Sanzioni alla Russia: parla Paolo De Castro

Agricoltura, alimentazione, filiera, disciplinari, garanzie, rapporti di fiducia: sono asset di peso per il sistema agroindustriale europeo, che non devono essere messe a repentaglio dagli interventi di real politik dell’Unione

di Patrick Fontana

Un duello in cui vince solo Mosca, una prova di forza in cui ci si fa male da soli. L'Unione europea si è lanciata nella sfida ai nodi irrisolti della crisi ucraina senza tenere in giusta considerazione le conseguenze del suo agire sul comparto agricolo-alimentare comunitario. L'elenco dei danni collaterali è lungo, ma potrebbe estendersi ulteriormente. Alcune conseguenze saranno irreparabili, molteplici occasioni di business sono state regalate ad altri competitor, che ne hanno beneficiato immediatamente senza colpo ferire. Nel suo fare real politik, Bruxelles ha messo seriamente in gioco (compromettendolo) il suo sistema di filiere garantite, alimentando indirettamente tutte le zone grigie del mercato internazionale: dall'italian sounding alle riesportazioni etichettate Bielorussia, dall'acquisto di know how produttivo all'allestimento di impianti in loco sostitutivi. Fino alla chiusura definitiva di consolidate partnership commerciali. Un disastro di miopia che ha anche alcuni risvolti tecnico-burocratici non indifferenti per il mondo dell'agricoltura europea che, in definitiva, si finanzia da sola i sussidi che l'Unione le elargisce a rimborso delle perdite subite sul fronte russo. Ne parla a Mark Up Paolo De Castro, coordinatore S&D Commissione Agricoltura e sviluppo rurale al Parlamento Europeo. Sottolineando in modo particolare la necessità che l'Unione tragga un'utile lezione dagli avvenimenti più recenti, riportando il suo sistema agricolo-alimentare a quella centralità strategica che le compete e che non ha certo perduto -de facto- per la sola ragione di essere scivolata ai margini delle agende di intervento governative.

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