Speciale grocery – L’olio d’oliva punta sulla differenziazione

Articolo pubblicato su MARK UP 102 marzo 2003 –

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Competizione esasperata nella fascia centrale del mercato. In crescita il
prodotto di nicchia

Secondo le elaborazioni Ismea sul panel famiglie Ismea-Nielsen, l’annata
2001/2002 ha evidenziato un calo negli aquisti domestici di oli d’oliva
del 4,4% in volume e dell’1,2% in valore. Il consumatore non si è
orientato, però, verso il competitor più economico, l’olio
di semi, in quanto anche quest’ultimo ha registrato un calo dell’8,5%
in quantità. Il dato disaggregato indica un decremento del 3,3% in volume
per gli oli confezionati sia extravergini sia normali, mentre è aumentato
del 28% circa l’olio di sansa, pur avendo un’incidenza marginale
sugli acquisti. Più marcato il calo degli acquisti di olio sfuso diminuiti
dell’8,6%. A soffrire una forte inversione di tendenza sono stati i prodotti
Dop (-19,4% in volume) dopo i forti incrementi degli anni precedenti. L’olio
biologico ha registrato, viceversa, un incremento pari a oltre il 50% in volume.
Complessivamente il mercato è maturo ed è focalizzato sull’extravergine
che, considerando anche l’acquisto di olio sfuso, rappresenta almeno l’80%
dei consumi domestici. L’olio normale è diventato un prodotto di
scarsa personalità che copre la fascia economica se non addirittura il
ruolo di primo prezzo del mercato totale, escludendo ovviamente l’olio
di sansa. E' anche vero che esiste una sovrapposizione tra le due principali
categorie di oli d’oliva per la forte e costante pressione promozionale
(intorno al 45% in valore nelle superfici moderne), che non risparmia nemmeno
l’olio extravergine, tipologia per la quale le promozioni possono toccare
punte del 50% delle vendite. L’olio d’oliva è un prodotto
che presenta margini commerciali tra i più bassi nell’ambito delle
principali categorie food, ma con un rapporto vendite/spazio occupato tra i
più alti. La categoria ha la funzione di creare traffico e punta in primis
sulla convenienza. Se consideriamo gli assortimenti totali di olio della Gda,
il 50% in valore è rappresentato da prodotti con un prezzo inferiore
a 4,13 euro al litro. Tale percentuale aumenta considerevolmente con le promozioni.
Nel segmento più importante, quello dell’extravergine che incide
per circa il 74% in valore nel canale iper+super, si può affermare approssimativamente
che il 20% delle vendite corrisponde a prodotti con prezzi superiori a 5,16
euro/litro (solo l’12% sopra i 10,30 euro). La fascia principale con oltre
il 50% del valore è tra 3,62 e 4,65 euro, mentre i primi prezzi (sotto
3,10 euro/litro) rappresentano circa il 5%. Bisogna tener conto, poi, dello
schiacciamento verso il basso, soprattutto della fascia media del mercato, derivante
dall’intensa attività promozionale e del fatto che le fasce di
prezzo possono variare in funzione dell’andamento della materia prima.


Le marche industriali diversificano
Il prezzo è un fattore rilevante nella segmentazione del mercato ed è
legato prevalentemente all’origine della materia prima, oltre che alle
tecnologie di trasformazione. Le valutazioni che vengono solitamente fatte sul
costo di produzione di un buon olio extravergine prodotto e molito in Italia
sono superiori a 6-7 euro al litro. In termini di volumi il mercato che conta
è al di sotto dei 5 euro al litro al pubblico, ma ciò non significa
che la maggior parte dell’olio d’oliva consumato sia di qualità
scadente. Si può dire, piuttosto, che esistono segmenti di consumo distinti.
Il più importante quantitativamente è quello dell’olio di
qualità medio-standard, presidiato da marche storiche dell’industria
di confezionamento, basato sull’approvvigionamento nei mercati esteri
e nelle aree nazionali di maggior produzione come la Puglia. È l’area
dove si sviluppa la maggior competizione, dovuta anche alla forte presenza di
private label che rappresentano nel loro insieme il primo competitor del mercato
totale con una quota in volume superiore al 14%. Il secondo segmento è
quello dell’olio di qualità che comprende peraltro un ampio range
di prezzi e tipologie di prodotto: dall’olio extravergine 100% italiano
all’olio biologico fino agli extravergini Igp e Dop. L’olio biologico
rappresenta circa il 7% della produzione nazionale di olio, di cui tre quarti
va all’export e ha un’incidenza sul consumo totale di oli d’oliva
di poco superiore all’1%. L’incidenza di Dop e Igp sulla produzione
è viceversa inferiore all’1%. La maggior parte delle aziende di
marca storiche del mercato individua nell’olio di qualità una nicchia
di consumo nella quale diversificare con l’obiettivo di migliorare la
redditività e conquistare nuovi consumatori al di fuori dell’area
centrale del mercato dove la fedeltà di chi acquista è fortemente
condizionata dalle promozioni. In effetti il fenomeno più interessante
del settore è proprio lo sviluppo di una segmentazione dell’offerta
basata sulla differenziazione dei parametri chimico-analitici (oli a bassa acidità)
e organolettici. Pur essendo un prodotto di base, con un vissuto indifferenziato
per la maggior parte dei consumatori, l’olio d’oliva nel caso specifico
dell’extravergine può presentare ampie variazioni nelle caratteristiche
organolettiche, legate a colore, odore e sapore, aspetti che danno più
o meno personalità al prodotto. Su queste caratteristiche incidono tutte
le fasi del ciclo di produzione. Il problema principale nel caso degli oli extravergini
è proprio quello di dare una giusta valutazione del rapporto qualità/prezzo
al di là del rispetto dei parametri normativi e vista l’impossibilità
di determinare oggettivamente le proprietà organolettiche con analisi
strumentali. La valutazione si può ottenere attraverso la garanzia della
marca, un’etichettatura chiara e veritiera, le denominazioni d’origine
tutelate, le certificazioni di filiera e di prodotto ecc. Su questa strada si
muovono anche le grandi marche: esemplificativo può essere il caso Carapelli,
leader nell’extravergine, che ha fatto certificare da Csqa tutti gli oli
extravergini, o l’iniziativa del Consorzio di Garanzia dell’olio
extravergine di qualità (cui aderiscono tra le altre anche aziende come
Unilever Bestfood, Monini e Farchioni), che identifica con un bollino l’olio
extravergine di qualità sugli scaffali.

Allegati

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