Società “Onlife” da Covid-19: tra Virtual Influencer e Cybersecurity

Onlife_Virtual Influencer
La complementarietà di online e offline apre ad uno stile di vita “Onlife”, acuito dalla pandemia. L’equilibrio nell’uso del digitale determinerà il futuro

La società odierna è un ibrido di online e offline, in quanto, essendo in una costante iper-connessione, i confini tra la vita digitale e analogica tendono a sfumare sempre più. La vita del nostro millennio si colloca all’interno di una "infosfera",  ovvero nella somma di spazio informativo cibernetico e mass-mediale tradizionale, che ha portato, già diversi anni fa, il filosofo Luciano Floridi a coniare il termine “Onlife” per descrivere, in un continuum di digitale e analogico, lo stile di vita odierno di “data subject” delle persone e, di conseguenza, l’arena d’azione del business.

Questo concetto di “Onlife”, ripreso anche dalle istituzioni europee nel 2014 con l’“Onlife Manifesto” nell'ambito del progetti dell'Agenda Digitale Europea, esprime lo stato dell’individuo che fatica a distinguere la differenza tra stimoli online e offline, e questo si acuisce ora nello stato di pandemia con nuove abitudini – crescita dell’e-Commerce in testa – che rendono tale rapporto sempre più simbiotico. Infatti, l’ambiente circostante si caratterizza per sovraccarico informativo e come luogo dove si consuma una vera e propria “lotta per l’attenzione”, che volendo esemplificare, non è altro che quello che avviene sui social media. La questione legata all'attenzione degli individui è tanto importante, quanto spesso data per scontata: il sopraccitato “Onlife Manifesto” esplicita al riguardo che “la capacità di attenzione è una risorsa finita, rara e preziosa, strumento fondamentale per l’autonomia e la riflessività dell’individuo; più precisamente è un diritto che va tutelato al pari della vita privata e dell’integrità fisica”.

Attribuire all'attenzione un ruolo da materia prima, merce e risorsa scarsa dell’economia digitale, permette di identificare a sua volta una vera e propria  “Economia dell’attenzione”. Anche questo concetto ha qualche anno sulle spalle, datando 1971, quando Herbert Simon, premio Nobel per l’economia, scriveva: “L’informazione consuma attenzione. Quindi l’abbondanza di informazione genera una povertà di attenzione e induce il bisogno di allocare quell’attenzione efficientemente tra le molte fonti di informazione che la possono consumare”.

Il rumore informativo di fondo che si trova spesso sui social media e sul web in generale è l’ambiente ideale, allora, per un’ “Economia della disattenzione” dove “contenuti fluidi” fanno a gara per “ingaggiare” l’utente, rendendo la vita dura a prodotti di valore che rischiano di perdersi nel vorticoso susseguirsi di contenuti presenti.

L’ “incessantismo”di pubblicazione sui social media, di concerto con adeguate strategie di adv a pagamento, è uno dei principi predicati da molti esperti del web per fare in modo che gli algoritmi non penalizzino i propri contenuti non dandogli la migliore visibilità possibile. In virtù di tale approccio si sono ha introdotti una serie di strumenti a supporto della causa.

Tra questi, uno dei fenomeni più “curiosi” è quello dei Virtual Influencer, ovvero modelli generati grazie all’Intelligenza Artificiale, che si distinguono a fatica  da profili e veri e propri, se non si è a conoscenza della loro esistenza, tanto reale è la loro fisiognomica, potendo personalizzarli a piacimento nei tratti somatici, nel colore della pelle, dei capelli ecc. Questi Avatar Influencer presidiano account social di successo, tanto che in alcuni casi, secondo i dati di HypeAuditor, il tasso di engagement dei Virtual Influencer è di tre volte superiore a quello degli Influencer in carne ed ossa.

Tra i primi Influencer digitali si annovera Lil Miquela che oggi, con 2,3 milioni di follower, è una star di Instagram. La sua celebrità è legata alla pubblicazione di contenuti molto personali, pieni di emozioni e improntati alla scoperta di sé, legati anche a collaborazioni con brand come Prada, Samsung, Vetements, Chanel e tanti altri.

Nel campo del food, vi è, ad esempio, il Colonnello Sanders della catena di fast food Kentucky Fried Chicken - KFC. Si tratta di una versione moderna del fondatore in chiave hipster, che compare in alcuni post dedicati sui profili social della catena, con una comunicazione simpatica ed irriverente, che funge come una sorta di parodia dei moderni Influencer tramite pose e situazioni classiche.

Virtual Influencer: Lil Miquela e il Colonnello Sanders KFC
©Instagram (dai rispettivi profili)

Il dibattito su pro e contro dell’utilizzo dei Virtual Influencer è molto vasto e non si esime da risvolti etici non trascurabili. L’essere sempre a disposizione, abbattendo i costi rispetto a “colleghi” reali, con una possibilità di controllo (quasi) totale della comunicazione e delle interazioni, si pone a contraltare di alti costi di gestione (legati all’Intelligenza Artificiale), credibilità, fiducia e aspetti legali, solo per fare qualche esempio.

In  termini generali, è chiara la rilevanza sempre più mancata della digitalizzazione, che esprime, però, di pari passo con questi fenomeni, anche una serie di rischi fisici, legali, informatici dalla complessità evidente. Volendo solo fornire qualche dato generale legato allo stato della cyber security ed attingendo dal Data Breach Investigations Report 2020 di Verizon Business, si ha come, in un campione di 32.002 attacchi analizzati e 3.950 violazioni confermate da 81 aziende di altrettanti Paesi, nel mirino vi siano principalmente i dati su cloud, con gli attacchi alle applicazioni web che raddoppiano, raggiungendo il 43%. Nell'economia della condivisione, dove il cloud è lo strumento principe di questo approccio condiviso al lavoro, tale dato è particolarmente preoccupante. Il 67% delle violazioni, inoltre, è causato da furto di credenziali, errori e attacchi di social engineering, il tutto su uno sfondo di sempre più “innovative” tecniche di hacking e phishing.

Il rapporto con il digitale “Onlife” deve, allora, prevedere una garanzia di sicurezza che interessi tutto il processo d’interazione, a maggior ragione coprendo le debolezze venutesi a creare dal repentino switch al lavoro da remoto causato dalla pandemia. "Man mano che il lavoro da remoto aumenta a causa della pandemia globale, la sicurezza end-to-end abbraccia l’intero flusso di lavoro, dal cloud al laptop dei dipendenti, diventando fondamentale", ha affermato Tami Erwin, CEO di Verizon Business.

In conclusione, come si può fare a ridefinire i paradigmi di un mondo già "Onlife", ma alle prese con un’accelerazione e da un’urgenza impressa dalla pandemia? Una risposta arriva sempre da Luciano Floridi nel suo ultimo libro “Il Verde e Il Blu – Idee ingenue per migliorare la politica” (Cortina Editore). Il Professore sottolinea che è possibile migliorare radicalmente il modo di fare innovazione, produrre e consumare prodotti e servizi, servendosi, anche in questo caso, del digitale per aiutare, fare meglio, di più e altro, con molto meno e in modi alternativi: “Il debito che lasceremo a chi verrà dopo di noi sarà tanto inferiore, quanto migliore sarà il matrimonio tra il verde dell’ambientalismo, dell’economia circolare, e della condivisione, con il blu delle tecnologie digitali al servizio dell’umanità e del pianeta. Attraverso il digitale, dobbiamo passare da un capitalismo consumistico a un capitalismo della cura. Non sarà facile, ma è il progetto umano del nostro secolo”.

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