Ho passato l’estate con i miei figli (una grande fortuna) che mi hanno sgridato per le mie poche attività di riciclo delle materie prime e per lo spreco dell’acqua, ovvero per la mia scarsa attenzione all’ambiente. Ciò mi ha portato a riflettere sulla distanza di concetto che c’è tra l’attuale imprenditoria e quella che verrà in tema di sostenibilità. Nel settore della distribuzione e dell’industria alimentare, vedo ovunque annunci che inneggiano le iniziative di sostenibilità: un polverone di parole e pochi atti concreti. Non intendo criticare (da che pulpito verrebbe la predica, visto il mio comportamento nelle mura domestiche), bensì richiamo l’attenzione sul problema e su quanto si potrebbe e si dovrebbe fare in nome di un pianeta più vivibile per le future generazioni.
Attenzione: “i giovani” ne hanno la piena consapevolezza, e noi, e con noi intendo l’attuale forza lavoro, facciamo solo opera di lifting senza comprendere e conoscere, sempre in nome di qualche slogan. La distribuzione alimentare dovrebbe fare squadra coinvolgendo produttori e associazioni di categoria, analizzando lo stato dell’arte e mettendo in pista dei buoni propositi realizzabili. Insomma, dalle parole ai fatti per raggiungere traguardi pratici di vera sostenibilità. Non si può passare dalla logistica al packaging senza conoscere gli impatti che queste due aree generano sull’ambiente, per non parlare poi della conservazione e dello spreco alimentare.
Soluzioni? Tante a mio avviso se, con umiltà e lealtà, affrontiamo il tema con competenza e conoscenza e non a colpi di proclami. Qui i giovani hanno tanto da insegnarci, forse sarebbe l’ora di ascoltarli e di dargli spazio.