Se c’è crisi d’identità, i falsi miti prosperano

ECONOMIA & ANALISI – In Italia la disuguaglianza cresce ma nessuno dice come viene misurata (da MARKUP 207)

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Un Paese in crisi d'identità e di crescita - non solo economica - tende a creare e diffondere miti rassicuranti e seducenti, preferibili alla rappresentazione fedele o verosimile della scomoda realtà. Su quali fondamenta sia stato costruito il mito di un'Italia sempre più disuguale resta un mistero avvolto in un enigma. La tesi, ormai passata presso la pubblica opinione e impossibile da mutare, è che la disuguaglianza sia cresciuta e continui a crescere. Quasi nessuno dice come misura la disuguaglianza, quando il fenomeno di aumento è stato registrato, come ci rapportiamo con i nostri partner internazionali. Partiamo dalla frase più famosa: "il 10% delle famiglie più ricche detiene il 45% dell'intera ricchezza nazionale" come testimonianza di fortissime disuguaglianze. Lavoce.info, nella sua rubrica "vero o falso" scriveva: il dato (…) è corretto. È un valore stabile da molto tempo. È però sbagliato sostenere che sia prova di disuguaglianze fortissime. Si tratta di un valore piuttosto basso nei confronti internazionali (…); il 10% più ricco detiene in Francia il 50% della ricchezza totale, nel Regno Unito il 55%, negli Usa il 70%. Del resto, visto che l'80% delle famiglie possiede l'abitazione, è naturale che in Italia la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza complessiva non sia molto elevata". Ineccepibile: allora ci si riferiva al 2006, oggi al 2010 (quota al 45,9%). Banca d'Italia conferma che fra il 1991 e il 2010 la concentrazione della ricchezza non è variata. Passando al reddito disponibile, che è un flusso mentre la ricchezza è uno stock, ho considerato l'indice del Gini come calcolato dalle varie indagini della Banca d'Italia. La concentrazione dei redditi è cresciuta, cioè è cresciuta la disuguaglianza, soltanto durante la crisi del 1992-1993 e poi si è ridotta o è rimasta costante (la massima disuguaglianza si ha per Gini=100 e la minima disuguaglianza per Gini=0).

Torture silenti
D'altra parte può essere utile ricordare che vi sono strategie per torturare i dati affinché dicano quello che desideriamo. Per esempio, se voglio dimostrare che l'Italia presenta disuguaglianze crescenti posso abbandonare l'indice del Gini e concentrarmi sul rapporto tra il reddito complessivo percepito dal 10% delle persone più ricche (in termini di redditi percepiti) e il reddito complessivo percepito dal 10% dei più poveri. Poi posso scegliere la coppia di anni tra i quali fare il confronto e ci sarà bene una coppia di punti nel tempo in cui questo rapporto risulterà crescente, cioè in cui le risorse del 10% più ricco sono cresciute rispetto a quelle del 10% più povero. E se non riesco a trovare una simile situazione posso passare ad analizzare il reddito dell'1% più ricco rispetto all'1% più povero sempre identificando la coppia di punti nel tempo che mi conviene. E se neppure questo è possibile passerò al confronto tra il primo e l'ultimo millesimo o milionesimo di popolazione fino ad arrivare ad affermare che l'Italia è più disuguale perché il sig. Pinco Ricco si è arricchito mentre il sig. Caio Povero non arriva più alla fine del mese. La realtà è che siamo (quasi) tutti più poveri e che le prospettive di accumulazione di ricchezza per ciascuno di noi sono ben peggiori che nel passato. Ciò implica, come testimoniato dai dati ufficiali, che la povertà assoluta sia crescente. Tra il 2005 e il 2009 il numero di famiglie che non possono acquistare un insieme minimo di beni e servizi è cresciuto di circa 200.000 unità, portandosi a oltre 1,2 milioni. Non c'è bisogno di inventare per scoprire che abbiamo qualche problema.

Sulla disparità dei redditi
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Allegati

207_Bella

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