Temporary store, “lab” per nuove imprese: il caso di Gallerie Commerciali Italia

Gallerie Commerciali Italia
Un esempio di sinergia tra centri commerciali e temporary shop è offerto da Gallerie Commerciali Italia (Gruppo Auchan): nelle sue 48 gallerie sono già 50 i "temporary", con un tasso di passaggio da permanenza breve a stabilità pari al 40%,

I negozi temporanei ("Temporary shop" o "pop up store") acquisteranno sempre più spazio anche nei centri commerciali, non solo come vetrina/palcoscenico per i marchi, ma anche in funzione di media al pari del web o della televisione per creare o rafforzare un coinvolgimento con i clienti. Saranno frutto di una progettazione degli spazi e degli arredi sempre più raffinata, e già rappresentano incubatori di nuove imprese e iniziative (start up).
Quello dei temporary è un settore retail che sta diventando sempre più interessante anche per i property manager dei centri commerciali, che oggi richiedono una figura dedicata allo sviluppo e un aggiornamento normativo sugli affitti commerciali per facilitare la permanenza breve delle insegne.
Un esempio di sinergia tra centri commerciali e retail temporaneo è offerto da Gallerie Commerciali Italia (Gruppo Auchan): nelle sue 48 gallerie sono già 50 i "temporary shop", con un tasso di passagio da permanenza breve a stabilità pari al 40%.

Edoardo Favro

"Le gallerie dei centri commerciali si erano in parte svuotate con la crisi iniziata nel 2008, ma sempre più persone ci chiedevano spazi -commenta Edoardo Favro, Ad di Gallerie Commerciali Italia-. Abbiamo capito che era il momento di soddisfare queste richieste, a prezzi politici, per un periodo di tre o quattro mesi. Così, abbiamo trasformato in opportunità un fenomeno nato da un problema: un'opportunità sia per noi sia per le iniziative imprenditoriali, soprattutto quelle dei giovani, ai quali abbiamo cercato di dare una mano, e che sono poi diventate permanenti, evolvendosi, in alcuni casi, in piccole catene. Abbiamo perciò deciso di dedicare una quota degli spazi proprio ai temporary".

"Su questo fenomeno -aggiunge Favro- serve comunque un cambiamento di approccio anche per la base contrattuale. Abbiamo visto che la formula dell'affitto del ramo d'azienda inizia a funzionare, e che il 40% di chi lavora con noi cerca uno spazio stabile. Una base contrattuale più leggera aiuterebbe tutti".

Massimo Costa, segretario generale di Assotemporary, inquadra con alcuni numeri il fenomeno temporary store: "Il 62% delle aperture è dedicata ancora alla vendita outlet; solo il 15% è diretto ad azioni di marketing come la profilatura dei clienti o la sperimentazione di negozi monomarca a basso costo, mentre solo il 10% delle aperture è finalizzato alla creazione di eventi. Vendita in periodi particolari dell’anno e per stimolare l’acquisto d’impulso si dividono, in parità, il residuo 10%".
Le città del temporary shop sono Milano, che guida la classifica con il 70%, seguita da Roma e Napoli con il 10%, Altri capoluoghi di regione come Firenze, Bologna e Venezia si dividono un altro 10%; il residuale 10% si distribuisce fra le medie città del Centro-Sud.
Per quanto riguarda i settori merceologici, il 58% dei temporary store è specializzato in moda e design, il 10% in food senza somministrazione, l’8% in gioielleria e bigiotteria, il 7% è rappresentato dalle auto, un 5% dal food con somministrazione e il 12% da altri  settori.
Le posizioni metropolitane e cittadine sono quelle più richieste (77%), seguite dai centri commerciali con il 12%, da aeroporti e stazioni (8%), e altre location (3%).

 

 

 

 

 

 

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