Tendenze & Scenari – I consumi alimentari arrancano ma non quelli degli animali domestici

Articolo pubblicato su MARK UP 132 settembre 2005 – Gestione Category

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Cani e gatti sono esseri indifesi e che non parlano. In questo senso sono come i bambini. Non tutte le famiglie italiane con animali domestici acquistano petfood. Molti si adattano ancora sfruttando avanzi della cucina domestica. Chi però ha fatto il salto, tratta gli animali domestici come dei bambini. Proprio perché sono indifesi, vogliono per loro il meglio. In questo senso il pet store, l’area del negozio che tratta i prodotti, alimentari e non, per gli animali domestici dovrebbe avere una struttura assortimentale, un display e un’ambientazione molto curati.
Il mercato dei petfood, anche se non con i tassi di qualche anno fa, continua a crescere. Cresce la penetrazione nelle famiglie e soprattutto la frequenza di consumo. Cresce il bisogno di cambiare la dieta, il gusto e la reologia del prodotto. Cresce il bisogno di accessori al food, dai prodotti di tipo sanitario agli accessori non alimentari. Il tutto porta a elevate rotazioni alla presenza di marginalità piuttosto importanti rispetto alla media del venduto.

Il pet shop
Le imprese del settore investono in innovazione e in attività di marketing; soprattutto investono in comunicazione per costruire brand sempre più forti. Tutto ciò merita, da parte dei distributori, un’attenzione maggiore di quanto normalmente facciano. Le performance commerciali sono molto diverse in funzione delle logiche assortimentali e della cura dedicata all’ambientazione del reparto. Le insegne che portano a casa buoni risultati sono quelle che dedicano alla categoria innanzitutto spazi adeguati, ma soprattutto che lavorano in un’ottica di pet shop, logica che, a livello di ipermercato, diventa quella di vero e proprio category killer. L’ambientazione è tutta incentrata sulle specie animali che si vogliono rappresentare. L’area è dedicata e presenta confini netti con gli altri reparti. L’assortimento è ampio e profondo. In genere privilegiano la profondità; ma in questo caso la presenza di marche dai tratti distintivi e marcati aiuta a segmentare lo scaffale. Molte delle grandi marche presentano un posizionamento forte, che s’incentra su un preciso segmento di mercato. La comunicazione di tali marche è, di per sé, un elemento di definizione di categorie e segmenti, funzioni d’uso e livello di prezzo. È quindi corretto utilizzarle per migliorare il livello di comunicazione dello scaffale.

La diffidenza
In un mondo dove la diffidenza verso il contenuto merceologico dei prodotti la marca ha il ruolo di garante dello standard qualitativo, forse maggiore che per l’alimentazione umana. Lo dimostra il fatto che, più che i primi prezzi, sono importanti i formati convenienza. In questo senso la marca propria assume un ruolo ancora più importante che non nei tradizionali comparti della drogheria alimentare. Il consumatore vuole una marca, ma, se vuole risparmiare, si sposta verso la marca del distributore. Esiste ovviamente il problema dello spazio, che rappresenta un deterrente per le piccole superfici. La categoria pretende di per sé una profondità elevata per soddisfare tutti i tipi di bisogni. L’ipermercato è il format ideale per trattare adeguatamente la categoria in un’ottica di category killer. Importante, per tutti i format, è non sottovalutare le esigenze di qualità della gestione dello spazio e dell’assortimento. Il cliente è molto più esigente di quello che sembra.

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