Le scaffalature esterne al punto di vendita non necessitano di permesso a costruire. Lo ha stabilito una recente sentenza del Consiglio di Stato che pone così fine a una vexata quaestio per tutta la grande distribuzione che si trova di frequente a subire contestazioni in merito all’installazione delle scaffalature a supporto dello stoccaggio merci su aree esterne

Con la sentenza n. 337/2019 il Consiglio di Stato ha definitivamente chiarito la natura e il regime autorizzativo delle scaffalature così ampiamente utilizzate, soprattutto  dalla grande distribuzione, nell’ambito dei piazzali esterni dei propri punti vendita, al fine di meglio sfruttare sia gli spazi dedicati all’immagazzinaggio e scorte di merci, sia quelle dedicate all’esposizione e vendita di prodotti.

Nel caso di specie il Comune aveva contestato la mancanza di permesso per costruire che abilitasse alla costruzione e ancoraggio a terra degli scaffali stessi, ordinando la rimozione delle stessi, pena l’acquisizione dell’area ove sono ubicate le scaffalature al patrimonio pubblico.

La tesi del Comune sottolineava in più riprese il forte impatto urbanistico che sarebbe stato causato dalla presenza delle numerose scaffalature sull’area esterna, avendo in alcuni casi altezze intorno ai 6 metri

L’operatore si era opposto alla predetta ordinanza, sottolineando la natura meramente strumentale delle scaffalature stesse rispetto all’attività principale esercitata sul punto di vendita, ma anche rispetto alla destinazione del piazzale dove erano ubicate le scaffalature oggetto di contestazione, già  destinato in sede di pianificazione attuativa e titoli edilizi allo stoccaggio merci e parte ad area vendita.

Tale destinazione, per la quale era stata altresì autorizzata la pavimentazione del piazzale, già di per sé avrebbe dovuto implicare la necessità di attrezzare l’area al fine di meglio sfruttare gli spazi e riporre la merce con ordine e in sicurezza, trattandosi peraltro spesso di materiali pesanti o ingombranti.

Una particolare attenzione inoltre deve essere prestata alle caratteristiche fisiche degli scaffali stessi, di per sé inidonee a generare nuova volumetria o nuova superficie coperta: in particolare, trattasi di scaffali aperti su tutti e 4 i lati, sormontati solo in alcuni casi da lastre in plexiglass a protezione della merce. Le scaffalature sono amovibili, in quanto l’ancoraggio a terra effettuato per mere ragioni di sicurezza, onde impedire la caduta dello scaffale stesso a causa del carico di merce, non costituisce un ostacolo al loro spostamento nell’ambito della normale rotazione stagionale delle merci aventi caratteristiche e forme diverse.

Il Supremo Collegio ha aderito a detta tesi, negando la natura di manufatto edilizio alle scaffalature, sottolineandone l’inidoneità a generare volumetria proprio per le caratteristiche morfologiche sopra citate e sottolineandone altresì la natura di mere attrezzature di lavoro strumentali all’attività già prevista sui piazzali esterni e come tali già implicitamente prevedibili come collocazione.

Tale sentenza costituisce un importante punto di riferimento per tutta la grande distribuzione che si trova di frequente a subire contestazioni in merito all’installazione delle scaffalature a supporto dello stoccaggio merci su aree esterne, dovendosi altresì confrontare con uffici tecnici locali aventi posizioni molto diverse tra loro, ciò principalmente in funzione del forte impatto visivo che le stesse indubbiamente rivestono e della possibilità di grande sfruttamento dello spazio esterno, non sempre previsto dalle amministrazioni locali.

Il provvedimento in commento risulta fortunatamente netto nell’escludere che le stesse scaffalature necessitino di permesso per costruire non generando alcuna volumetria e consentendo finalmente a tutti gli operatori del settore di poter opporre un valido riscontro alle frequenti contestazioni locali.

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