Ristorazione collettiva: troppi vincoli normativi e congiunturali

L’impennata dei costi delle materie prime food, unita a quella dell’energia, rischia di far implodere il settore. Il punto dagli Stati Generali della ristorazione collettiva

La ristorazione collettiva italiana è ad un momento di svolta. Le pressioni internazionali, pandemiche ed economiche tra guerre e inflazione, si scontrano con normativa e nutrizione italiana e rendono impossibile gestire pasti a prezzo fisso su contratti di lungo periodo.Gli Stati Generali della ristorazione collettiva hanno fatto il punto sulla situazione, in presenza di Fipe, Oricom ed Angem.
“Chi ha sottoscritto un contratto prima della pandemia sta lavorando in perdita -ha detto Carlo Scarsciotti, presidente di Angem (Associazione Nazionale della Ristorazione Collettiva e servizi vari legata a Fipe-Confcommercio)- e le stazioni appaltanti non applicano regole uniformi”. I dati sono espliciti. Nel 2020 le imprese del comparto delle mense hanno registrato una flessione dei ricavi del 40%. Un calo significativo per le mense sia scolastiche (-63%), sia aziendali (-43%). Se nel 2021 il comparto scuole ha mostrato una ripresa positiva, così non è stato per il settore aziendale, dove lo smart working ha fatto sentire i suoi pesanti effetti. Rispetto al 2019 ha perso il 20% del proprio valore.

D’altronde il caro bollette colpisce anche le imprese di questo settore. La spesa aggiuntiva rispetto al 2020 è calcolata rispettivamente in 220 milioni di euro di elettricità e 126 milioni di gas. In due anni i costi per l’energia e materie prime alimentari sono passati dal 36% al 52% sul totale dei costi sostenuti dalle aziende della ristorazione collettiva. Anche altre voci hanno registrato extra costi, come gli imballaggi in plastica, cartone e vetro, con rincari rispetto al 2021 rispettivamente del +70%, 40% e +30%.
Andando a guardare la spesa strettamente alimentare, durante l’incontro è emerso che molte imprese sono impossibilitate a rispettare i vincoli imposti dai Criteri Ambientali Minimi che sanciscono l’obbligo di portare in tavola una percentuale di prodotti certificati Bio. Prodotti che sono difficili da reperire o onerosi: pasta (+24%), verdure (+31%) e latticini (+15%).

 

Nella giornata di lavoro era in programma anche la firma della Carta dei Valori della ristorazione italiana curata da Davide Rampello per Fipe a fine 2021. La sottoscrizione era attesa da parte di tutti i presenti, compreso Massimo Bitonci, sottosegretario al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. “In queste condizioni se ci sono fluttuazioni di costo se ne deve far carico lo Stato, non il Comune”, ha detto Bitonci, che è stato anche sindaco di Cittadella e di Padova. Per la firma si tratta solo di un rinvio: “Il mio impegno è di sentirci presto -ha affermato il Sottosegretario-. Vediamoci al Ministero e realizziamo una griglia per punti, per mettere l’emendamento giusto nella legge giusta al momento giusto”.

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