Usa, torna Trump: cosa cambia per i conti di retailer e consumi

Donald Trump (Shutterstock)
Inflazione, antitrust, tagli alle tasse e investimenti nella spesa sociale. L’impatto sui conti delle aziende e su quelli delle famiglie

L’esito delle presidenziali negli Stati Uniti avrà inevitabilmente un impatto sul mondo del retail. Ha vinto Donald Trump che in campagna elettorale ha proposto una prospettiva completamente diversa da quella di Kamala Harris su come gestire l'economia statunitense.

I dazi rischiano di essere un boomerang

In particolare, il neopresidente ha insistito molto in questa settimana sul tema dei dazi per proteggere il made in Usa. Se  insisterà sul punto, il rischio di un boomerang è elevato sia perché alzare le barriere commerciali comporterebbe una risposta analoga nel resto del mondo, sia perché le filiere globali comportano la formazione di extracosti se si creano complicazioni. La politica tariffaria di Trump sarebbe uno shock per i retailer, che si affidano a fornitori esteri. Ne risentirebbero soprattutto i prezzi dei beni alimentari come caffè e avocado, così come i prodotti di abbigliamento ed elettronica di consumo. Ogni aumento di 1 punto percentuale dell'aliquota tariffaria effettiva aumenterebbe i prezzi pce di base di 0,1 punti percentuali, secondo analisi di Goldman Sachs.

Tutto da decifrare, poi, l’impatto di eventuali, nuove leggi antitrust. L’amministrazione Biden ha bloccato la fusione Kroger-Albertsons da 25 miliardi di dollari, sottolineando il rischio di aumento dei prezzi per i consumatori. Anche se diversi economisti contestano questa chiave di lettura, evidenziando che le operazioni di M&A portano a una riduzione dei costi di struttura, con benefici non solo per i bilanci aziendali, ma, a cascata, anche per le tasche dei consumatori. Intanto una curiosità: a settembre, il secondo più grande donatore di Trump è stata Walmart, 83.908 dollari.

Occhio al ritorno dell’inflazione

Il futuro del retail dipenderà in maniera importante anche dalle dinamiche inflattive. Dopo una battaglia durata due anni e mezzo, il carovita si sta avvicinando all'obiettivo del 2% (2,4% a settembre, un decimale in meno rispetto ad agosto) indicato dalla Federal Reserve statunitense, che tra due giorni (il 7 novembre) dovrebbe decidere un nuovo taglio ai tassi ufficiali. Harris, invece, avrebbe voluto istituire un divieto di speculazione sui prezzi di cibo e generi alimentari. La politica rispecchia le norme in vigore in 37 Stati, che proibiscono alle grandi aziende di sfruttare crisi come inondazioni, uragani o pandemie, anche se poi è difficile stabilire un nesso di causa-effetto, per cui c’è da attendersi un impatto marginale sui prezzi al consumo nel loro insieme.

Entrambi i candidati proponevano soluzioni che avrebbero un impatto considerevole per il bilancio pubblico: Trump punta a meno tasse e Harris, invece, era orientata verso un incremento della spesa sociale. Entrambi i programmi puntavano su un incremento della moneta in circolazione e, quindi, un’accelerazione dell’inflazione, che andrebbe a pesare sulla capacità di spesa dei consumatori.

Inoltre, la deportazione di massa degli immigrati irregolari, proposta da Trump, rappresenterebbe uno shock negativo per molti settori: da una parte, molti operatori della distribuzione moderna faticherebbero a trovare personale, dall’altra dovrebbero alzare i salari per fidelizzare quelli già acquisiti o superare la concorrenza. In entrambi i casi si prospetta un impatto negativo sui margini degli operatori e sulla dinamica dell’inflazione salariale.

Cresce l'incidenza del prezzo nelle scelte

Non solo. Durante il biennio di iperinflazione 2021-2023, vi è stato uno spostamento degli equilibri dalla gdo tradizionale verso retailer più attenti ai prezzi come Aldi, Walmart e Temu. Un nuovo surriscaldamento dei prezzi potrebbe rilanciare questa dinamica. Infine c’è da considerare l’impatto negativo sui consumi. Secondo il Brookings Institute, l'impatto complessivo sul Pil degli Stati Uniti dovrebbe oscillare tra -0,1% e -0,4% il prossimo anno, con particolari accenti negli Stati a più alta immigrazione come la California e il Texas.

 

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome