Ridare slancio al Paese con banda larga e Rai

IN PRIMO PIANO – Lorenzo Sassoli di Upa guarda oltre il rigore, per un Italia che sappia confrontarsi con una multimedialità contemporanea e illuminata (da MARKUP 214)

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"È inutile nasconderlo: per i consumi il 2012 è l'anno più difficile dal dopoguerra. La classe media, cioè la gran parte dei nostri consumatori, ha visto spazzare via, nell'arco di qualche mese, miliardi di euro di pensioni e risparmi. Sono risorse svanite nel nulla e nessuno può dire quando saranno ricreate". Fin dalla scorsa estate, Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente degli Utenti Pubblicità Associati, usa un tono estremamente franco e diretto per descrivere il periodo contingente.

■ Presidente, quali possono essere, secondo lei, le strade da intraprendere in un momento come questo?
In questi mesi si è parlato molto, e giustamente, di rigore. Credo, però, che l'eccesso di rigore possa essere una terapia che, invece di guarire, intossica. Per superare le difficoltà dobbiamo ritrovare l'enzima dell'entusiasmo e adottare il motto delle streghe del Macbeth: rifletti, riorganizza, rilancia. La crescita, per chi investe in pubblicità, cioè nella fiducia verso il futuro, è azione immediata, efficace, creativa. Allora perché, per esempio, non trasferire una parte degli sterili incentivi dispersi in comparti non strategici nella nascita di nuove imprese pensate e guidate da giovani che operano in settori all'avanguardia?

■ A cosa si riferisce? Ci può fare un esempio?
Non è necessario andare lontano. Basta accendere lo smartphone e scaricare un'applicazione. Quando la vibrazione diventa informazione, avete scoperto uno spettacolare prodotto dell'ingegno italiano: i sensori inerziali della St di Agrate Brianza. Stanno conquistando il mondo dell'elettronica.

■ Quali sono, secondo lei, le questioni da affrontare immediatamente, con urgenza, nel nostro Paese?
Al primo posto metto sicuramente il tema della banda larga. Cosa ce ne facciamo di tutta la tecnologia sofisticata prodotta e acquistata in questo paese se perdiamo Pil nella competizione internazionale perché non investiamo nella banda larga? È come stare al buio in un mondo in cui è tutto illuminato. In Italia servono almeno i famosi 800 milioni persi nella penombra dei ministeri per, come minimo, portare l'Adsl a quelle 400.000 aziende che ne sono ancora sprovviste.
■ Altri temi?
Penso che un'altra questione cruciale riguardi la Rai. La televisione pubblica è, ancor oggi, la maggior industria culturale del Paese. Per rafforzare il suo ruolo di servizio pubblico è necessaria una riforma che le assicuri un nuovo meccanismo di governance e una piena autonomia. Non basta purtroppo fare scelte di vertice professionali e indipendenti per garantirne la sopravvivenza economica e civile. La Rai deve restare pubblica, svincolarsi dalla patologica ingerenza politica e giustificare il canone con una rete senza pubblicità. Va conferita a una fondazione, che sia espressione dell'articolata realtà sociale, culturale, economica e istituzionale del Paese, con l'obiettivo di favorirne la modernizzazione.

■ Pensa che vada gestito lo strapotere di Google, il motore di ricerca che è oggi quasi monopolista?
Vorrei sottolineare, prima di tutto, che non dobbiamo confondere la pubblicità con l'informazione. In questo momento, sul web c'è ancora un po' di commistione e di confusione. Riguardo al monopolio devono, ovviamente, intervenire le autorità competenti. Non va dimenticato, però, che Google, oltre a essere diventato una grande forza di raccolta dei budget pubblicitari, negli Usa fa anche da intermediario per l'acquisto di spazi su altri mezzi: si comprano spazi sulla carta stampata tramite aste online. Quando questo fenomeno arriverà, come è probabile, anche in Italia, sarà un po' destabilizzante.

■ Lei crede che il web stia fagocitando gli altri media?
No, l'esperienza ci insegna che non ci sono media che ne uccidono altri. La trasformazione digitale deve essere uno stimolo per gli altri mezzi, dinanzi ai quali si profila la sfida del meticciato con il web.

■ Un consumatore sempre più esposto a molteplici canali…
Sì, la multicanalità è sicuramente uno degli elementi più evidenti dello scenario attuale. In passato eravamo abituati a un sistema più semplice. I ragazzi di oggi, che appartengono alla generazione dei nativi digitali, nati e cresciuti con la rete, sono un esempio lampante. Navigano sul laptop, intanto chattano con lo smartphone, giocano con il tablet e, magari, hanno la televisione accesa.

■ Quali linguaggi vanno adottati in un orizzonte comunicativo dominato dalla multicanalità?
Il rischio è di non recepire più nulla. Per questo è necessario utilizzare nuovi linguaggi, che permettano di superare la confusione di fondo e di farsi sentire. La narrazione è uno di questi linguaggi: raccontare una storia, costruire una narrazione che colpisca e sia avvincente, mantenga desta l'attenzione.

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