Ubri (Unione brand ristorazione italiana) chiede al Governo l'estensione della cedolare secca agi esercizi commerciali e della 178 a tutto il territorio nazionale

Ubri-Unione brand ristorazione italiana chiede al Governo non i ristori, ma semplicemente (si fa per dire) l'applicazione anche ai negozi e ai locali della ristorazione    della cedolare secca, quel regime fiscale forfettario d'uso nel residenziale per cui si paga l'imposta sul 20% del canone netto annuo. “La crisi della ristorazione da temporanea è diventata strutturale, tanto più adesso con il forte rincaro dei prezzi energetici e delle materie prime -spiega Vincenzo Ferrieri, presidente di Ubri- chiediamo pertanto al Governo di sostenerci anzitutto sul tema locazioni, tema nodale, sempre rimasto inascoltato. Ci riferiamo alle nostre complessive 1.500 location distribuite sul territorio nazionale, i cui proprietari non sono mai stati chiamati a fare la loro parte, mentre noi imprenditori abbiamo dovuto sostenere i costi di locazione sia durante i lockdown che nelle lunghe fasi di picco pandemico (a locali aperti ma vuoti). Poiché anche in sede giudiziaria nessun ricorso si è risolto a nostro favore, chiediamo al Governo che consenta ai landlord di applicare la cedolare secca anche agli affitti di spazi commerciali, per poter condividere con noi affittuari il controvalore del loro risparmio sulle tasse".

Vincenzo Ferrieri, presidente di Ubri (Unione brand ristorazione italiana) e fondatore di Cioccolatitaliani

Un’altra proposta di facile applicazione e di maggiore equità, secondo Ferrieri, è quella di estendere la legge 178 (credito di imposta immediato per chi acquisisce beni strumentali e quindi per chi investe in sviluppo) agli imprenditori della ristorazione di tutto il territorio nazionale, non solo del Mezzogiorno. "È anacronistico -prosegue Ferrieri- ragionare in questo campo tra nord e sud, essere al nord se significa maggiori opportunità significa anche costi molto meno sostenibili di quelli che si trovano al sud, in particolare sul tema locazioni".

"Abbiamo dimostrato -conclude Ferrieri- senso di responsabilità verso le nostre imprese che si sorreggono in gran parte sul lavoro dei nostri addetti, giovani con un’età media di 23 anni (20.000 il totale dipendenti delle imprese rappresentate da Ubri), abbiamo cercato e trovato i fondi per investire appena la pandemia ci ha ridato respiro, ora abbiamo bisogno di essere riconosciuti e sostenuti attivamente, senza elemosine, ma con piani strutturali di lungo periodo perché la pandemia ha lasciato nelle nostre aziende delle perdite che vanno recuperate nel medio e lungo periodo. Piani che abbiamo messo a punto noi stessi, proprio nello spirito dell’impresa e non dell’assistenzialismo, perché siamo e vogliamo essere sempre più una parte rappresentativa del Paese, sia in Italia che all’estero".

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