Spesa degli stranieri in Italia: la contrazione si fa pesante

Esperti – Le entrate dagli stranieri per il turismo si riducono. Occorre invertire la tendenza velocemente. (Da MARK UP 199)

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1. Una macro-area di business lasciata al suo destino
2. La discesa iniziata dopo il giubileo
3. Che riporta ai livelli precedenti il 1994








Ancora sul turismo. È un tema che da sempre mi interessa e
da sempre mi sconcerta perché sintomatico di un lassismo di sistema: invece di
inventarci nuove produzioni e di esplorare nuovi e favolosi mercati, potremmo
valorizzare quello che abbiamo a portata di mano. Ma non lo facciamo.

Il recente rafforzamento del Patto di Stabilità e Crescita
poggia tanto sul pilastro della sostenibilità attuale e prospettica delle
finanze pubbliche quanto sull’adozione di efficaci strategie growth-friendly.
Bene, in linea di principio. Male, invece, se si osservano gli scarti tra la crescita
recente dell’Italia e quella dei nostri principali partner. A parole, tutti
hanno varie ricette per dare impulso alla dinamica del nostro Pil (che non
misura la felicità del popolo, ma l’aiuta).

Qui non se ne proporranno altre, bensì si esamina soltanto
il decrescente contributo della spesa turistica degli stranieri ai nostri
consumi e, quindi, alla nostra produzione. Almeno a leggere i risultati in
termini aggregati si segnala che questa macro-area di business è praticamente
lasciata a se stessa, per nulla valorizzata. Infine, le più serie analisi
disponibili indicano nel turismo una delle poche reali possibilità di sviluppo
del benessere materiale nel Mezzogiorno del paese, questione centrale anche
nell’ottica europea degli obiettivi di sviluppo.







1 -La linea grigia: elasticità al prezzo

La linea grigia indica l’indice del livello complessivo
della spesa degli stranieri in Italia a prezzi costanti, cioè al netto della
variazione dei prezzi. L’indice è scalato sul 1998 e posto uguale a 100. Nel
1970 tale spesa era un quarto di quella dell’anno base e raddoppia verso la
metà degli anni ’80. L’economia italiana cresceva come pure la spesa degli
stranieri. Poi, la lira (artificiosamente) forte inibisce ulteriori sviluppi di
questa componente (che può essere contabilizzata anche come esportazione di
servizi). La successiva svalutazione, nell’autunno del 1992, innesca una
crescita costante della spesa degli stranieri (nel 1998 l’indice è raddoppiato
rispetto al 1990). Il picco è raggiunto nel 2000, l’anno del giubileo.
Registriamo che l’effetto svalutazione si vede troppo chiaramente per non
ammettere che la nostra offerta era davvero elastica al prezzo: il che vuole
dire che la qualità attesa e percepita dai clienti stranieri non giocava un
ruolo adeguato nel determinare le scelte di destinazione dei flussi turistici
diretti verso l’Italia. La cosa è confermata dal fatto che il successivo
irrobustimento dell’euro ha ridotto i consumi degli stranieri in modo
sostanziale: nel 2010 -15% circa rispetto al 2008 (un anno “normale”) e -20%
rispetto al 2000 (un anno speciale). Nel 2010 mancano, a prezzi costanti, 6,1
miliardi di euro rispetto al 2000 e circa 4,2 rispetto al 1998. La spesa reale
degli stranieri in Italia nel 2010 è stata inferiore ai livelli registrati nel
1994. Poiché le strutture ricettive in genere sono sotto-occupate, possiamo
stare certi che questi eventi non sono dovuti a un effetto di sostituzione di
clientela straniera con clientela domestica. È proprio una perdita secca che è
anche perdita di volume d’affari per bar, ristoranti e negozi di qualsiasi
genere.

 

2 -La linea viola: il potenziale

Un modo anche più stringente di guardare al fenomeno è di
calcolare il rapporto esistente tra la spesa dei consumi degli stranieri in
Italia e i consumi degli italiani in Italia (la linea viola della figura). Si
evidenzia una progressiva, e neppure tanto lenta, caduta di questo rapporto già
a partire dalla seconda metà degli anni ’90. A metà degli anni ’90, per 100
euro spese da un italiano ce n’erano 4,5 spesi da uno straniero; oggi siamo
poco sopra 3. Visto che produttività, redditi e consumi degli italiani
difficilmente cresceranno a ritmi adeguati, si dovrebbe puntare di più sul
contributo proveniente dall’estero, specie da quell’estero che cresce al 10-12%
annuo. Se per incanto si potesse accrescere questo rapporto fino ai massimi
registrati a cavallo degli anni ’90, si otterrebbero consumi - e quindi
immediatamente Pil - pari a 11,2 miliardi di euro. Disporremmo insomma, e di
colpo, di uno 0,7% di Pil in più. Considerando che le previsioni di crescita
strutturale del Pil si posizionano tra l’1 e il 2% per anno, ciò costituirebbe
un non disprezzabile contributo alla crescita.

Allegati

199-MKUP-Bella

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