Speciale non-food – La Gda penalizza l’acquisto

Articolo pubblicato su MARK UP 93 giugno 2002 – Valore aggiunto: calano i volumi, ma aumenta la spesa media

La mancanza di servizio e assistenza rappresenta un handicap per le grandi superfici

All’inizio fu Swatch. Non più l’orologio classico e serioso ma qualcosa di colorato, divertente, quasi un gadget. E, per averlo, negli anni ’80 gli italiani si assoggettarono di buon grado a trasferte oltre confine, a incursioni nei free shop degli aeroporti, a cacce al tesoro nei corner dei department store alla ricerca dell’agognato orologino.
Mostre, libri, aste fecero crescere il fenomeno dando vita a una serie di eventi collaterali: collezionismo, scambio, club. E fu l’apoteosi da mass market.
Oggi anche questa fase appare superata: è il momento della griffe, l’affermazione cioè degli orologi firmati dagli stilisti e dai designer di grido, per di più offerti a prezzi contenuti. Insieme agli occhiali da sole, sono questi articoli a riempire le pagine di pubblicità di riviste e periodici. Ogni sei mesi, in parallelo con le nuove collezioni di abbigliamento, vengono lanciati nuovi modelli di orologi da polso. Nessuna firma si sottrae: anche perché, se spesso non ci si può permettere l’abito, l’accessorio d’autore lo vogliono proprio tutti.
Ed è questa la vera novità del mercato dell’orologio da polso odierno: l’acquisto di licenze di griffe famose da parte delle aziende di orologeria. Accanto a questa tendenza emergente, gli orologi di prestigio e di lusso resistono benissimo e si continuano a vendere in gioielleria a collezionisti esigenti e danarosi e a chi ne fa un elemento di status. Marchi e modelli della grande orologeria svizzera come Rolex, Patek Philippe, Jaeger Le Coultre, Iwc restano sempre il sogno raggiungibile di pochi fortunati, disposti a spendere migliaia di euro pur di possederne uno.
Sarà per questo che l’industria dell’orologeria svizzera, che ogni anno sforna orologi in metalli preziosi e a movimenti meccanici, si sta spostando su segmenti di fascia alta e nel 2001, anno di rilevante crisi mondiale, è cresciuta del 3,5% in volume. Per tradizione, tecnica e stile, la produzione made in Swiss è considerata da sempre quella di maggior prestigio. Pur con volumi inferiori a quelli dei grandi competitor orientali, realizza però più della metà dell’intero giro d’affari mondiale che gravita intorno all’orologio da polso.

La fascia media. La maggior parte degli orologi che si comprano sul mercato italiano (acquisti d’impulso, regali, autogratificazione) è costituita da pezzi che costano da 100 ai 500 euro. Sono strumenti di buon design italiano e di tecnologia avanzata: prodotti spesso da marchi storici, veicolati nelle campagne pubblicitarie da testimonial famosi del mondo della moda e dello sport. Nascono dalle sinergie delle case produttrici con le firme dello stile: Swatch ha in portafoglio Calvin Klein; Fossil Armani, Alessi e il rivoluzionario Philippe Starck; Binda Dolce & Gabbana, per citarne solo alcuni.
Il loro primato è insidiato dal made in Japan, con i marchi Casio, Seiko, Citizen, produttori di orologi ad alta tecnologia elettronica che presentano spesso prodotti dalle molteplici funzioni: non solo cronografi ma misuratori di altezza e pressione atmosferica, battito cardiaco, bussola, navigatore satellitare o ancora lettore di file Mp3, fotocamera digitale.
Casio, azienda legata a forti investimenti nella ricerca, ha la leadership mondiale con una vendita annuale che supera i 50 milioni di pezzi: in Italia, distribuiti dal gruppo Lorenz, si vendono ogni anno oltre un milione e mezzo di pezzi. Citizen si distingue per i modelli professionali da sub, come Aqualand con dati d’immersione scaricabili su pc, mentre Seiko sperimenta modelli ecologicamente corretti con movimento “a energia pulita” senza batteria ma con un accumulatore che si ricarica sfruttando i movimenti del polso.

Il consumatore. Gli italiani sono attentissimi alle mode e ai dettagli: ogni anno comprano oltre cinque milioni di orologi da polso. Il nostro paese è considerato area test per il lancio di nuovi modelli. Le statistiche confermano che ognuno di noi possiede almeno 5 differenti orologi. Nel 2001 si è verificata una flessione nel numero di pezzi venduti, bilanciata tuttavia da una spesa media in costante ascesa per l’acquisto di un orologio da polso: oggi intorno a 190-200 euro. L’orologio al quarzo di tipo analogico resta di gran lunga il preferito (86%). La cassa è in metallo (70%) così come in metallo è il bracciale degli orologi (60%).
Oltre la metà del mercato italiano è costituito da orologi di fascia bassa, i cosiddetti “light watch”, che costano non più di 100 euro.

Il mass market. Data la premessa, è quanto meno singolare che nei format delle catene della grande distribuzione l’orologio sia poco presente e complessivamente pochissimo venduto: solo il 4% degli acquisti è effettuato nei canali del libero servizio, contro il 51% in Usa e il 50% in Germania.
Motivo? Le case produttrici limitano la presenza nel mass market: sono piuttosto diffidenti nell’affidare i loro marchi alla Gda, che contraccambia relegandoli in pochi scaffali e non curando minimamente le vendite. Casio è uno dei pochissimi marchi distribuiti nella Gda e nelle catene di elettronica di consumo: Coop Italia, Esselunga, Finiper, Panorama, Rinascente, Media World, Trony, Grancasa e Supermedia. La penetrazione, l’immagine tecnica e i prezzi contenuti fanno di ogni modello di questo marchio un best seller: le collezioni Pro Trek (satellitare) ma anche Wrist Camera (foto) o l’Mp3 da polso (musica) sono da mesi richiesti in ogni punto di vendita.
Nei grandi magazzini (Coin, Rinascente) e nei variety store (Upim) che hanno layout più articolati e corner con prodotti ben esposti, gli orologi sembrano fare solo vetrina. “Anche se esiste un minimo di vendita assistita, il tutto si limita semplicemente a estrarre dalla vetrinetta e a mostrare l’oggetto richiesto, non argomentando le qualità del prodotto né presentando alternative - spiega a MARK UP Enrico Margaritelli, presidente di Fossil -. Se poi il cliente che ha comperato l’orologio vuole, come spesso accade, stringere le maglie del bracciale di metallo o sostituire la pila, non trova nessuno che sia in grado di farlo”. Logico quindi rivolgersi per l’acquisto al negozio specializzato che garantisce competenza, servizio e assistenza post vendita.

I centri commerciali.
Sarà per questo che invece la vendita di orologi di prezzo basso e medio-basso è molto forte in Italia nelle unità presenti all’interno dei centri commerciali, in genere prive delle tradizionali barriere di entrata, che invece contraddistinguono i negozi tradizionali e forse ne frenano l’acquisto. Un’alternativa è da sempre il negozio monomarca: non solo per le griffe di alta gamma (Cartier e Bulgari insegnano) ma soprattutto per i marchi di fascia media sembra essere questa la strada obbligata, che consente di emergere dal grande affollamento di marchi. Lo ha capito da subito il gruppo Swatch, il primo presente fin dagli inizi degli anni ‘90, seguito dalla catena di pdv Sector. La tipologia dell’esercizio monomarca è facilmente identificabile; effettua vendita assistita; gode di ampia presentazione a vetrina; offre servizi di cambio batteria, sostituzione cinturino, informazione e cataloghi per tutti.
In Italia la rete Swatch è composta da 150 unità in franchising e 16 di proprietà, con un progetto d’incremento di questi ultimi: sono negozi amichevoli, studiati apposta per favorire il passaggio dei clienti, in genere collocati nelle zone più centrali della città e nei grandi centri commerciali. L’ultimo modello di casa Swatch è innovativo, con un grande quadrante, chiamato X-Large, declinato in colori forti (giallo, blu, arancione e rosso), destinato a divenire il best seller dei prossimi mesi: prezzo di vendita 45,50 euro.
“A giugno presenteremo per la serie Irony, che ha avuto tanto successo, la linea Diaphane - anticipa a MARK UP Julian Bancroft Gould, amministratore delegato per l’Italia del gruppo Swatch -. Torneremo un po’ ai primi modelli trasparenti e con casse in metallo. Oltre al costante aggiornamento delle collezioni, cerchiamo sempre di migliorare i rapporti con i nostri partner: perché solo il ciclo completo del servizio, dalla comunicazione di lancio al post vendita, è in grado di fidelizzare il nostro cliente”.

La notorietà. Che sia il servizio a creare il valore aggiunto in grado poi di creare fidelizzazione lo conferma anche Federico Delunas, marketing manager del gruppo Breil, marchio posizionato nell’orologeria di fascia media. “Personalità, design distintivo, identità stilistica netta: così viene percepito Breil. E se il marchio dà garanzia, il rivenditore è percepito come ulteriore sicurezza perché l’orologio da polso, mix di tecnologia e stile, guadagna molto da un’illustrazione personalizzata. Non sarà un caso se la vendita online di questo prodotto non esiste proprio”, commenta Delunas.
Binda, azienda storica italiana e capofila del gruppo a cui appartiene anche Breil, predilige la vendita dei propri marchi in negozi specializzati, spesso posti all’interno dei centri commerciali, operazione che consente una distribuzione più capillare con investimenti più bassi.
“Le stesse vetrine sono molto cambiate e oggi sono autoespositive: Breil è un brand leader ma stiamo riposizionando Wyler Vetta, altro marchio storico, mentre sta esplodendo Tribe, fatto per un mondo giovane, mix di colore, alluminio e stile”, prosegue Delunas.

La comunicazione. La pubblicità in tv e sulla stampa è cresciuta notevolmente in anni recenti: ogni azienda ha utilizzato differenti filosofie di approccio. In genereale si nota il ricorso massiccio a testimonial: da Carré Otis che, anni fa, pronunciava la storica frase “Toglietemi tutto ma non il mio Breil” alla recentissima campagna Lorenz che propone personaggi come l’arbitro Pierluigi Collina, l’attrice Laura Morante, il soprano Hongmei Nié, il fotografo Oliviero Toscani che raccontano la loro personale idea del tempo. O ancora la giovanissima Chiara Muti che sostituirà Audrey Hepburn nella pagina pubblicitaria di Longines, fotografata in un raffinato bianco e nero, in una continuità ideale dei valori di classicità, eleganza e sensibilità che sono patrimonio di questo marchio.

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