Switch prescrittivo fra equivalenti e brand e viceversa: le tendenze

Sotto analisi, il fenomeno del cambiamento di prescrizione fra le due tipologie di medicinali. Il ruolo dei medici, e dei pazienti, nella scelta

L’equivalenza terapeutica tra generici e originator, relativamente a numerose patologie croniche, è ampiamente dimostrata. Ma qual è esattamente l’atteggiamento prescrittivo dei medici di medicina generale? E soprattutto, qual è la tendenza dello switching prescrittivo tra farmaco equivalente e brand, e viceversa?
Se ne parla in Studio Equipe, indagine realizzata d’accordo con Assogenerici dall’Istituto di ricerca della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (Simg), utilizzando il database Health Search (Hsd).
La ricerca analizza il profilo di prescrizione dei farmaci equivalenti in medicina generale relativamente ai contesti clinici di ipertensione arteriosa, malattie ischemiche cerebro/cardiovascolari e depressione. L’analisi è stata realizzata sul database contenente le informazioni cliniche relative ad oltre 1 milione e mezzo di assistiti, fornite da 800 medici di medicina generale, selezionati su tutto il territorio nazionale in base alla numerosità dell’area geografica di riferimento.

L’aumento della prescrizione del generico nel tempo è giustificata dai nuovi utilizzatori, overo dai pazienti che iniziano per la prima volta il trattamento con uno dei farmaci equivalenti appartenenti ad una delle categorie terapeutiche analizzate. Lo switch da brand a generico ha però un ruolo marginale rispetto a quello dei primi trattamenti, mentre lo switching prescrittivo è leggermente superiore da generico a brand. In generale, è sempre più in crescita la popolazione che utilizza in prima battuta l’equivalente in quanto farmaco prescritto dal medico. Il fenomeno del cambiamento di prescrizione da generico a brand avviene invece solo per categorie di prodotti che, pur essendo di uso consolidato nella clinica, presentano profili di scarsa maneggevolezza. E si tratta comunque di fenomeni la cui incidenza è andata diminuendo e che riguardano una popolazione sempre più ridotta, in particolare nel primo anno di trattamento.

Sia tra gli operatori sanitari che tra i pazienti esiste ancora una percentuale non trascurabile di popolazione che esprime una diffidenza verso gli equivalenti. I risultati preliminari di questa ricerca sono però incoraggianti sia sul fronte dell’avvio delle terapie direttamente con farmaci equivalenti sia su quello dell’individuazione delle aree dove tali diffidenze persistono per la scarsa maneggevolezza dei principi attivi analizzati.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome