Spesa superflua: aiuta i consumi ma non sposta il benessere reale

Esperti – Le strategie fatte di aggiustamenti e piccole rinunce come hanno preservato il benessere reale delle famiglie italiane? (Da MARK UP 198)

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1. L'autoproduzione
diffusa protegge
il reddito

2. Ma risulta improduttiva
in termini di dati
contabili
3. S'impoverisce
solo il paese?

Criptico. Tale risulta il mio precedente intervento sulla fallacia degli indicatori macroeconomici. In realtà il punto della riflessione non stava solo nell’attuale utilità degli indicatori macroeconomici
quanto nell’individuazione del
reale stato di salute dei consumi effettivamente goduti dalle famiglie: pulito non solo della consueta inflazione dei prezzi, ma anche al netto delle alte
razioni di contabilità statistica
derivati da fruizioni reali, eppure trasparenti o dematerializzate.

Autoproduzione diffusa

Quando Kuznets e Clark ideavano gli indicatori della contabilità nazionale gli orari di lavoro in fabbrica erano lunghi,
il tempo per l’autoproduzione
domestica limitato e le tecnologie familiari molto meno sofisticate. Basti pensare, invece, a quel che offrono gli odierni ipermercati di Diy. Oggi produciamo, fra l’altro, servizi di
trasporto (usiamo l’auto privata invece del taxi), sostituiamo
le palestre con attrezzi ginnici
che piazziamo in ambiente domestico, guardiamo film gratuiti in Tv o sul Pc e non al cinema, scaldiamo piatti pronti rinunciando al ristorante,
scriviamo e-mail e non compriamo francobolli, tinteggiamo la casa al posto degli imbianchini, facciamo giardinaggio, saltiamo le biglietterie ferroviarie acquistando direttamente online ecc. Viceversa, a volte scegliamo di pagare chi bada al posto nostro gli
anziani e i bambini, chi fa le
pulizie di casa, chi ci massaggia o organizza i nostri viaggi ecc... e in questo modo facciamo crescere Pil e consumi.
Al contrario se il tempo (economico) si rannuvola e rinunciamo a questi servizi il nostro
benessere materiale ne risente solo parzialmente, ma riducendo il reddito altrui, il paese
ufficialmente si impoverisce.

La deduzione

Riflettiamo: la crisi del 2009
si è tradotta in una spesa delle
famiglie minore dell’1%, vale a
dire 13 miliardi di euro in meno, ovvero 700 euro per famiglia e 92 euro di alimentari, bevande e tabacchi, in un anno. E
allora, le strategie fatte di aggiustamenti e piccole rinunce
in che misura hanno preservato il benessere reale della maggioranza delle famiglie italiane, pur restando il dato contabile in negativo? È un calcolo impossibile, ma la deduzione è valida. Una visita in meno
dal parrucchiere, quattro pizze surgelate, un po’ di bricolage ecc. si tampona così la perdita di potere d’acquisto. Ne discende che quando si auspica la
ripresa della crescita dei consumi si sollecita, implicitamente,
la tanto deprecata spesa “superflua”: cioè la prima a cui rinunciano le famiglie. Già! È proprio
il biasimato consumo voluttuario dei servizi vendibili il corroborante che fa circolare (e contabilizzare) un maggior reddito, che diversamente resterebbe
tesaurizzato e improduttivo.


Allegati

198-MKUP-Tirelli
di Daniele Tirelli / aprile 2011

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