, coordinata e condotta da Anna Casani (Responsabile AltaviaLAB e Client Director Altavia) e Serena Crupi (Researcher AltaviaLAB, registra non a caso una performance del canale discount nettamente migliore rispetto al 2017 e tratteggia i contorni di un nuovo scenario nel settore dell’alimentare italiano, dove insegne come Eurospin, Penny Market, Lidl e Md mantengono la loro leadership di convenienza guadagnando però anche una relazione fiduciaria con il consumatore italiano, che era propria solo delle insegne come Esselunga e Carrefour.

“Per gli italiani è ancora importante sentirsi capaci di scegliere dove fare la spesa, quindi i discount propongono un’estetica meno hard e puntano a una percezione di maggiore qualità -rileva Cristina Lazzati, direttrice di Mark Up- Un posizionamento moderno del discount è innovativo sia come prezzo che come logistica, e deve essere piacevole quanto la distribuzione non-discount, di cui sta acquisendo in modo deciso gli asset”.

Customer experience: i nuovi valori

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Cristina Lazzati (Direttrice di Mark Up)
“Il consumatore sta dicendo chiaramente che la parte intangibile è quella principale della sua esperienza. Oggi è l’era dei social, dove l’intervento è istantaneo. Allo stesso tempo, il consumatore apprezza la capacità di fare alleanze. Stringere partnership compatibili con il carattere italiano favorisce la percezione dell’offerta della gdo”

Orari di apertura favorevoli, la qualità del prodotto fresco e delle referenze locali, ma anche la gentilezza del personale. Sono solo alcuni dei valori che i consumatori attribuiscono ad Eurospin e che fanno di quest’ultima l’insegna preferita della gdo per l’11% del panel. Non solo tecnologia, dunque, ma come già rilevato: asset intangibili e che fanno la differenza tra un retailer e l’altro, rendendo le relative identità più o meno distintive. Come evidenzia Daniele Cazzani, responsabile crm e promo di Salmoiraghi & Viganò: “Il retail è abituato a lavorare su tutto ciò che è tangibile e il tangibile è individuato nel momento fisico e misurabile dell’acquisto, mentre l’intangibile, che non è misurabile, viene prima, durante e dopo, amplificando la dimensione di omnicanalità che abita il consumatore. Siamo abituati a seguire soltanto il cliente che ci ha premiati con un atto d’acquisto, ma non indaghiamo perché un cliente, nel nostro negozio od eCommerce, non ha completato un acquisto”.

Per cogliere eventuali gap nella sfera intangibile, dunque, è necessario monitorare l’intero percorso e interrogarsi in modo più approfondito sulla natura dei vari passaggi, sul perché anche di una non-scelta. Prendendo sempre il discount come esempio virtuoso, quest’ultimo risulta migliorare l’esperienza di acquisto anche grazie ad punto di vendita diventato più contemporary ed esteticamente gradevole. L’impegno a offrire prodotti bio, un fresco a reparti serviti e tanti alimenti Igp e Dop, o compatibili con le intolleranze alimentari, mette inoltre in secondo piano l’assenza di prodotti di marca e le limitazioni di assortimento. Un caso, appunto, di capacità di colmare o compensare i propri gap. In tutto questo anche la comunicazione gioca un ruolo importante, tra nuove piattaforme e media tradizionali. I canali non mancano e richiedono di essere coordinati da una sapiente strategia, che includa la produzione di contenuti interessanti e di qualità. Come conferma Simone Pescatore, head of marketing and communications di Bennet: “Il marketing deve secondo me eludere un rischio importante, che deriva dalla convinzione che l’investimento più rilevante sia la tecnologia. Il vero investimento sta nella produzione di contenuti, verso cui oggi puntiamo a costruire alleanze e sinergie: l’esplosione del mondo degli influencer e dei blogger è una conferma di questa tendenza. Ormai le tecnologie ci sono, ma mancano i contenuti per connotarle”.

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Stefania Savona (Direttore comunicazione di Leroy Merlin Italia)
“Lavoriamo a una serie mensile di brochure tematiche che ci spingono verso una linea editoriale. Siamo però ancora legati ad una cultura ‘prodotto-centrica’: prodotto, gamma, qualche ispirazione o consiglio. Sui social siamo invece in accelerazione sui contenuti, sull’ispirazione, sulle partnership con blogger e influencer che fanno anche piccole web serie”

Amazon, competitor e alleato

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Piergiorgio Festino (Direttore marketing di Total Italia)
“Amazon risponde a bisogni completamente rinnovati, dopo averli intensificati in un arco di tempo limitato. In Usa, poi, si è affacciato anche nel fisico, proponendo un’ulteriore trasformazione del paradigma”

“Occorre evitare timidezze, bisogna trovare alleanze intelligenti e profittevoli. Le marche hanno bisogno di ragionare in modo non belligerante con le piattaforme di grande distribuzione come Amazon, trovare compatibilità è più ragionevole rispetto al pensare ad uno scontro a testa bassa, occorre vincere le diffidenze”, ribadisce Cristina Lazzati, direttrice di Mark Up.

E Amazon? Il gigante a stelle e strisce è l’insegna (ormai possiamo chiamarla definitivamente così, dato il suo crescente sviluppo anche della rete fisica) che in tutti i settori d’analisi mette a segno i migliori punteggi in assoluto in quanto a soddisfazione delle 11 attese chiave dei consumatori. Il retailer è il preferito dal 43% degli Italiani nell’hi-tech, dal 44% nel settore del pet, dal 47% per i prodotti home&deco, dal 26% per il bricolage e dal 18% anche per l’abbigliamento, unico ambito dove si sono fatti strada altri concorrenti eCommerce come Zalando. “Con l’introduzione della spesa in un’ora o due Amazon ha spaccato un po’ il mercato: eravamo abituati a modelli diversi”, dichiara Rossella Brenna, direttore vendite, marketing e comunicazione di Unes Supermercati. Qual è allora la posizione da tenere rispetto al colosso di Seattle? Se da un lato lo spunto per i retailer non è cercare di fare le stesse cose, ma aumentare la qualità e l’efficacia di ciò che già li contraddistingue, dall’altro si apre la strada di una nuova alleanza.

Uno dei quid distintivi di Amazon, del resto, è sempre stata la capacità di sperimentare strade nuove e innovare anche a costo di “perdere”. Come puntualizza infatti Daniele Cazzani, responsabile crm e promo di Salmoiraghi & Viganò: “Penso non ci sia un destino ineluttabile per il retail rispetto all’ascesa di Amazon: tra un senso di sopraffazione e il desiderio di ‘copiarlo’, il retail non può dimenticare cosa significhi immaginare nuove prospettive a partire dal suo sguardo sul cliente. Anche il retail tradizionale conosce molte cose del cliente, ma finora le ha utilizzate poco. Amazon investe moltissimo, ma non tutto ciò che fa funziona, mentre tanto retail ha sempre avuto paura di rischiare, anche sbagliando”. Amazon, in sintesi, sta diventando sempre di più un system integrator del commercio omnicanale a livello mondiale con cui è meglio essere alleati che in concorrenza.

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Massimo Bosani (National key account manager gdo di Cotonella)
“Non è un caso che i due retailer che presentano maggiori skill di servizio, Ikea e Decathlon, siano anche quelli che sono riusciti a contenere le prestazioni di Amazon: Decathlon, ad esempio, presenta una fortissima credibilità del servizio in store. E così Ikea, stesso livello di specializzazione e di ‘guida’”

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