Riforme, mercati e colpe della politica

EDITORIALE – Uno dei temi centrali per il futuro del nostro Paese è la ripresa dei consumi. Senza la quale, e su questo concordano tutti, è impossibile immaginare l'avvio di un ciclo virtuoso e di rilancio per l'intera economia italiana.(da MARKUP 208)

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Se la ripresa dei consumi è una necessità condivisa, i pareri non concordano, però, sull'effettiva utilità degli interventi messi in campo in questi mesi (semplificazioni, liberalizzazioni, fisco e mercato del lavoro primi fra tutti) nello spingere verso una crescita sana piuttosto che in direzione di una recessione ancor più pesante di quella che stiamo attraversando.
Le principali domande sul tavolo sono le seguenti:

1) Sarà in grado il Paese di sopportare una pressione fiscale ormai elevatissima, almeno per chi le tasse le paga?

2) La riforma del mercato del lavoro, in un momento così difficile per l'economia, farà davvero crescere l'occupazione?

3) In caso di risposta negativa ai primi due quesiti, c'è il rischio di spingere l'Italia dentro una spirale involutiva simile a quella greca?

Detto che il rischio Grecia sembra scongiurato (per fortuna) proprio dai recenti interventi del governo, alle prime due domande non si può rispondere con certezza: con speranza sì, con certezza purtroppo no.
Quello che si può dire con assoluta sicurezza, però, riguarda i capitoli che stanno a monte delle domande sulla ripresa. Ed è a questo punto, ricordiamolo bene, che si toccano i veri nodi centrali della questione: tutto quello che segue (crisi, recessione, riforme) è per l'appunto solo una conseguenza.
Le vere domande a cui dare risposta sono dunque queste: era possibile salvare il Paese senza interventi drastici sui conti pubblici e senza l'inasprimento della pressione fiscale? La risposta è no. I mercati ce lo ricordavano giorno dopo giorno.
Era possibile rinviare le riforme messe in campo in questi mesi a momenti migliori, o quantomeno più opportuni da un punto di vista dell'impatto sociale? Anche qui, a mio avviso, la risposta è no. Perché di nuovo c'era un'attesa evidente da parte dei mercati.
L'attuale governo, piaccia o meno, è stato chiamato fare da supplente per un periodo di tempo stabilito (scadenza 2013) nei confronti di una politica - tutta la politica - che per decenni queste riforme non le ha fatte. Le riforme difficili da digerire oggi, e per di più tutte in un colpo, potevano e dovevano essere attuate negli ultimi vent'anni con un impatto sociale molto più morbido. Se così fosse stato, oggi non ci troveremmo nelle condizioni di obbligo verso provvedimenti straordinari.
Le vere colpe, dunque, stanno in capo a chi non ha fatto, non a chi sta facendo.
Corre tuttavia l'obbligo di un'ultima domanda, visto che nelle risposte ricorre il riferimento al ruolo centrale dei mercati nel dettare regole e tempi di intervento: i nostri padri fondatori, e i padri fondatori dell'Europa, davvero avevano in mente che fossero i mercati, più che le persone, a disegnare il futuro dei loro nipoti?

ml@ilsole24ore.com

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