Servitisation: vendere un accesso alle soluzioni, invece che beni tangibili. Anche nel mondo immobiliare

Sean Culey futurologo
Sean Culey in una delle edizioni di Momentum, la conferenza annuale organizzata dalla multinazionale P3 Logistic Parks
Il futurologo Sean Culey illustra gli scenari della “servitisation” nel mondo uffici, logistica e retail.

"Chiudere sempre" è stato il mantra che ha dominato il mondo delle vendite negli ultimi trent’anni. L’obiettivo è chiaro: chiudi quella vendita. Fai l’affare. Vendi il prodotto. E la vendita consisteva quasi sempre in un’operazione isolata: trasferimento di proprietà di una cosa fisica, si trattasse di una penna o di un attico, dal venditore al cliente. Ad esempio, le grandi aziende manifatturiere producevano e vendevano apparecchiature complesse di grandi dimensioni, cedendo spesso i contratti di assistenza per assicurarsi la vendita. E poi erano ben felici della vendita, sebbene il lifetime value del contratto di assistenza ceduto valesse almeno quanto, se non più, dell’oggetto stesso. Tuttavia, i mercati in forte cambiamento e l'aumento della concorrenza, con conseguente erosione dei profitti, stanno obbligando le aziende a offrire di più ai propri clienti rispetto alla semplice vendita di un prodotto, per esempio i servizi supplementari. In questo momento stanno valutando come risolvere i problemi dei clienti sul lungo periodo, piuttosto che concentrarsi solamente su una transazione una tantum. Stanno dedicando del tempo a esaminare le operazioni dei loro clienti e collaborare con loro in modo da stabilire come aggiungere valore a lungo termine. Stanno abbracciando il concetto di servitizzazione.

Sean Culey futurologo
Sean Culey in una delle edizioni di Momentum, la conferenza annuale organizzata dalla multinazionale P3 Logistic Parks

Il termine servitisation è apparso per la prima volta nel 1988 in un articolo dal titolo Servitization of Business: Adding Value by Adding Services.[i]. Il concetto, però, non è mai riuscito a decollare, fino all’avvento della rivoluzione digitale, quando una combinazione di Internet, 4G e cloud computing ha consentito ai beni digitali, come i software, di essere venduti su abbonamento, come servizio che può essere distribuito e aggiornato in remoto. Le aziende non dovevano più avere un ufficio IT interno, con i conseguenti rischi legati all’infrastruttura e a un'eccessiva perdita di tempo e denaro per gestire e aggiornare una miriade di software e le relative licenze. Adesso possono invece pagare un abbonamento mensile o annuale e ottenere l’accesso immediato all’ultima versione del software.

I media sono diventati presto la seconda industria ad abbracciare la servitizzazione avviata dalla rivoluzione digitale, consentendo l’accesso su abbonamento alla musica con Spotify o a film e programmi televisivi con Netflix. Le aziende che hanno continuato a aderire al vecchio modello in cui i clienti dovevano recarsi in negozio per acquistare o noleggiare film, musica e giochi, come Blockbuster o HMV, hanno visto svanire le vendite e sopraggiungere il fallimento. Sono sembrate sorprese di scoprire che il cliente non avesse troppa voglia di andare da loro in preda all’ansia per restituire all’ultimo minuto giochi e video noleggiati con il rischio di incorrere in penali oppure di vedere scaffali pieni di cd, dvd e videogame. Anche il pianeta è stato estremamente riconoscente per questa svolta, in quanto si è assistito a un drastico calo nel numero di media elettronici in eccesso o indesiderati che finivano nelle discariche.

Adesso, a 32 anni dalla nascita del concetto di servitisation, l’idea di vendere un accesso alle soluzioni, invece che beni e prodotti tangibili, è diventata la norma in diversi settori, creando quella che è stata definita l’economia collaborativa. Così come è avvenuto per i software e i media, oggi molti degli aspetti necessari per gestire le attività commerciali più moderne possono essere ottenuti come un servizio:

  • Logistica come servizio (LaaS)
  • Spazio come servizio (SpaaS)
  • Trasporto come servizio (TaaS)
  • Produzione come servizio (MaaS)
  • Catena di distribuzione come servizio (SCaaS)

E molti altri ancora. Questo nuovo modello di business riduce le elevate spese generali che in passato impedivano a nuovi operatori o startup di entrare in un mercato. In molti casi capovolge la situazione, consentendo a nuove e agili startup di evitare i costi connessi alle spese generali, come affitti elevati, contratti IT a lungo termine e dispendiosi impianti produttivi, oltre ai notevoli costi di manodopera, aggiornamento, e manutenzione ordinaria e straordinaria. Adesso queste startup semplicemente noleggiano solo il necessario e solo per il tempo necessario, cercando di rispettare le loro esigenze e il budget, e aumentando la posta in gioco quando necessario. Inoltre, la possibilità di noleggiare infrastrutture evita a ogni azienda di impiegare troppo tempo a replicare il loro sviluppo, lasciandole libere di concentrarsi sull’elaborazione della loro esclusiva proposta di vendita.

Amazon Go

Per citare un esempio recente, Amazon ha speso un’ingente somma di denaro in R&S per mettere a punto la tecnologia just walk out che caratterizza i nuovi negozi Amazon Go senza cassa e cassieri. Amazon sa che i suoi principali concorrenti avranno difficoltà a fare il medesimo investimento, mentre i negozi più piccoli non hanno nessuna speranza di poter sviluppare questa tecnologia. Ma sa anche che i clienti useranno questi negozi just walk out se ne avranno la possibilità. Quindi adesso offre questa tecnologia come servizio, consentendo anche ai retailer indipendenti di approfittarne, rivoluzionando il modo di fare acquisti e garantendo al tempo stesso ad Amazon un nuovo modello di business estremamente redditizio.

Spazio come servizio

Uno dei mercati destinati a cambiare radicalmente a causa del movimento della servitizzazione è quello immobiliare, sia privato sia commerciale, attraverso la fornitura dello spazio come servizio (SpaaS). Lo SpaaS equivale allo spazio che viene fornito su richiesta, che si tratti di un’ora, di un giorno, di una settimana, di un mese o di un anno. Mentre le persone conoscono bene l’ingresso dell’economia collaborativa nel settore della locazione delle abitazioni private, con società quali Airbnb, e in quello del magazzinaggio privato, con aziende come Clutter, l'impatto della servitizzazione nel mondo B2B e nel mercato degli immobili commerciali è stato finora meno pronunciato.

Il mercato degli immobili commerciali copre un ampio ventaglio di tipologie e servizi, dalla locazione di uffici ai parchi logistici e punti di vendita, e l’aumento delle offerte di SpaaS è considerato parte della rivoluzione digitale del proptech. La figura qui sotto offre un’analisi dettagliata del settore proptech in Europa ad agosto 2019.

Fig. 1 Analisi del settore proptech in Europa ad agosto 2019. Fonte: Unissu[ii].

Lo SpaaS rappresenta un cambiamento di paradigma nel modo in cui il mercato immobiliare commerciale ha fornito prodotti e servizi ai locatari, trasformando il ruolo dei proprietari di immobili commerciali da soggetti che riscuotono l’affitto a fornitori di servizi. Lo SpaaS prevede anche che le società del settore non considerino solo lo spazio che stanno vendendo, ma che comprendano realmente i loro clienti e il lavoro che devono svolgere. Lo SpaaS, nel mercato immobiliare, rappresenta, infatti, una rivoluzione incentrata sul cliente, nella quale i i fornitori devono proporre spazi e servizi adatti al lavoro che deve essere svolto non soltanto da un'azienda, ma anche dai dipendenti che vi lavorano. Ciò include tutto, dalla fornitura della connettività digitale all’arredamento, agli impianti e persino al personale necessario per gestire l’impresa.

Un mercato in evoluzione: gli impatti sugli uffici

Il mercato sia per gli uffici sia per i negozi è cambiato radicalmente nell’ultimo decennio e la pandemia di Covid19 ha accelerato rapidamente la transizione. Il mondo del lavoro in ufficio è passato da una fase nella quale le scrivanie erano disposte in fila e tutti stavano nel loro spazio a svolgere un lavoro strutturato, ripetibile e prevedibile, a una concezione degli spazi progettati intorno al lavoro da portare avanti. Questo significa offrire spazi progettati per un lavoro tranquillo e collaborativo, per la riflessione, la lettura, il riposo nonché per eventi e laboratori (workshop) in remoto, che richiedono tecnologia per le teleconferenze, stanze per registrare podcast o studi video o musicali. Anche la dimensione delle imprese che richiedono tali spazi è mutata. Mentre aziende più grandi hanno incontrato qualche difficoltà, le startup più piccole e con un atteggiamento più imprenditoriale stanno fiorendo. Ad esempio, nel Regno Unito il 40% dei dipendenti lavora per aziende con oltre 250 dipendenti, il 48% lavora per società con meno di 50 dipendenti e solo il 12% per aziende intermedie. Negli Stati Uniti la transizione è più netta, in quanto solo il 23% lavora per aziende con oltre 500 dipendenti. Dal 2010, i tre quarti di tutti i nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti sono stati creati da aziende con meno di 500 dipendenti, e attualmente il 77% di tutti i dipendenti lavora in tali aziende, con il 41% occupato in aziende con meno di 50 dipendenti. Le più piccole hanno esigenze diverse rispetto a quelle grandi: necessitano di più spazio per il brainstorming e la creatività e di minor spazio scrivanie per il personale amministrativo. Il modo di lavorare flessibile è diventato sempre più una caratteristica tipica del luogo di lavoro del XXI secolo. È un movimento che ha conosciuto una forte impennata a causa del Covid19, dato che le aziende hanno compreso che la tecnologia delle nuove telecomunicazioni consente al personale di lavorare in maniera efficace senza per forza trovarsi nel medesimo luogo fisico. All’improvviso il loro ufficio in locazione è apparso più un costo che una necessità.

Questi cambiamenti hanno esercitato forti ripercussioni sia sulle dimensioni dello spazio necessario sia sulla durata. A Londra ci sono solo 205 aziende che impiegano oltre 250 dipendenti. Di conseguenza, il 70% di tutte le unità occupate misurano meno di 1.000 metri quadrati e un buon 50% meno di 500 metri quadrati. La durata dei contratti di locazione è diminuita negli ultimi 20 anni, fino ad arrivare a una media di soli sette anni nel Regno Unito con il 75% dei locatari che lascia l’immobile con una risoluzione anticipata del contratto. Considerata la predominanza delle aziende più piccole e delle startup e il fatto che le unità sotto i 500 mq costituiscono il 50% delle locazioni di uffici a Londra, si potrebbe pensare che, data un’offerta di prodotto/servizio adeguata, la maggior parte delle attività commerciali minori sarebbe felicissima di rinunciare alla responsabilità di gestire uno spazio lavorativo per concentrarsi invece sulla crescita del proprio business. Ciò spiega probabilmente perché Londra sia diventata la mecca europea del settore proptech con 805 aziende proptech con sede nella capitale britannica sulle 3.219 europee.

Fig. 2 Paesi europei con il maggior numero di società proptech ad agosto 2019. Fonte: Unissu[iii].

Dai centri commerciali ai marketplace

Nel mondo del retail, il declino delle vie dello shopping e la chiusura dei centri commerciali, tanto amati e affollati sin dagli anni Ottanta, hanno portato all’ascesa dell’eCommerce e, in questo preciso momento non siamo ancora sicuri della gravità della crisi causata al settore dalla pandemia. Eppure, prima che il mercato subisse questo contraccolpo, erano già iniziati cambiamenti transitori per trasformare gli spazi dei punti di vendita da un luogo destinato a brand famosi con lunghi contratti di locazione a spazi più modulabili e con condizioni più flessibili. Ad esempio, è emerso un concept di SpaaS noto come Brandboxing che sta trasformando il modello tradizionale dei negozi applicando i cambiamenti in corso nel mercato degli uffici a quello del retail. L’offerta di nuovi servizi come allestimenti all-inclusive, condizioni e contratti flessibili, rende questo concept attraente per nuovi retailer più piccoli e più nativi digitali, che intendono testare e piazzare i loro prodotti in un ambiente fisico senza però essere vincolati a proibitivi contratti pluriennali di locazione e a canoni elevati. Gli spazi adibiti a negozi hanno spesso un design modulare e sono forniti completi di tecnologia prefabbricata plug-and-play e utenze o funzioni quali wi-fi, retail analytics, sistemi Pos, etichette antitaccheggio e videocamere di sorveglianza, spazi per il magazzino e addirittura sale per il personale. Quindi sono sia all-inclusive che totalmente flessibili, in grado di essere rapidamente riposizionati per adeguarsi all’immagine e al messaggio di un altro marchio.

Il brandboxing abbassa le barriere all’entrata e rende più agevole per i negozi online farsi conoscere e testare il successo dei negozi fisici senza doversi trovare una sede permanente. Ciò consente di trasformare le vie dello shopping e i centri commerciali in luoghi in cui prosperano piccoli negozi indipendenti, permettendo alle città di avere offerte al dettaglio diverse e in costante cambiamento.

I cambiamenti nell'immobiliare logistico

Il movimento SpaaS sta entrando anche nel mondo del mercato immobiliare logistico. La continua crescita dell’eCommerce ha aumentato la richiesta di centri di distribuzione e la necessità di consegne rapide implica una maggiore vicinanza di questi centri al cliente destinatario. I clienti sono, però, restii a pagare un sovrapprezzo per consegne più veloci, visto che il 54% preferisce rinunciare all’acquisto se vengono aggiunti i costi di spedizione. Per garantire questa nuova esigenza in maniera proficua, sono sorte aziende come LogistCompare e StockSpots, con lo scopo di offrire quello che è stato chiamato l’Airbnb del magazzinaggio, un servizio su richiesta che consenta ai retailer di cercare, confrontare e prenotare spazi logistici all’istante. LogistCompare ha una rete di oltre 2.000 depositi sparsi in tutto il Regno Unito, mentre StockSpots al momento copre la maggior parte dell’Europa occidentale e progetta di espandersi nell’Europa centrale e orientale, a partire da Romania, Polonia e Repubblica Ceca.[iv] L’idea dietro a queste piattaforme è relativamente semplice: consentire agli operatori della logistica di affittare i loro locali inutilizzati ai clienti che necessitano di un magazzino temporaneo o a lungo termine, permettendo loro di guadagnare dalle risorse esistenti. StockSpots ritiene che al momento oltre il 30% di tutto lo spazio adibito a magazzino rimane inutilizzato, spazio che intende far prenotare sulla sua piattaforma online, con piena visibilità di ogni altro servizio logistico offerto dal fornitore. Questo consente agli utenti di creare le loro reti di depositi su richiesta che potranno poi estendere o ridurre a seconda delle necessità.

La richiesta dell’offerta di spazi flessibili è determinata da varie circostanze, come la capacità di soddisfare le domande stagionali in eccesso e i picchi nelle giacenze senza incorrere in costi eccessivi, soprattutto a Natale, quando la maggior parte dei retailer online vede un’impennata del 30% della domanda. Attualmente i retailer assorbono i costi di questi spazi indispensabili tutto l’anno, ma il modello SpaaS permette di concedere in locazione gli spazi superflui durante i primi due trimestri o di ridurre le spese generali per gli spazi permanenti: i retailer sono ben consapevoli di poter affittare gli spazi inutilizzati quando necessario e per tutto il tempo necessario. C’è anche una domanda crescente di retailer con depositi fisici vicini ai clienti per migliorare i tempi di consegna, garantire resi multipli o spazi di deposito post vendita o semplicemente per avere un eventuale accesso a spazi extra. Altre ragioni sono il desiderio dei retailer di gestire la crescita ed entrare in nuovi mercati senza essere costretti a un grosso esborso di capitale se la domanda futura è incerta.

Misurare ciò che conta

Per i proprietari di immobili commerciali, a prescindere che operino nel mercato retail, uffici, logistica o multi-unit, la trasformazione in SpaaS cambierà, nei prossimi anni, i principi del loro business, passando dalla fornitura di immobili a quella di servizi, esperienze, flessibilità, dati e branding. Il valore e il successo dei proprietari di tali immobili dipenderanno sempre di più dalla loro capacità di costruire efficaci esperienze utente (UX) incentrate sulle loro risorse materiali. L’uso creativo di strumenti come il data analytics, l’Internet delle cose e i digital twin  permetterà di comprendere meglio chi occupa questi spazi e come interagiscono con la struttura che stanno usando. Il valore delle locazioni dipenderà non solo dall’immobile in quanto tale, ma anche dall’esperienza del locatario e dal livello di comfort, portando quindi all’improvviso aumento di nuove app di smart building progettate per migliorare l’esperienza dell’utente, costruire comunità e creare esperienze uniche.

Uno degli aspetti che muterà nel corso del tempo riguarderà i parametri utilizzati per stimare il valore di una risorsa. Fattori come flessibilità, produttività, benessere e sostenibilità diventeranno sempre più importanti per i locatari e saranno criteri da tenere presenti al momento della stima di un immobile. L’immobile può venire costantemente adattato? Consente ai locatari di riuscire a portare avanti il proprio lavoro? Agevola la produttività? Garantisce un ambiente sano? È sostenibile sul lungo periodo? Considerati i parametri utilizzati, le società del settore immobiliare che avranno più successo saranno quelle che adatteranno i loro parametri di successo interni ai valori di questa nuova attività orientata al cliente e basata sui servizi. Modificare questi parametri è forse il modo più veloce per cambiare mentalità.

La corsa...allo spazio

Sul settore proptech stanno piovendo molti soldi e in tutto il continente è sorta una pletora di startup bramose di arrivare in pole position nella corsa allo sfruttamento di nuove opportunità. Il grafico seguente (Fig.3) mostra le startup del settore proptech meglio finanziate in Europa a febbraio 2020. 

Fig. 3: Startup del settore proptech meglio finanziate, tendenze del settore proptech europeo 2020, PropTech1 Ventures, febbraio 2020

Secondo il fondo di investimenti tedesco nel proptech, Proptech1 Ventures, nel 2014 sono stati investiti nel proptech 77 milioni di euro, cifra che è cresciuta del 550% in soli cinque anni, fino a toccare quota 500 milioni di euro.[v] Questo investimento è destinato a crescere, non a diminuire, in seguito alla pandemia di Covid19. Prima della pandemia, la maggior parte degli investimenti europei confluiva nel Regno Unito, finora con una quota di 821 milioni di dollari, con la Germania al secondo posto come destinataria dei finanziamenti, seguita dalla Francia. Sono stati creati nuovi veicoli di finanziamento per approfittare di questo settore in espansione come A/O PropTech, un venture capital europeo lanciato nel febbraio 2020 che ha raccolto 250 milioni di euro di capitale permanente da investire in società tecnologiche intenzionate a cambiare radicalmente il mercato immobiliare. I loro investitori sono alcune tra le principali società immobiliari istituzionali europee, che insieme detengono un portafoglio di immobili ad uso residenziale, commerciale e alberghiero. Le aziende proptech sostenute da PropTech A/O possono far leva sulle loro risorse come uno spazio protetto per testare, collaudare e velocizzare la portata commerciale e operativa delle loro offerte.[vi]

L’analisi condotta da Unissu mostra come la priorità principale di questi imprenditori del settore proptech sia la gestione degli spazi, con sempre più aziende che puntano a sviluppare strumenti digitali per ottimizzare la gestione degli spazi rispetto a quelle che preferiscono acquistarli e affittarli. Questo finisce per suffragare la precedente osservazione che l'esperienza del locatario è la principale area di interesse in questo settore.

Fig. 4: Analisi del ciclo di vita del proptech in Europa, agosto 2019. Fonte: Unissu.

Se da un lato la pandemia di Covid19 può avere effetti devastanti sull’economia e sul mercato immobiliare nel breve periodo, dall'altro può rivelarsi un catalizzatore per maggiori investimenti e per l’adozione di soluzioni tecnologiche. Infatti, il Covid ha insegnato a molte aziende che non c'è bisogno di enormi e dispendiosi locali e che il loro personale può lavorare bene anche in remoto. Molte aziende hanno piuttosto bisogno di spazi su richiesta, flessibili e scalabili sia verso l’alto sia verso il basso. Pertanto, i paesi nei quali le società immobiliari hanno finora mostrato scarso interesse nei confronti dello SpaaS potrebbero accorgersi che i clienti post-Covid vorranno sapere quali sono le offerte a disposizione nei loro spazi. Per i paesi che non compaiono nel grafico (Fig.3), soprattutto quelli dell’Europa centrale e orientale e dell’Europa meridionale, esiste quindi la possibilità di iniziare a valutare come adattare le loro offerte come preparazione a questa eventuale trasformazione.

Dopo il Covid, l'attenzione tornerà nuovamente su aspetti che nel 2020 sono stati accantonati, come il cambiamento climatico. Una cosa che abbiamo imparato dal Covid è che leggi, norme e misure possono essere adottate all'improvviso se la causa risulta sufficientemente urgente, cosa che incoraggerà gli attivisti a rinnovare la pressione sui governi per affrontare il cambiamento climatico con la medesima serietà del Covid. Questo può rivelarsi un vantaggio per regioni come la Scandinavia, dove il mercato proptech è al momento ridotto ma destinato a crescere. Paesi come Svezia, Danimarca e Norvegia possono diventare molto più appetibili se le questioni legate alla sostenibilità e al controllo del clima diventeranno preponderanti, dato che i mercati immobiliari di questi paesi prendono sul serio il controllo del clima. Quando il resto del mondo cercherà di recuperare, potrebbe guardare la Scandinavia per ricevere un aiuto indispensabile.

Conclusioni

Il prossimo decennio sarà testimone di un cambio di paradigma nel modo in cui le proprietà immobiliari sono progettate, costruite, occupate, gestite e valutate. Nel tempo questo settore subirà delle trasformazioni per concentrarsi maggiormente sui servizi e sull’esperienza complessiva dell’utente e non soltanto sull’immobile in quanto tale, offrendo ai locatari una comunità più estesa e ogni tipo di comfort e servizi destinati ad aumentare la produttività. Quando avverrà questa transizione, e murerà la natura dei clienti di questo settore e dei concorrenti, si presterà maggiore attenzione alla tecnologia e alla sua capacità di aiutare a monitorare, gestire e migliorare l’esperienza del locatario. Le società immobiliari cercheranno di trarre vantaggio dal movimento della servitizzazione, affittando su richiesta offerte come servizio (as a service) per garantire nuovi e interessanti servizi ai loro clienti, dai sistemi di automazione dei magazzini ai robot industriali, agli strumenti analitici e alle soluzioni di illuminazione intelligente. Questi strumenti conosceranno un'accelerazione tecnologica dopo il Covid19, garantendo modi nuovi e stimolanti per potenziare il settore immobiliare sia per i proprietari che per i locatari.

NOTE

[i] S Vandermerwe, J Rada; “Servitization of business: adding value by adding services’”, European management journal, 1988 - Elsevier

[ii] Unissu; “Global PropTech Analysis: Europe”; 21 agosto 2019

[iii] Unissu; “Global PropTech Analysis: Europe”; 21 agosto 2019

[iv]Airbnb for warehousing goes eastern Europe”; Stockspots.com

[v] European Proptech Landscape: Who is Leading proptech Funding?’, FinTechnews Switzerland, 10 marzo 2020

[vi] Steve O’Hear; “Europe’s A/O proptech is a new €250M fund dedicated to companies disrupting real estate”; Techcrunch, 07 febbraio 2020

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