The Good Business Academy: veicolare un nuovo modello d’impresa

Una nuova iniziativa frutto delle sinergie del mondo accademico e imprenditoriale per diffondere modelli di impresa rigenerativi. La sfida è creare aziende a prova di futuro

Le crisi (non ultime pandemia e guerra russa in Ucraina) che hanno caratterizzato questi primi decenni del nuovo millennio permettono di affermare con certezza nell’incertezza generalizzata che “Business as usual is dead”. Il mondo è cambiato e così il concetto di profitto che si scontra con contesti e generazioni non più performanti e distratti di fronte a condizioni disarmoniche, che non rispecchiano dei valori propri di una sostenibilità a tutto tondo.  È, infatti, finito il tempo dei consumatori-clienti a favore dei consumatori-cittadini, cosa che si rispecchia anche – ribaltando la prospettiva – nella funzione di lavoratori. In un tale panorama, bisogna ridefinire il perimetro dell’impresa, come soggetto operante sul mercato e portavoce di istanze che non collimano più con il “si è sempre fatto così”. Il termine “Impresa” deriva dal latino “in-prehendo” che significa “scoprire, percepire, afferrare”. Si qualifica come “Imprenditore”, allora, chi è capace di agire e non solamente di fare. Questa caratteristica rende questa categoria investita di una responsabilità che in questo particolare momento storico è forse più strategica rispetto al passato, in quanto di fronte a cambiamenti epocali (dal ruolo della tecnologia allo spostamento degli equilibri geopolitici sempre meno ad appannaggio del cosiddetto “primo mondo”). In tal senso, sono molte le sfide da affrontare, dai cambiamenti climatici connessi anche a decenni di inquinamento selvaggio e sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, all’insostenibilità delle disuguaglianze sociali: tutti fattori che premono in maniera consistente sui paradigmi aziendali. Se è vero che il cortocircuito mondiale sembra alle porte se si rimane nello status quo, è anche vero che vi sono strumenti e know-how che possono invertire la tendenza, in quanto “non esiste un determinismo che ci condanni all’iniquità universale” come ha detto Papa Francesco.

Dal punto di vista dell’imprese, un segno forte è stato dato, ad esempio, dall’introduzione e regolamentazione delle società benefit: le famose B Corp con tutto il loro patrimonio di best practice e di rete a livello mondiale. Le società benefit rappresentano, infatti, la sintesi del conflitto tra impresa a scopo di lucro e impresa di natura sociale, non come un ibrido, ma come una conciliazione ideologica e pratica. Volgere i propri sforzi attorno al “purpose of company”, con imprenditori sociali in grado di ibridare altri tipi di imprenditori al fine di trasformare un modo di produzione, ereditato dal passato, non più all'altezza delle sfide in atto, può essere la mission di una nuova generazione capace di interpretare le esigenze di un mondo nuovo. Come si legge nel libro Made in B-Italy. La via italiana all’impresa sostenibile (2019) a cura di Lele Rozza,  “il modello di sviluppo come lo conosciamo noi è diventato insostenibile e l’ipotesi di lavoro [dietro il modello B Corp] rintraccia le principali cause di questa insostenibilità nelle regole del gioco stesso: intervenire con le società benefit significa agire nel cuore delle imprese, nel loro statuto e nella loro governance. Nel contempo questa correzione genetica non vuole imporsi come innaturale, né costituire un presuntuoso artificio, ma affrontare senza indugio un dibattito in realtà più maturo […]”.

Parallelamente a ciò, risulta chiaro come anche la leadership e il management abbiano bisogno di orientamento e nuovi ancoraggi, acquisendo nuove conoscenze e riflettendo sul cambiamento. In una certa misura, hanno bisogno di lasciarsi interrogare da quello che accade e da quello che verrà per valutare le conseguenti implicazioni manageriali, e soprattutto una forza ispiratrice – per approccio al business e alle persone – che vada ben oltre la semplice performance economico-finanziaria.

Nella pratica, bisogna formarsi e fare propri degli strumenti per navigare nel futuro prossimo, riconoscendo che “l’impresa è parte del problema ma è anche parte della soluzione: oggi l’impresa, nella ricerca della propria competitività, è chiamata ad assicurare la sostenibilità e l’impatto positivo delle proprie azioni attraverso la costruzione di relazioni armoniose con le persone, le organizzazioni, la comunità e il pianeta”. Questo virgolettato è tratto dal manifesto di The Good Business Acedemy, un’iniziativa frutto delle sinergie del mondo accademico e imprenditoriale, in partenza il prossimo gennaio 2023, come hub formativo che vuole farsi portavoce del cambiamento. Come esplicita Paolo Braguzzi, Co Founder e Coordinatore del Comitato Direttivo di The Good Business Academy, “l’impresa continua a creare valore economico, ma allo stesso tempo anche sociale e ambientale non come effetto collaterale di quello che fa, non come elemento accessorio, ma come parte integrante della sua ragion d’essere. Questo è ciò che distingue un modello “for good”, ad esempio, dalla CSR tradizionale, che è a livello teorico qualcosa di lodevole, ma che nella pratica – in buona parte dei casi – è stata asservita al marketing. Leggere alla voce Greenwashing, per esempio”.

La rete dietro The Good Business Academy nasce, sotto forma di associazione no profit, a gennaio 2022, mettendo insieme gli output di riflessione e progettualità maturate nel corso degli anni precedenti, inserendosi nel solco tracciato dall’Economia Civile e di Comunione. La sua interfaccia operativa è da ritrovarsi nel CUEIM, il Consorzio Universitario di Economia Industriale e Manageriale (CUEIM) di cui fa parte un network di 27 Università, e nelle imprese for good più evolute, rappresentate dalle B Corp NATIVA e InVento Lab. Informazioni più dettagliate sull’iniziativa (deadline d’iscrizione, costi, fruibilità del corso, ecc.) sono disponibili qui.

In definitiva, la consapevolezza che tramite un percorso di formazione deve essere attualizzata è quella per cui non si può creare valore economico facendone pagare il prezzo a qualcun altro, inquinando e creando diseguaglianza sociali. Bisogna, quindi, ridefinire i modelli di business, anche in funzione di un funzione di un vantaggio competitivo evidente: “la sostenibilità è una fonte d’innovazione straordinaria, e questo fa sì che queste aziende performino meglio delle altre”, conclude Braguzzi.

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