In Usa preferiscono chiamarli “low sugar wines”. Diverso il nome ma medesimo è il soggetto: i vini no alcohol, o non vini, dato che in Italia, un vino, per essere tale, deve avere almeno 6 gradi (o anche più per determinate tipologie). Loro, assieme ai low alcohol, sono la tendenza del momento, che riscuote interesse crescente e consumi in aumento, specie dall’altro lato dell’Atlantico e nei Paesi del Nord Europa.
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Simei vetrina per i macchinari dei nolo
Anche il Simei, la fiera milanese di Unione italiana vini (Uiv) che espone macchine per l’enologia e le bevande, l’interesse non manca e le tecnologie per la dealcolizzazione registrano grande interesse, anche da parte dei buyer statunitensi in rappresentanza delle principali imprese vitivinicole Usa: da Constellation Brands a Francis Ford Coppola fino a Jackson Family. Una tendenza produttiva quella dei nolo (no e low alcol) che al Simei intercetta l’offerta made in Italy. D’altronde il nostro Paese, player di primo piano nelle tecnologie vitivinicole a livello globale, vuole rimanere della partita di un mondo della bottiglia che cambia.
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Esempi pratici
Libero è una delle ultime innovazioni per la produzione su larga scala dei dealcolati. Lavora a ciclo continuo togliendo l’alcol al vino. Omnia Technologies l’ha chiamato così perché “in grado di far gustare il vino senza vincoli”. Dicono dal gruppo che in fiera si riscontra un interesse senza precedenti, in particolare da Spagna, Grecia e Stati Uniti. “Anche i produttori italiani esprimono curiosità, ma la loro condizione di stallo non gli permette di azzardarsi oltre”. Anche per Vason, da cinquant’anni nel campo dell’industria enologica, l’interesse è consistente da parte di buyer spagnoli, argentini e addirittura indiani. “Il mercato c’è, in 2 anni l’interesse è lievitato -dice il presidente, Albano Vason- certo sarebbe ben diverso se l’Italia potesse competere ad armi pari”.