Tutte le potenzialità e il valore della Dop e Igp economy

Dop Igp economy

Le Dop e le Igp con 824 marchi registrati impegnano 180.000 operatori nei 285 Consorzi riconosciuti, e rappresentano il 20% del valore agroalimentare nazionale, trainando l’export che segna un +2,5% con un volume di 9 miliardi di euro.

L’economia delle Dop, protagonista del rapporto Ismea Qualivita 2019, segna una crescita del 6% nel 2018, anno in cui ha registrato un valore alla produzione di 16,2 miliardi annui. “Il rapporto alla sua XVII edizione mostra un settore florido –ci dice Cesare Mazzetti, presidente fondazione Qualivita– le variazioni sono semplicemente tra i prodotti, ma tutto il mondo delle Dop e Igp continua a crescere, nonostante la crisi, e per l’Italia si conferma un comparto trainante, sia per valore sia per immagine”.

Si conferma dunque un trend di ascesa costante negli ultimi 10 anni nell’economia agricola italiana. Le peculiarità del 2018 vedono in evidenza la performance del comparto vino (+7,9% valore alla produzione dell’imbottigliato), e la tendenza ottima dell’agroalimentare (+3,8% valore alla produzione).

Stabile la quota delle esportazioni delle indicazioni geografiche che rappresentano 21% nell’export agroalimentare italiano. Anche qui, il contributo maggiore al risultato positivo è fornito dal comparto dei vini con un valore di oltre 5,4 miliardi, mentre più stabile è il valore delle DOP e IGP agroalimentari che si attesta sui 3,6 miliardi per un +1,2% annuo.

Sul podio, tra i prodotti, come sempre, il Parmigiano Reggiano Dop, seguito dal Grana Padano Dop, il Prosciutto di Parma per il food. Prosecco, Conegliano Valdobbiadene Prosecco Dop, Delle Venezie Dop svettano invece nella classifica dei vini.

L'importanza del territorio

Si riconferma lo squilibrio tra Nord e Sud del Paese. Le prime quattro regioni per impatto economico si trovano al Nord Italia (Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte) e concentrano il 65% del valore produttivo IG.

Le prime cinque province superano la metà del valore complessivo generato a livello nazionale dalle filiere Food e Wine Dop Igp: Treviso (1.763 mln €), Parma (1.389 mln €), Verona (1.155 mln €), Modena (782 mln €), Cuneo (686 mln €).

Tuttavia bisogna ricordare che il Sud ha più ampio margine di crescita, difatti, tra le regioni con un incremento superiore ai 100 milioni di euro in un solo anno troviamo la Puglia (+142 mln €), la Sicilia (+104 mln €) -trainate in particolare dagli ottimi risultati nel comparto vino- e la Campania (+105 mln €) con la Sardegna (+100 mln €) che registrano un trend positivo nel settore agroalimentare.

Indistinto invece l’impatto territoriale distribuito fra piccole realtà produttive e grandi distretti. L’analisi degli impatti economici territoriali elaborata nel Rapporto Ismea-Qualivita 2019, mostra come tutte le province in Italia hanno una ricaduta economica dovuta alle filiere Ig, come osserva Enrico Corali, presidente Ismea: “L’attenta analisi dei dati dimostra  una ricaduta economica positiva in tutte le provincie del nostro Paese, si delinea così un modello vincente che, con una osmosi tra piccole realtà produttive e grandi distretti, dà lustro al territorio e crea reddito”.

Quanto vale la Dop e Igp economy

Dal punto di vista del valore alla produzione l’agroalimentare italiano Dop Igp Stg nel 2018 raggiunge i 7,26 miliardi di euro e cresce del +3,8% rispetto al già positivo 2017, (ha un trend del +43% dal 2008). Il valore al consumo, pari a 14,4 miliardi di euro, conferma il risultato dell’anno precedente, mentre continua la crescita sul fronte export raggiungendo i 3,6 miliardi di euro per un +1,2% su base annua con le esportazioni agroalimentari DOP IGP che nel decennio dal 2008 hanno registrato un +218%. Un terzo delle esportazioni in valore è verso Paesi Extra UE (33%), mentre i mercati principali si confermano Germania (20%), USA (18%) e Francia (15%).

In ascesa anche per il valore alla produzione dei vini IG sfusi che si attesta su 3,5 miliardi di euro (+9,1% su base annua), con l’imbottigliato che raggiunge 8,9 miliardi di euro (+7,9%). La produzione complessiva vede le Dop superare i 16 milioni di ettolitri (+7,4%) e le Igp a 8,3 milioni di ettolitri (-10,3%) ma bisogna tener conto della trasformazione di alcune Igp e l’introduzione di nuove Dop in questo quadro. Bene l’export che nel 2018 raggiunge 5,4 miliardi di euro (+3,5%) su un totale di 6,2 miliardi del vino italiano nel suo complesso: i vini Dop Igp rappresentano il 74% del totale export vinicolo italiano in volume e l’87% in valore.

L’immagine dell’Italia nel mondo

Ancora una volta l’Italia conferma, a fine 2019, il primato mondiale per numero di prodotti certificati con 824 Dop, Igp, Stg nei comparti Food e Wine su 3.071 totali: oltre un prodotto su quattro registrato come Dop, Igp, Stg nel mondo è italiano. Nel 2019 sono state registrate 32 nuove Ig nel mondo, 24 Food (fra cui l’Olio di Puglia IGP in Italia) e 8 wine (fra cui il Nizza DOP in Italia). A questo proposito Mazzetti ricorda le numerose imitazioni dei nostri prodotti d’eccellenza che la Fondazione Qualivita è riuscita, in alcuni casi, a contrastare presso la Corte di Giustizia. “Abbiamo messo in luce anche gli accordi internazionali per il libero scambio, come quello con il Canada che ha portato, per alcune denominazioni, un aumento, mentre le più piccole non riescono talvolta ad incidere sui mercati stranieri”.

Un valore sui cui insiste anche la ministra delle politiche agricole, alimentari e forestali, Teresa Bellanova: “Questi prodotti sono la nostra identità e per questo sono così tanto apprezzati e anche imitati nel mondo; sono capaci di conquistare spazi globali e le loro radici nei territori e nelle filiere sono fortissime”. La ministra auspica che il comparto agroalimentare faccia da apriporta, con questi risultati, anche per l’industria dei trasformati con la valorizzazione in etichetta del connubio con le Dop e Igp.

Tuttavia il rapporto del prossimo anno e di quello successivo potrà interrompere questa curva decennale in ascesa se si protrae la situazione derivante dal Covid-19 come abbiamo fatto osservare a Cesare Mazzetti “Questa crisi alimentata da una cattiva comunicazione italiana, almeno iniziale, ha creato molto allarmismo all’estero; ora bisogna rimodulare con chiarezza la visione della situazione: prima di tutto ricordare, a livello internazionale, che il virus non si diffonde tramite le merci, successivamente agire verso l’interno del Paese, dove il crollo dei consumi fuori casa ha un riverbero importante sul nostro comparto, e su tutto l’alimentare in genere”.

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