Un nome nuovo per un mestiere antico fedele ai fondamentali

Esperti – Il sistema dell’industria dei beni di largo consumo ha proposto il category management. Il ricorso ai "mondi" richiama il concetto. Ma la logica assortimentale prevale sul category. (Da MARK UP 194)

1. Reddito, segmentazione e merchandising = crescita dei consumi

2. La distribuzione controlla il consumatore

3. La logica assortimentale prevale sul category


Le componenti strategiche del marketing mix del commercio sono, in grande ma realistica sintesi, tre che elenco in ordine di importanza: la location, la gamma dei prodotti e il posizionamento del livello dei prezzi. In termini ancora più semplici si possono esporre come: cosa vendere, dove venderlo, a che prezzo.
Dare un senso a queste componenti e coordinarle in modo coerente con il contesto competitivo nel quale si opera, sono le chiavi certe del successo di tutte le forme di distribuzione. Pensare che la scelta di una di queste possa essere affidata o condivisa con terzi, diversi da chi ha la responsabilità delle strategie dell'impresa, appare cosa bizzarra. Eppure questo è riuscito, quantomeno sul piano concettuale, al sistema dell'industria dei beni di largo consumo che, per il tramite del sostegno ideologico del Food Marketing Institute, ha proposto un metodo e una strategia di condivisione delle scelte assortimentali della distribuzione che è passato con il nome di category management.

Controllare i consumatori
La rivoluzione distributiva ha indotto una profonda trasformazione della produzione industriale supportata dall'evoluzione della tecnologia, ma soprattutto dal sistema di vendita centrato sul grande despecializzato che, sostenuto dalla crescita del reddito delle famiglie, ha fatto esplodere i consumi grazie alle segmentazioni e al merchandising. Si è ribaltato, in pochi decenni, il rapporto di forza fra il sistema industriale, guidato dalle grandi marche, e quello distributivo sempre più concentrato che è andato gradualmente impossessandosi del controllo del consumatore.
Il passaggio di potere decisionale è stato gestito con molta abilità dalle grandi industrie di marca che, con il Food Marketing Institute, hanno teorizzato il principio della pariteticità del diritto di controllo delle filiere, inclusa la distribuzione, attraverso l'istituzione di organismi internazionali da cui sono scaturite quasi tutte le innovazione di sistema (Ean, Edi, Er) a monte del punto di vendita. I benefici prodotti dalla razionalizzazione della supply chain sono stati condivisi da entrambi e hanno aggiunto valore a tutta la filiera di prodotto, viceversa per quanto riguarda i rapporti con il consumatore i progetti di collaborazione (category management, Crm, generazione della domanda ecc.) vissuti con grande enfasi negli organismi che li gestiscono, non hanno intaccato la leadership della distribuzione, anzi si sono affermati i modelli di successo delle insegne integrate nelle quali tutta la filiera è controllata dalla distribuzione.
L'insieme di convegni, letteratura magistrale, accordi e sperimentazioni fra distributori e industrie di marca hanno modificato il lessico del settore e l'organizzazione degli acquisti con la malaugurata scissione delle funzioni del category da quelle del buyer, ma non la natura ultima delle relazioni fra industria e distribuzione e l'autonomia delle insegne o dei singoli imprenditori commerciali nella definizione e nella gestione degli assortimenti.

Category teorico
Confesso, tutti abbiamo famiglia, di aver tenuto anch'io corsi di formazione sui macchinosi principi del category, ma di aver sempre constatato nella pratica delle imprese come l'assortimento e tutto quanto ruota nella sua gestione, derivasse da una visione aziendale delle sue componenti.
L'articolazione degli assortimenti deriva dalla tipologia del punto di vendita che la offre e dal livello di servizio con cui è proposta al pubblico dei consumatori e l'efficacia della offerta dipende dalla qualità delle strategie di retail marketing che adotta in piena autonomia imprenditoriale. L'adozione del codice a barre e delle carte fedeltà ha messo a disposizione delle imprese di distribuzione una massa enorme di dati che consente l'autoregolazione dell'offerta, la sua continua ottimizzazione e di verificare, in tempo reale, la corrispondenza delle scelte adottate con i risultati di vendita.
Va tenuto conto che, nella formulazione e gestione degli assortimenti, esistono due ambiti diversi, quello del commercio associato, i cui punti di vendita selezionano i loro assortimenti nel “contenitore” del cedi, mentre in quello dell'impresa a succursali l'assortimento riproduce le strategie che determinano il posizionamento dei concept e viene gestito con regole e processi consolidati nel tempo. I due ambiti producono risultati profondamente diversi sia per quanto riguarda le rotazioni sia il mix del margine.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome