Sud, da Cenerentola a regina dell’economia

Nonostante il gap tra Nord e Sud in termini economici, gli investitori immobiliari sono consapevoli delle potenzialità del Mezzogiorno (da Mark Up n. 254)

Anche se la tradizionale visione manichea di un Nord  simbolo  di  efficienza  e produttività  e  un  Sud  più  arretrato  in  termini  di  sviluppo  e  gestione,  soprattutto in ambito pubblico, ha generato pregiudizi mai del tutto cancellati, è innegabile che la volontà politica  di  recuperare  questo  divario  porterebbe  un  bel po’ di stimoli e motivi nel far crescere il Pil italiano. Il Sud Italia è la metafora geo-sociale di tutte le grandi e fallite potenzialità italiane nelle grandi opere pubbliche (si pensi al famoso Ponte sullo Stretto di Messina). Il Sud è anche metafora, suo malgrado, spesso ingiustamente, dei mali che affliggono la nostra Penisola. E gli investitori stranieri ragionano ancora per luoghi comuni, i più duri a morire, perché tanto meno si ragiona e si analizza, tanto più si giudica per etichette prefabbricate. Ma il Sud è molto più dei pregiudizi alimentati dalla sua stessa storia, dalle contraddizioni della sua gente. Basterebbe che cinque delle più grandi aree metropolitane d’Italia (Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo e Catania)  fossero  gestite  con  i  criteri  di  efficienza  non dico svizzera, ma, ben più modestamente, milanese-lombarda (o emiliano-romagnola o veneta), il Pil farebbe un salto di almeno 1 punto percentuale l’anno. Vogliamo parlare dell’immenso serbatoio turistico-culturale del Sud? C’è bisogno di ricordare come sono (o erano, fino a pochissimo  tempo  fa)  gestiti  La  Reggia  di  Caserta  o  il  sito  archeologico  di  Pompei, per ricordare solo due delle tantissime attrazioni turistiche che un glorioso passato ha lasciato in eredità ai cittadini meridionali?  E dire che il Sud non soffre neanche di carenze  di  centri  commerciali  (tutt’altro),  ma  una  potenziale  desertificazione degli investimenti e degli sviluppi. Se guardiamo i più grandi progetti arrivati al taglio del nastro quest’anno, noteremo  che  il  Nord  li  concentra  tutti.  Si  tratta di una realtà palesatasi durante il primo Mapic Italy, tenutosi a maggio a Milano, nel quale si sono confermati i grandi progetti in via di sviluppo e apertura da qui al 2017-2018: si parte da Arese (IlCentro) per arrivare a Ikea Centres a Roncadelle, Gallerie Commerciali  Italia  (Auchan)  a  Bussolengo,  a  Fano  (4°  trimestre  2017)  e  a  Rescaldina  il  cui  ampliamento  è  previsto  in  consegna per il 2018. Come ricorda (si veda il box a pagina 20) Silvia Gandellini  di  Cbre,  la  società  che  ha  curato  uno degli studi più recenti e interessanti sul  ruolo  del  Mezzogiorno  negli  investimenti, non sono mancate operazioni importanti anche nel Sud con Blackstone  ed  Ece;  ma  siamo  nel  campo  delle  eccezioni. E che ci sia un problema di polarizzazione geografica a sfavore del Sud degli investimenti e degli sviluppi, lo conferma, statistiche alla mano, Fabio  Porreca,  ceo  di  Svicom,  una  delle  più importanti società di commercializzazione e gestione, che ricorda, rispondendo all’evidenza dei dati che vedono nel Nord concentrarsi il 65,7% degli investimenti (2015), lasciando al Sud solo il 2,3% (il Centro assorbe il 13,6%), “quanto  sia  importante  non  basarsi  esclusivamente sui dati generali, ma partire anche da confronti più puntuali tra centri performanti e centri non performanti: in questo senso nel Sud si trovano  centri  commerciali  con  produttività  maggiore  di  analoghi  insediamenti  nel nord”. Porreca sostiene che nel Sud si  può  trovare  un  centro  commerciale  con tasso di “arrears” dell’1,5% contro il 6,7% del centro commerciale al Nord, un footfall di oltre 5,1 milioni contro i 3,3 milioni dell’esempio settentrionale, e una produttività per mq di 3.835 euro  versus  i  2.170  euro  al  mq  del  centro al Nord. Il  discorso  di  Porreca  collima  con  le  considerazioni di Ece in riferimento alla Cartiera di Pompei, il centro commerciale acquisito dalla tedesca Ece, Jerry Boschi che di Ece è il country manager, sottolinea:  “crediamo  nelle  potenzialità dell’asset. Quando valutiamo l’acquisto di un centro commerciale ci basiamo  sulle  caratteristiche  specifiche  del  centro e sul suo bacino d’utenza, che è indipendente  dalla  posizione  geografica.  La  performance  storica  del  centro,  il  layout,  la  composizione  dei  tenant  e  la tipologia, oltre alle altre potenzialità del bacino, sono indicatori fondamentali per la nostra scelta. In particolare oggi i  proprietari  di  centri  commerciali  sono molto attenti alla qualità dei retailer presenti nel centro, soprattutto se internazionali e questo vale per ogni centro, a prescindere dalla location”. È un dato di fatto che il Sud soffra di un gap rispetto al Nord in termini di economia. Però secondo alcuni manager e investitori questo gap non comporta necessariamente conseguenze negative sui centri commerciali perché sono le stesse competenze necessarie per gestire sul lungo  periodo  un  centro  commerciale.  I  property  e  gli  asset  manager  devono  studiare delle azioni sul lungo periodo da applicare giorno per giorno, che siano tagliate su misura sulle caratteristiche  specifiche  del  singolo  centro.  Per  gestire al meglio un centro commerciale è importante conoscere il proprio bacino d’utenza. Ogni centro esige una gestione tagliata su misura e questo vale per ogni regione italiana. “Il Sud Italia, con  oltre  20  milioni  di  abitanti,  comprese  Sicilia  e  Sardegna,  ha  circa  200  centri commerciali con superficie superiore ai 5.000 mq di Gla. Molti di questi centri vengono gestiti con successo e di conseguenza rappresentano dei buoni asset immobiliari in cui investire: questa potrebbe essere un’opportunità intressante sia per gli investitori nazionali che internazionali. Inoltre la gestione dei  centri  nelle  regioni  del  Sud  è  agevolata anche da una minore concorrenza all’interno del bacino: se da una parte la mancanza di prodotto potrebbe risultare uno svantaggio, dall’altra può diventare un’occasione per coloro che vogliono investire nel Meridione. Al  di  là  delle  virtuose  eccezioni,  ricordate da Gandellini e Porreca (come Centro Campania o Mongolfiera a Lecce,  ma  non  sono  le  sole),  le  statistiche  mostrano,  soprattutto  attraverso  i  dati  medi, una realtà piuttosto allarmante: le vendite al mq di iper+super al Sud (dati Nielsen-Mark Up 2016) è di 2.477 euro in area 4 contro i 4.221 euro dell’area 1 e i 4.081 euro dell’area 3. Ci vogliono grandi nomi internazionali che investono sul sud, come ha fatto Apple a Napoli, e investimenti seri sulle  infrastrutture  a  partire  dai  trasporti  pubblici e privati.

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