Come le imprese della sharing economy catturano valore

Sharing economy
Quattro gli approcci di pricing delle società che puntano su questo business. Vince il modello della transazione (da Mark Up n. 282)

È noto che i top manager impegnino buona parte del loro tempo per analizzare criticamente dove il valore viene creato, catturato e dove eventualmente viene perso. Nella sharing economy, dove l’innovazione del modello di business rappresenta la regola, questa attività, già di per sé critica, risulta ancor più complessa. Innanzitutto, perché è opportuno definire la fonte da cui si generano i ricavi: essenzialmente, si possono distinguere due macro-categorie di generatori di valore, ovvero i beneficiari diretti (che traggono valore direttamente dalla piattaforma utilizzando i suoi servizi) e i beneficiari indiretti (che traggono valore in altro modo, per esempio migliorando la propria visibilità, immagine e così via). Considerato che nelle piattaforme digitali i beneficiari diretti o indiretti possono identificarsi sia tra i fornitori che tra i clienti finali, i ricavi possono provenire dai primi, dai secondi o in alcuni casi da entrambi i lati.

Vi è poi la necessità di quantificare il prezzo. Rispetto alle imprese che operano nella cosiddetta economia tradizionale, la sharing economy offre anche esempi di modelli di revenue completamente gratuiti (o quasi), soprattutto per il cliente finale; a oggi, si registrano essenzialmente quattro approcci nel pricing: a) la transazione, quando la piattaforma trattiene una certo valore (fisso o variabile), ogniqualvolta la transazione tra fornitore e cliente vada a buon fine; b) un abbonamento, quando la piattaforma richiede una quota periodica (settimanale, mensile o annuale) per l’uso dei propri servizi; c) il freemium, la piattaforma fornisce gratuitamente i servizi di base e prevede invece il pagamento per alcuni servizi avanzati; d) il servizio è gratuito, la piattaforma offre gratuitamente i servizi ai clienti finali mentre guadagna dagli inserzionisti pubblicitari.

Solitamente, la scelta si focalizza su un solo modello, anche se non mancano soluzioni ibride che combinano l’utilizzo congiunto di due o più approcci, soprattutto quando i ricavi provengono dai fornitori e dai clienti.

Da una nostra recente ricerca condotta su un campione di oltre 100 piattaforme di sharing presenti nel database di Crunchbase, emergono chiare indicazioni su come si comportano, a livello mondiale, le imprese che raccolgono maggiori finanziamenti e grandi attenzioni da parte degli investitori.

Innanzitutto, risulta che la stragrande maggioranza delle imprese più finanziate applica il modello della “transazione”, anche se con approcci differenti da caso a caso.

Alcune imprese, come per esempio AirBnB, prevedono una percentuale di bassa entità e la richiedono direttamente ai fornitori; altre, come Uber, richiedono, sempre ai fornitori, una percentuale leggermente più elevata.

Ma vi sono anche piattaforme, soprattutto quelle del car sharing, in cui la transazione è basata sul consumo del servizio (pay x use), e in questo caso è il cliente finale a pagare. Il modello della transazione viene applicato in genere in quei contesti dove si hanno bassi costi marginali o dove i costi di marketing o informativi hanno un valore più elevato dei costi operativi.

Altro approccio di revenue molto utilizzato, è quello della “sottoscrizione di un abbonamento”, anche spesso identificato come modello “recurring”. Il successo di questo modello risiede nella capacità di garantire un flusso costante di ricavi e di liquidità, particolarmente necessari soprattutto in fase di lancio o di innovazione del modello di business.

Alcune ricerche testimoniano che questa modalità di prezzare i prodotti o servizi è sempre più implementata dalle imprese e probabilmente crescerà ulteriormente nel tempo; ad esempio, Gartner prevede che entro il 2023, il 75% delle organizzazioni che vendono direttamente ai consumatori offrirà servizi in abbonamento e nel suo “Digital Commerce State of the Union survey”, ha rilevato che il 70% delle organizzazioni ha implementato, o sta considerando l’implementazione di modelli di revenue in abbonamento. Zora ha recentemente calcolato che le medie imprese della cosiddetta “economia degli abbonamenti” hanno aumentato i ricavi del 321% dal gennaio 2012 e che tale tipologia di imprese è cresciuta del 18,1% contro una media del 3,6% S&P 500. Ad analoghi risultati giungono anche Cfo Research e Saleforce: una loro indagine del 2019 sui dirigenti finanziari senior, ha dimostrato che questo modello di revenue è in crescita e ben consolidato. Dalla nostra ricerca non emerge la formula segreta del successo né possiamo dire con certezza quale sia la regola migliore per catturare maggior valore economico, ma certamente possiamo affermare l’inverso: a oggi, le imprese di maggior successo si fanno pagare una transazione e sempre più considerano l’ipotesi di richiedere un abbonamento.

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