Strategie e mercati con Sami Kahale di P&G

Ottimizzato il portafoglio prodotti, P&G sta affrontando un 2016 previsto con moderata crescita. Ottimismo sugli investimenti stranieri (da Mark Up 249)

Fare il punto sulla situazione a metà anno con Sami Kahale è quasi d’obbligo. Al volante da tempo di P&G Italia (e non solo), in poche battute riesce a dare il senso dell’anno che verrà e Mark Up ne ha approfittato anche questa volta.

P&G ha annunciato lo scorso anno una riduzione dei marchi. Come ha inciso sul mercato italiano?
L’ottimizzazione del portafoglio dei marchi è un processo continuo per garantire valore a consumatori e azionisti. Oggi P&G opera a livello mondiale in 10 categorie di prodotto e possiede 60-70 marchi focalizzati sui settori strategici. In Italia ha disinvestito il business locale legato ad Ace, è uscita da quello globale delle batterie e sta completando il disinvestimento dei business globali di cosmetici, fragranze e cura capelli professionale. Allo stesso tempo ha introdotto nel mass market due marchi globali come Lenor e Head & Shoulders e nella farmacia Vibovit, Metamucil e recentemente gli integratori alimentari Swisse.

Quali sono le prospettive per il 2016?
Un anno di moderata crescita dei mercati nelle categorie in cui operiamo. Questo andamento è in linea con le variabili macroeconomiche come disoccupazione in calo, Pil in crescita ed un lieve aumento di fiducia dei consumatori.,

Il consumatore italiano è cambiato?
La ricerca della giusta equazione del valore negli acquisti è invariata ma i cambiamenti demografici e la crescita del digitale hanno avuto un impatto nei comportamenti e nel modo di acquistare, nelle esigenze e nei canali utilizzati. Oggi in Italia nella gdo, una decisione di acquisto su due è influenzata dalla tecnologia digitale.

Come risponde P&G?
Considerando i bisogni del consumatore nelle varie fasi della vita e approntando piani di business dedicati. Oggi il 50% dei consumatori italiani ha più di 50 anni. Con l’avanzare dell’età la spesa è più piccola, ma più frequente e si acquistano meno i formati di grandi dimensioni. Una soluzione sono prodotti come le Dash Pods. In Italia P&G ha sviluppato “Victoria” un progetto di dialogo con donne ultracinquantenni, una realtà sociale ed economica importante, a lungo ignorata da industria e distribuzione, che si sta espandendo anche in altri paesi europei.

Qualche suggerimento per il retail?
Trovare un posizionamento chiaro, differenziarsi. Rimettere al centro il cliente adattando l’esperienza nel punto di vendita ai diversi profili di shopper: cioè a chi necessita di una spesa quotidiana, di un acquisto d’emergenza oppure di una grossa spesa. E semplificare il processo di acquisto con una gestione della categoria con scaffali ben segmentati, con adiacenze e una numerica di referenze col il giusto mix tra prodotti ad alto traffico e innovazioni.

Come si sta muovendo P&G nei confronti dell’eCommerce?
L’eCommerce sarà un canale protagonista nel futuro. P&G sta investendo per crescere il business dei propri marchi e in attività di shopper knowledge e per offrire ai partner della distribuzione know how nell’analisi di nuovi trend e comportamenti di acquisto. In Italia il 75% degli acquirenti è pronto per l’omnichanel, ma la presenza nell’online della gdo è solo del 12% con un fatturato che si limita al 2% del totale del commercio elettronico. Tuttavia l’eCommerce è un’opportunità per tutti.

Lei da tempo lavora con altri suoi colleghi per trovare sistemi facilitanti l’ingresso di investimenti stranieri in Italia: come sta andando?
Fare business in Italia è ancora complesso ma ci sono segnali positivi come il completamento della riforma sul lavoro e la creazione di una struttura in Ice per l’attrazione degli investimenti esteri. L’Italia sta recuperando terreno: nella graduatoria AtKearney sulla fiducia degli investitori ha guadagnato 8 posizioni ed oggi è al 12° posto. Le anticipazioni sul 2015 segnano un aumento del 50% negli investimenti in Italia, circa 30 miliardi di dollari che, se confermato, varrebbe +0.23% sul Pil. Ma burocrazia, giustizia e fiscalità rimangono ancora degli ostacoli.

Come sta cambiando oggi il concetto d’innovazione?
Per P&G innovare significa sempre offrire soluzioni che migliorano la qualità della vita delle persone. Lanciare sul mercato più referenze con bassa potenzialità non significa innovare. Quantità non equivale a crescita. Nel 2014 solo l’1.8% dei nuovi codici sono stati di successo. E solo 1 iniziativa su 10 continua a crescere al terzo anno. Oggi P&G contribuisce al successo dell’innovazione con una percentuale quasi 5 volte superiore alla media di mercato. Tutti possiamo fare di più.

P&G è sempre stata un motore creativo della comunicazione: oggi questo motore spinge in che direzione, con quali linguaggi e su quali mezzi?
Il motore spinge verso il consumatore per parlargli con contenuti rilevanti, nel momento giusto e sui mezzi che preferisce, considerando le peculiarità di ciascun brand. Gillette ad esempio ha adottato un linguaggio globale, centrato sul valore e sui benefici del prodotto, Dash in modo più locale ha costruito sulla storia del marchio. Marche come Always con “Like a girl” e Tide con “Share the load” hanno proposto campagne web sulla condizione femminile. Per i mezzi, multiscreen e digitale sono un’opportunità: oggi un italiano su quattro naviga su smartphones e tablet anche mentre guarda la Tv.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome