Ripensare il patient journey online

Manca un progetto digitale in linea con le aspettative dei pazienti per la fruizione di servizi e prodotti sanitari. Uno studio ad hoc di Bain & Company affronta il tema e fornisce indicazioni e suggerimenti (da Mark Up n. 283)

Sebbene internet assuma un peso crescente nel rapporto fra i clienti-pazienti e la sfera della salute, l’esperienza online vissuta dagli italiani in questo settore è spesso piuttosto deludente. Diverse le ragioni: da un lato, la proposta web attuale è poco appealing e necessita di implementazione; dall’altro, in fatto di healthcare, i nostri connazionali continuano a essere molto legati al ruolo di intermediazione svolto dal farmacista o del medico, una relazione assicurata dal canale fisico, ma assente, fisiologicamente, nel virtuale. Si sente quindi la necessità di approntare una formula commerciale ad hoc per l’online. Per focalizzare meglio la situazione ne abbiamo parlato con Valerio Di Filippo, partner di Bain & Company, in occasione della pubblicazione della ricerca Google - Bain & Company relativa agli impatti del digitale nel mercato healthcare.

Dalla vostra analisi si rileva una generale insoddisfazione del cliente-paziente rispetto al ricorso al digitale in ambito healthcare ...

Il nostro studio prende in considerazione tutti i diversi momenti di contatto fra paziente e canale virtuale, uno spettro di situazioni piuttosto vasto; per questo si evidenziano atteggiamenti del cliente anche molto dissimili fra loro a seconda della fase del patient journey digitale considerato. Ad esempio, se ci focalizziamo sulla ricerca di informazioni su internet, l’esperienza del cliente è certamente positiva, come confermano anche i numeri: in Italia vengono effettuati 4 miliardi di ricerche sul web per informarsi su patologie, sintomi e trattamenti per specifiche condizioni, pari al 55% delle query complessive nel comparto salute, con un tasso di crescita medio del 14%. In quest’ambito, il nostro Paese si posiziona prima di Francia, Germania e Spagna e solamente dopo Stati Uniti e Gran Bretagna. Il livello di soddisfazione legato alle performance di internet invece cala drasticamente quando si tratta di cercare informazioni sia sui prodotti farmaceutici sia sui servizi del mondo sanità: in questo caso le richieste scendono al 25% del totale.

A cosa attribuisce questa situazione?

Certo molto dipende dall’offerta disponibile, in Italia ancora piuttosto modesta rispetto a quella di altre nazioni, sotto diversi aspetti. In merito ai prodotti per esempio (farmaci e referenze dell’area healthcare e wellbeing), la crescita moderata dell’eCommerce è collegata anche ad un ritardo nella liberalizzazione del mercato. A questo si aggiunge una regolamentazione che, all’interno della distribuzione farmaceutica, ha fortemente favorito il canale fisico, lasciando poco spazio a quello virtuale. In tutto ciò, non si è ancora stati in grado di costruire una formula commerciale dedicata solo alla vendita online.

Quali opportunità offre la rete per salute e farmaci?

Le regole d’acquisto nel virtuale sono chiaramente diverse da quelle del canale reale e bisogna tenerne conto. Per esempio, il pricing resta un driver di acquisto chiave nell’online, mercato nel quale sono premianti anche fattori quali una maggior disponibilità di informazioni sui farmaci piuttosto che la valorizzazione di brand noti, sinonimo di affidabilità agli occhi dell’acquirente. Un tema nodale, quest’ultimo, visto che nel web manca la relazione diretta con medico o con il farmacista, che può consigliare nella scelta del prodotto. Questo significa che, mentre la consulenza paziente-specialista è opportunamente valorizzata nel fisico, online risulta complessa da proporre.

Nelle decisioni di acquisto legate alla salute, quindi, il ruolo dell’esperto continua a essere essenziale?

Ha un impatto molto rilevante: a tutt’oggi, quasi il 70% dei nostri connazionali utilizza la farmacia come canale elettivo per l’acquisto dei prodotti farmaceutici, mentre solo il 20% della popolazione può considerarsi fortemente sbilanciato sul canale online. La percentuale è ancora più bassa se parliamo di utilizzo dei servizi: non oltre il 18% delle persone effettua prenotazioni di visite o esami in rete. Del resto, quando si tratta di certificare un eventuale problema di salute, piuttosto che di ricevere rassicurazioni sulla correttezza di una terapia da intraprendere, l’esigenza di un dialogo diretto con lo specialista si fa ancora più stringente per il paziente.

Una soluzione come i consulti medici in rete potrebbero rappresentare una valida alternativa?

Oggi questo genere proposta nel nostro Paese, così come in tutto il mondo dei servizi, è ancora piuttosto basica: possiamo dire che il modello attualmente sviluppato non è adeguato all’effettiva domanda. C’è senz’altro un potenziale: la richiesta è forte e interessa anche le fasce d’età più giovani e più aperte all’uso di questo servizio. Ma si tratta di un tipo di attività che deve essere retribuita, mentre noi siamo abituati ad una sanità per lo più gratuita. La sfida futura riguarda trovare un punto di incontro: al momento, da un lato non si è riusciti a realizzare una soluzione realmente tarata sui bisogni molto specifici del consumatore/paziente digitale; dall’altro non c’è un modello che consenta di trasformare in business questi servizi, difficili da sviluppare nel momento in cui non sono in grado di generare ricavi adeguati. Una situazione non semplice da sbloccare.

Esistono operatori terzi come le assicurazioni per esempio, che potrebbero intervenire?

É senz’altro vero che tutti gli operatori del mondo assicurativo stanno puntando con forza sulla crescita della componente healthcare, online ma soprattutto offline. I numeri ce lo dicono: dal 2008 al 2015 il valore delle assicurazioni salute è rimasto sostanzialmente stabile, mantenendosi attorno a poco più di 2 miliardi (2,2 per la precisione). Dal 2015 al 2018 il comparto è cresciuto più o meno del 10% l’anno. Ciononostante, il contributo che le assicurazioni possono dare all’evoluzione di servizi sanitari su web, sebbene importante, da solo non basta. Per costruire un’offerta vincente, serve che tutti gli attori della filiera healthcare lavorino ad un medesimo obiettivo, magari stabilendo delle partnership e mettendo a fattore comune i propri punti di forza.

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