Sprechi e perdite alimentari: la tecnologia salva milioni di pasti

Ripensare tutta la filiera dal campo alla tavola in maniera sostenibile si può. Il ruolo centrale della tecnologia e di nuovi player come Phenix per recuperare il cibo avanzato

Lo spreco di cibo è uno dei principali nemici della sostenibilità. Si tratta di un ambito altamente impattante sugli equilibri del socio-ambientali, e conseguentemente pure economici, che presenta un’articolazione spesso superficialmente congedata. Sotto il cappello di spreco alimentare, infatti, si trova sia il cibo perso (Food Loss), quello andato perduto e a male nelle prime fasi della filiera, sia il cibo sprecato (Food Waste), che si concentra principalmente in ambito domestico e dell’Horeca. Secondo la FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite con sede a Roma per l’alimentazione e l’agricoltura, circa un terzo di tutti gli alimenti prodotti nel mondo va perso o sprecato nel passaggio fra il produttore e il consumatore. Nell'UE ogni anno vanno persi o sprecati circa 87,6 milioni di tonnellate di cibo. Ogni anno, la Giornata Internazionale della Consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari che cade il 29 settembre serve da stimolo di riflessione sullo stato dell’arte di questa piaga globale e su come diversi attori si stanno muovendo per contribuire al cambiamento. Da un punto di vista macro, le cause di carattere globale che hanno incentivato male pratiche di spreco alimentare negli ultimi decenni possono essere riassunte, a grandi linee, come segue:

  • La crescente urbanizzazione, che ha allontanato i consumatori dai luoghi di produzione del cibo, allungando così la filiera agroalimentare e incrementando il rischio di perdite durante il trasporto e lo stoccaggio del cibo;
  • La diffusione di nuove diete alimentari (connesse spesso a nuove possibilità reddituali, così come emerge specialmente nelle economie di transizione come quelle di quei paesi chiamati BRICS – Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Ovviamente dopo il conflitto russo in Ucraina questi scenari sono da ridefinirsi per la maggior parte);
  • La crescente globalizzazione del commercio e la rapida diffusione della GDO, che portano con loro la necessità di migliori standard di qualità e sicurezza alimentare, così come un aumento del volume di quanto commercializzato.

A ben vedere, poi, ogni fase della filiera agroalimentare porta con sé delle falle di cui occuparsi. Di fatti, nella fase di coltivazione e raccolto, le perdite alimentari dipendono principalmente da fattori climatici e ambientali, e dalla diffusione di malattie e parassiti. Nel processo di lavorazione dei prodotti agricoli, le principali cause di spreco sono le inefficienze nelle fasi produttive e i malfunzionamenti tecnici: provocano perdite in quantità ma anche in qualità, danneggiando alimenti che finiscono con l’essere scartati (anche solo perché difettosi nel peso, colore, forma o confezionamento). Da ultimo, a determinare gli sprechi nella fase di distribuzione e vendita sono soprattutto previsioni sbagliate della domanda di prodotti alimentari, sovrastimando gli effettivi acquisiti per precedente sovrapproduzione. A questa voce, si affiancano eventuali conservazioni non ottimali del cibo e la scarsa attenzione nel trattamento dei prodotti.

Lato ristorazione, lo spreco alimentare è sempre più un tema “ingombrante”, soprattutto in termini economico-qualitativi dell’attuale congiuntura, dove rincari di materie prime alimentari ed energetiche sono all’ordine del giorno, determinando una sostanziale perdita economica.

Non si può, però, non menzionare lo spreco alimentare domestico, che – se inesistente nei paesi in via di sviluppo – rappresenta un’enorme criticità nei paesi ricchi Italia inclusa: Coldiretti nell’ultimo anno in Italia, sono stati sprecati 67 kg di alimenti per abitante, il che rappresenta una distruzione di oltre 4 milioni di tonnellate di prodotti ancora consumabili.

Questo quadro, tutt’altro che lineare, vede l’intervento di realtà che a più livelli (istituzionale, associativo, imprenditoriale), cercano di impegnarsi per fare la differenza. Anzitutto l’awareness sul tema deve essere sempre tenuta alta, e a questo contribuisce, ad esempio, il lavoro mirato di realtà come Phenix, la scale-up francese che fa dell’anti-spreco un’azione positiva e solidale. A un anno dal lancio in Italia, l’azienda ha infatti recentemente concluso un nuovo round di finanziamento per un importo di 15 milioni di euro, che coinvolge tre nuovi fondi di climate tech (BNP Paribas Solar Impulse Venture Fund, che investe in startup che lavorano per la transizione ecologica, BNP Paribas Asset Management attraverso un fondo dedicato all'economia sociale e Lombard Odier Investment Managers Sustainable Investments, attraverso il fondo "Circular, Lean, Inclusive and Clean economy”). Per realizzare questa missione, Phenix ha sviluppato un range di soluzioni tech anti-spreco complementari che hanno già permesso di salvare 200 milioni di pasti: dall’app attiva nelle città di Milano, Torino e Bologna, ai tool digitali dedicati al mondo della GDO. Questi ultimi, nello specifico, sono strumenti che velocizzano il processo di gestione delle scadenze - già implementati da decine di punti vendita affiliati MD sul territorio italiano - e ottimizzano le vendite promozionali, con l’obiettivo di aumentare redditività ed efficienza del supermercato.

Da quanto esposto, emerge come, grazie a questo nuovo round di finanziamenti, Phenix intenda fare la differenza nel settore dell'anti-spreco in Europa e aspira a diventare il partner chiave di supermercati, industriali e produttori locali. In un contesto di preoccupazione sui mercati finanziari a causa della guerra in Ucraina e del ritorno dell'inflazione in Europa, che ha comportato un notevole rallentamento delle dinamiche di finanziamento dell'ecosistema tech, Phenix concentra i suoi sforzi verso un nuovo modello di sviluppo più sostenibile, equo e profittevole, dimostrando che una nuova generazione di aziende impegnate nella sostenibilità sta crescendo, impegnandosi a più livelli (dalle aziende di settore con cui collaborare al consumatore finale). Ciò avviene perché si riconosce ai consumatori un ruolo prioritario e strategico nell’indirizzare il mercato, così come le aziende abbiano bisogno anche di un approccio consulenziale per capire come trarre beneficio, ad esempio, dalla tecnologia. Risalendo la supply chain questo vuol dire contribuire ad una nuova governance delle filiere agroalimentari: per le peculiarità specifiche delle filiere agroalimentari, la potenziale percentuale di riciclo può essere elevata e garantire una perfetta integrazione del ciclo di vira del prodotto in un sistema improntato alla circolarità.

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