Le tre “R”, Ridurre, Riusare e Riciclare, sono alla base dell’economia circolare, un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti, per orientare il sistema economico complessivo verso nuovi comportamenti.
Nell’economia circolare hanno molta importanza le energie rinnovabili, la modularità e la versatilità degli oggetti, che possono e devono essere utilizzati in vari contesti per poter durare il più a lungo possibile.
L’economia circolare ha, quindi, implicazioni sistemiche che abbracciano e rivoluzionano il modus operandi in tantissimi campi. Volendo, in questa sede, concentrarsi sul mercato dell’usato di seconda mano (second hand o re-sale) è interessante notare come quest’ambito abbia ricevuto una sua definitiva consacrazione nelle logiche dell’economia circolare, in particolare in questo tempo, in concomitanza con l’epidemia di Covid-19. Le motivazioni alla base di tale affermazione sono duplici: in primo luogo, l’economia in crisi ha agevolato l’incontro dell’offerta (in questo caso di venditori propensi a liberarsi dei capi e degli accessori non utilizzati) con la domanda (rappresentata da acquirenti a caccia di pezzi unici, ad un prezzo ridotto); in secondo luogo, proprio il tema della sostenibilità. Di fatti, il coronavirus e il lockdown hanno riacceso prepotentemente i riflettori su questioni valoriali, come lo sono ambiente ambientale e responsabilità sociale.
In tale contesto, la second hand economy, intesa come forma di economia circolare sempre più rilevante e capace di generare valore reale in modo sostenibile, abilita la ri-commercializzazione (re-commerce) principalmente su piattaforme online, che di fatto sono gli intermediari di compravendita peer-to-peer tra gli utenti, che nella maggior parte dei casi si basano su operazioni di “consignment“, ovvero “consegna in conto vendita”.
Per capire l’entità del fenomeno, si può fare riferimento al report annuale a tema re-sale di threudUP, piattaforma americana del settore, che mette in luce come il second hand online avrà i margini di crescita più evidenti nel 2021, con un trend che porterebbe il re-sale a superare il fast fashion da qui al 2029, per quel che riguarda il segmento fashion.
Industria tessile e mondo della moda sono, infatti, tra gli ambiti più inquinanti in termini di impatto ambientale (la Ellen MacArthur Foundation ha stimato nel 2017 che dei 53 milioni di tonnellate di fibre utilizzate per produrre annualmente i capi di abbigliamento, solo il 12% venga riutilizzato, mentre il 73% finisce in discarica o incenerito), e che molto spesso, sotto pressione di una società civile sempre più consapevole, incorre in pratiche riparatorie che di fatto non sono altro che green washing.
Alla luce di tutto ciò, emerge come gli utenti del 2021 palesino una spiccata preferenza per quello che si potrebbe definire “baratto asincrono”, ovvero delle forme di scambio in cui le barriere di tempo e spazio sono gestite da delle piattaforme online, che di fatto incentivano le pratiche di decluttering (il liberarsi delle cose superflue) che tanto vanno di moda al momento (non è un caso che Marie Kondo – autrice giapponese del best-seller “Il magico potere del riordino” – sia diventata una specie di guru del decluttering con tanto di serie Netflix dedicata).
Il decluttering è tanto in voga da essere assurto ad una sorta di filosofia di vita (improntata al minimalismo), con la premessa, però, che la “dematerializzazione” derivante dal decluttering, non sia un semplice buttar via per eliminare le cose che non interessano più, ma una pratica finalizzata all’assenza di spreco, che può incentivare (da parte di altri) un riciclo più o meno creativo, applicando magari soluzioni di upcycling.
In pratica, anche il decluttering può, convergendo nel second hand, aiutare a valorizzare sinergie e integrazione per la prevenzione e la gestione dei rifiuti. Il digitale e le sue già menzionate piattaforme di scambio sono, quindi, utili per questi fini.
Tra le prime e più famose piattaforme con questi scopi vi è, per esempio, eBay che è al momento impegnata a sensibilizzare i suoi utenti sulla relazione tra second hand e sostenibilità, rimarcando come l’acquisto di un oggetto di seconda mano impatti sull’ambiente fino a 2,5 volte in meno rispetto a un oggetto nuovo. È sulla base di questo assunto che è possibile interpretare in ottica ci circolarità la nuova campagna eBay “Vendi a zero commissioni”: il marketplace mette a disposizione la propria piattaforma per rivendere l’usato, senza costi di commissione finale per tutti gli oggetti messi in vendita durante il periodo dal 15 febbraio al 31 marzo 2021, fino ad un massimo di 100 oggetti, dagli accessori tech a quelli da collezionismo, fino all’abbigliamento e ai prodotti per l’auto.
Il trend fin qui descritto pare essere in crescita anche in relazione ai dati eBay, da cui emerge che oltre 67.000 prodotti sono stati rivenduti sulla paittaforma solo nel mese di febbraio 2020. Tra i più rivenduti, fumetti e graphic novel (oltre 6.500), libri di saggistica e narrativa (oltre 12.500), giochi (oltre 5.300), orologi (quasi 5.000), ma anche cellulari e smartphone (oltre 4.700) e abbigliamento (oltre 4.000).
Si può, quindi, affermare con cognizione di causa che “Second hand is the new black”.