Giorgio Santambrogio, Ad di Végé
Santambrogio (Végé) critica l'idea di introdurre un prelievo fiscale su merendine e bibite gassate: comporterebbe "un aggravio dei costi per le famiglie, senza generare alcun output positivo in termini educativi"

Le principali associazioni di settore oppongono, ovviamente, un no corale all'idea (per ora sembra solo un orientamento) di tassare prodotti come merendine e bibite gassate. Per Assobibe ridurrebbe le vendite del 30%, mentre i consumi finali scenderebbero in valore dell'11%.

Dalla distribuzione italiana arriva, per ora, il parere negativo di Végé -una delle principali (e storiche) organizzazioni del retail nazionale - per bocca del suo amministratore delegato, Giorgio Santambrogio. "L’idea di tassare le merendine e le bibite gassate è sbagliata e si tradurrebbe solo in un aggravio dei costi per le famiglie e in una contrazione dei consumi, senza generare alcun tipo di output positivo in termini educativi -dichiara Santambrogio-. Peraltro, è oltremodo scorretto generalizzare criminalizzando queste due categorie. L’educazione alimentare è una cosa molto importante, ma soprattutto è una cosa seria e come tale andrebbe affrontata, non usandola come paravento per fare ulteriore cassa sulle spalle di famiglie e imprese. Non si fa educazione alimentare con le tasse ma attraverso campagne educative diffuse e capillari, a cominciare dalle scuole, per esempio, ma anche all’interno dei punti di vendita, come il progetto che stiamo portando avanti come Gruppo VéGé e che si chiama VéGé per Voi. La cura nella scelta dei prodotti, i controlli di filiera e l’attenzione al cliente ci hanno spinto a creare un canale digitale di educazione alimentare dedicato gli acquirenti e visibile da smartphone direttamente in punto vendita. L’obiettivo è quello di accogliere i clienti facendo educazione alimentare a loro vantaggio rendendo comprensibili concetti anche complessi e spiegando le caratteristiche dei prodotti che trovano sugli scaffali".

Una tassa già diffusa in diversi paesi del mondo

La sugar tax, o forme analoghe di prelievo fiscale, esistono già in diversi paesi del mondo, dalla Gran Bretagna agli Emirati Arabi, dagli Usa alla Francia. In Gran Bretagna si sta pensando a una tassa del 20% sugli snack dolci, che si aggiungerebbe alla già attiva "Soft drinks industry levy" (Sdil), che prevede un sovrapprezzo di 0,20 euro al litro per bibite con quantità di zucchero tra 5 e 8 grammi su 100 millilitri, e di 0,27 euro al litro se lo zucchero supera gli 8 grammi per 100 millilitri. Questo ha portato il 50% dei produttori (circa 326 aziende), a ridurre di circa 45 milioni di chili lo zucchero impiegato.

In Francia una tassa analoga è in vigore dal 2012, e prevede un prelievo fisso di 7,53 euro per ettolitro. Un aggiornamento del 2018 ha introdotto una tassazione progressiva in base alla percentuale di zucchero: da 0,045 euro/litro per bevande con il 4% di zuccheri a 0,235 euro/litro per bibite con il 15% di zuccheri. In Norvegia la sugar tax risale addirittura al 1922 e nel 2018 è stata aggiornata a 0,49 euro al litro.

Negli Usa questo tipo di tassa non è governativa, ma applicata a livello di Stati.

Negli Emirati Arabi vige dal 2017 il prelievo del 50% sulle bevande analcoliche e del 100% sugli energy drink. In Messico è stato introdotto un sovrapprezzo del 10% sulle bibite zuccherate, 0,04 euro in più al litro, mentre nelle Filippine è 0,10 euro al litro per bevande con dolcificanti e di 0,19 euro per quelle con sciroppo di mais.

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