Speciale grocery – Il vino in bottiglia si orienta verso la qualità

Articolo pubblicato su MARK UP 109 ottobre 2003 – Il formato in vetro da 0,75 litri copre un'ampia fascia di prezzo. Ma la tendenza è l’innalzamento e la selezione dell'offerta

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Nel 2002 il consumo nazionale di vino, escludendo lo spumante, ammonta a 28
milioni di ettolitri. Secondo le stime Federvini una quota rilevante dei volumi,
pari al 57%, è tuttora detenuta dal vino sfuso (per l'85% rappresentato
dall'autoconsumo e dagli acquisti in cantina), che pure nell'ultimo
anno è calato del 10%. Il vino confezionato, con circa 12 milioni di
ettolitri, è cresciuto meno del 2% ed è canalizzato per il 62%
nell'off trade (fuori casa) e per il 38% nell'on trade (consumo
domestico). In uno scenario di volumi relativamente stabilizzati nel medio periodo,
i fenomeni più significativi sono l'acquisizione di quote del vino confezionato
a scapito di quello sfuso e l'aumento del valore medio del business. Sotto
quest'ultimo aspetto, nel mercato del vino confezionato rilevato da AcNielsen,
pari a circa 9,1 milioni di ettolitri nel periodo dicembre 2002gennaio 2003
(64,6% vendita al dettaglio e 35,4% ristorazione commerciale), si sono avuti
incrementi in valore a due cifre sia nel retail sia nel canale fuori casa rispetto
a un aumento in volume di circa 4%. Negli ultimi anni il segmento trainante
è stato quello del classico formato in vetro da 0,75 litri, ovviamente
nella ristorazione ma anche nel retail dove ha fatto registrare l'anno
scorso la dinamica più positiva tra i vari formati e pack con un incremento
in volume del 12%. La bottiglia da 0,75 litri esemplifica meglio di altri formati
le caratteristiche peculiari del mercato del vino che, anche se in misura un
po' meno marcata rispetto a vent'anni fa, rimangono quelle del frazionamento
produttivo e distributivo e della forte regionalizzazione dei consumi: circa
800.000 aziende vitivinicole, 30.000 imprese imbottigliatrici e un numero totale
di etichette che viene stimato tra 150.000 e 200.000. Questa situazione determina
da sempre una concorrenza in ogni area e zona tra molti produttori e uno scarso
uso delle leve di marketing (in particolare la comunicazione) che spesso si
limita alla competizione di prezzo. L'eccezione è costituita essenzialmente
dal vino in cartone, segmento che esce dalle logiche tradizionali del mercato
e in cui si è sviluppata una significativa politica di marca. Nel segmento
del vetro da 0,75 litri il consumatore mostra una maggior sensibilità alla marca
rispetto al passato, soprattutto nella fascia alta del mercato, ma nella scelta
le determinanti più importanti rimangono il colore, il vitigno e il prezzo.

Il fattore prezzo
Se è vero che nel complesso si beve di meno ma con più qualità, bisogna
anche dire che una fetta prevalente del mercato riguarda tuttora un consumo
quotidiano, con un costo accessibile a molte tasche. Il prezzo medio al litro
nel 2002 ha superato di poco i 2 euro nel retail (+8% rispetto al 2001), mentre
nell'ambito degli acquisti domestici di confezionato e sfuso monitorati
da Ismea/Nielsen è risultato pari a circa 1,80 euro/litro (+7,2%). Di
fatto il prezzo continua a rappresentare il principale criterio nell'acquisto
oltreché il primo ostacolo quando si va verso la fascia alta, tanto che
secondo una recente indagine solo un italiano su sette è disposto a spendere
almeno 5 euro per una bottiglia di vino. Tuttavia si è visto come il
prezzo medio del mercato sia sensibilmente aumentato, il che può confermare
una tendenza a medio-lungo termine verso un riposizionamento più elevato
del vino nel suo complesso a scapito dei volumi e il passaggio progressivo da
commodity a prodotto ad alto valore aggiunto. Un altro dato consolidato è
la crescita dei vini Doc-Docg che nei consumi familiari sono passati negli ultimi
due anni dal 24% al 27% in volume. Nel formato da 0,75 litri le Doc-Docg incidono
nel retail per quasi il 50%. I vini a denominazione controllata hanno un'incidenza
superiore rispetto al canale domestico nella ristorazione, con una quota sui
consumi del 40%. L'evoluzione del mercato sembra portare a un'accentuazione
della polarizzazione tra il vino a frequenza di consumo quotidiana per formato
e prezzo (soprattutto vino da tavola ma anche Doc di fascia economica) e il
vino d'etichetta. Lo stesso si può dire per i canali distributivi. La
Gda, grande distribuzione e distribuzione associata, in crescita costante, è
il canale che meglio si presta all'acquisto quotidiano, anche se vi è
la tendenza a qualificare l'assortimento con etichette prestigiose e vitigni
o vini autoctoni particolari. Nel dettaglio tradizionale, in particolare, le
enoteche rappresentano ormai il canale della scelta selezionata, tanto che tre
quarti delle referenze hanno un prezzo medio superiore a 8 euro.


I trend del mercato

In un settore ancora in gran parte ancorato a valori tradizionali, il consumo
presenta fenomeni differenziati e in una certa misura contraddittori. Da un
lato la riscoperta di vitigni autoctoni che va nella direzione di un approfondimento
della cultura del vino e della segmentazione della domanda per zone vinicole,
dall'altro la tendenza verso un approccio al vino meno impegnativo e tradizionale,
esemplificato da vini frizzanti leggeri. La prima tendenza acuisce le caratteristiche
regionali del consumo, la seconda favorisce lo sviluppo di un consumo non locale
e di una politica di marca. Un capitolo a sé è quello del vino
da uva biologica che in Italia rappresenta un prodotto di nicchia, con un'incidenza
sui consumi inferiore all'1% mentre in altri paesi europei arriva al 3%.
Lo sviluppo di questo mercato è in parte condizionato, soprattutto per
quanto riguarda il vino da tavola, dal divario nel prezzo al dettaglio a parità
di tipologia di vino o livello di qualità. In linea generale, se il mercato
interno si è stabilizzato su volumi difficilmente incrementabili, le
opportunità di espansione rimangono legate soprattutto all'export, anche
se il 2002, escludendo mosti e spumanti, ha registrato un calo in quantità dell'1,7%.
I circa 14,3 milioni di ettolitri esportati sono suddivisi tra vini Doc-Docg
(31,4%), vini da tavola (60,9%) e vini frizzanti (7,7%). In valore si è
avuto tuttavia un incremento del 6,8%. Il calo in volume è stato determinato
dalla diminuzione di vino sfuso (prevalentemente proveniente dal sud) che rappresenta
circa il 36% del totale mandato all'estero. Il problema sui mercati internazionali
è rappresentato dalla competitività di paesi emergenti come Australia
e Cile (i principali paesi terzi esportatori nell'Ue insieme a Stati Uniti).
Si tratta di produttori che hanno puntato su vini e vitigni internazionali e
che possono contare, rispetto all'Italia, su una concentrazione dell'offerta
notevolmente superiore, il che si traduce in politiche commerciali più
incisive.

 

Allegati

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