Chi è stato all’Expo 2015, e ha visitato il Padiglione Italia, ha scoperto che tra i simboli della creatività e ingegno delle regioni del nostro Paese, persone capaci di trasformare gli ostacoli in idee che cambieranno il futuro, sono stati scelti per la Sicilia Adriana Santanocito ed Enrica Arena. Ovvero i creatori di Orange Fiber, una start up che sviluppa filati e tessuti innovativi per la moda partendo dagli scarti delle oltre 700.000 tonnellate di sottoprodotto che l’industria di trasformazione agrumicola italiana produce annualmente. Il riciclo dei prodotti organici e agroalimentari è finalmente diventato una parola d’ordine per l’Italia, consapevole che i costi di smaltimento non sono immuni da complicazioni. Uno stimolo è arrivato grazie anche all’identificazione della riduzione dei rifiuti alimentari come target negli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. I trattamenti convenzionali per i rifiuti organici, ovvero la digestione anaerobica e la decomposizione aerobica, cioè in presenza di ossigeno (compostaggio), hanno pur sempre degli effetti collaterali: sono dispendiosi dal punto di vista energetico e determinano comunque emissioni di Co2. Il compostaggio, in particolare, più semplice come processo, richiede la depurazione dell’aria insufflata all’interno del rifiuto, che altrimenti libererebbe in atmosfera sostanze gassose anche tossiche. E i problemi di inquinamento aumentano se finisce tutto in discarica, in assenza di raccolta differenziata. Dagli scarti si possono ottenere, invece, altri prodotti. Molte start up lavorano, pertanto, sul tema del riutilizzo, con direzioni e sbocchi diversi. A livello generale, secondo uno studio di Frost & Sullivan (Emerging trends and opportunities in food waste management) i fronti principali sono sei: carburanti, come il biodiesel, mangime per animali, fertilizzanti, produzione di elettricità, bioplastiche e nuovo cibo edibile.
L'intero articolo su Mark Up n. 253