Un piano straordinario per il Made in Italy

Carlo Calenda, vice ministro del MISE, spiega le caratteristiche degli interventi e degli investimenti previsti per ampliare la presenza all’estero delle aziende italiane. Da Mark Up n.241
Calenda
Carlo Calenda, viceministro dello Sviluppo Economico

Carlo Calenda, classe 1973, romano, laureato in Giurisprudenza con indirizzo diritto internazionale, è viceministro dello Sviluppo Economico (MISE). Come Direttore dell’Area Strategica Affari Internazionali di Confindustria, ha lavorato sui principali dossier relativi al commercio e agli investimenti internazionali, accompagnando numerose delegazioni di imprenditori all’estero e sviluppando azioni di penetrazione economica nei principali mercati mondiali. È stato responsabile marketing di prodotto e programmazione per Sky Italia, responsabile relazioni con le istituzioni finanziarie e Customer Relationship Management della Ferrari. Entrato in politica con Scelta Civica, oggi è impegnato nel sostenere il nostro Made in Italy.

Vice Ministro Calenda, quali sono oggi le azioni che state attuando per sostenere il Made in Italy a livello istituzionale, di imprese e territorio?
L’export italiano va molto bene e negli ultimi tre anni abbiamo registrato dati importanti, ma, nonostante questo, esiste un potenziale ancora inespresso. Le aziende che esportano in maniera stabile e strutturata sono circa 14.500, mentre ce ne sono altre 59.000 con tutte le caratteristiche idonee per internazionalizzarsi. Se si riuscisse ad aiutare questo gruppo di imprese ad andare sui mercati esteri, avremmo un’Italia molto più indipendente dalla domanda interna. Per raggiungere questo obiettivo, abbiamo varato un innovativo Piano Straordinario per il Made in Italy.
Una delle prime azioni messe in campo è stata quella di entrare in contatto direttamente sul territorio con queste aziende in ogni provincia d’Italia, per presentare loro i servizi offerti dal Sistema Paese, e in particolare da ICE, SACE e SIMEST, e per mettere in contatto ognuna di loro con un account.

Cosa è esattamente un account?
Si tratta di funzionari dell’ICE formati appositamente, che offrono assistenza alle aziende interessate ad avviare un percorso di internazionalizzazione. Un secondo fattore molto importante è stato il lancio di voucher per il temporarily export manager: molte aziende non hanno la possibilità di investire ogni anno cifre rilevanti per una figura professionale di questo genere. Esistono in Italia società che offrono questo servizio su base temporanea con l’obiettivo, almeno in una fase iniziale, di sviluppare adeguate strategie commerciali. Il Ministero dello Sviluppo economico sosterrà economicamente quelle aziende che decideranno di avvalersi di queste figure professionali.

Quali sono le altre caratteristiche di questo Piano Straordinario per il Made in Italy ?
Abbiamo deciso di puntare sui principali 30 eventi fieristici italiani, con un rilancio e un potenziamento della loro capacità di penetrazione sui mercati internazionali, a partire da un aumento significativo del numero di buyer stranieri. Spendiamo su questo capitolo di bilancio circa 50 milioni di euro e sono state stabilite chiare regole d’ingaggio: le manifestazioni devono essere leader nel loro settore, non devono essere in concorrenza tra loro e quando si propongono all’estero devono farlo sinergicamente.

Un nuovo ruolo per l’ICE ...
È stato portato avanti un lavoro profondo di razionalizzazione del personale e del numero delle sedi in Italia, abbattendo i costi ma aumentando i servizi per le imprese. L’azione dell’ICE è concentrata adesso sulla formazione di personale in grado di assistere le imprese, con adeguati strumenti di misurazione della performance. Infine, è in corso un cambiamento di tutta la rete estera. Infine, è in corso di cambiamento di tutta la rete estera.

In questo nuovo contesto, che ruolo può svolgere la gdo internazionale per sostenere i nostri prodotti?
Dall’analisi dei mercati internazionali è emerso, per esempio, che quello statunitense ha un potenziale molto alto, ma ancora poco sfruttato: proprio qui la distribuzione moderna può giocare un ruolo strategico. Proprio per questo motivo il nostro Piano prevede un finanziamento straordinario per contrattare con i distributori un quantitativo addizionale di prodotti del Made in Italy rispetto a quello già programmato, compresi nuovi brand da inserire nel sistema di distribuzione. Tutto ciò accompagnato da apposite campagne promozionali, anche volte a contrastare il cosiddetto Italian sounding. Con un investimento di circa due milioni di euro, si riescono a ottenere acquisti aggiuntivi di quasi cento milioni.

Il Piano Straordinario per il Made in Italy ha una dotazione finanziaria di 260 milioni di euro. Conferma?
Abbiamo già impegnato 215 milioni di euro per il 2015, circa l’85% della dotazione finanziaria complessiva. L’impegno finanziario continuerà anche nei prossimi due anni.

Quali sono le nuove aree di sviluppo del made in Italy?
Oggi le nostre attenzioni sono rivolte al Nord America, cioè Canada e Stati Uniti, ma stiamo lavorando anche con il Giappone, oltre che con altri Paesi come Messico, Perù, Colombia, Malesia, Indonesia.

Quali le future mosse del Governo italiano per attrarre nuovi investimenti nel nostro Paese?
Anzitutto è necessario definire con certezza chi si occupa di attrazione degli investimenti. Adesso in Italia questa attività è esercitata dall’ICE, che ha una linea di business dedicata e un piano preciso di sviluppo, con un approccio moderno per attirare capitali. In questo percorso, un altro tassello importante è rappresentato dal Comitato interministeriale costituito presso il MISE per risolvere in maniera sinergica le difficoltà che incontrano gli investitori stranieri che vogliono impegnare risorse economiche in Italia.

Quale il valore del TTIP per l’Europa e l’Italia?
Si tratta di un’occasione di rilancio degli scambi tra due importanti aree economiche, oltre che di stimolo alla produzione e all’occupazione. Per l’Italia, se si realizzasse uno scenario di eliminazione dei dazi o di una significativa riduzione delle barriere non tariffarie, l’intesa inciderebbe in maniera importante sulla futura crescita, fino a sfiorare il mezzo punto percentuale per la nostra economia. L’Italia sarebbe tra i Paesi UE che maggiormente guadagnerebbe da questo trattato, ambizioso e di ampia portata, per via della nostra specializzazione nell’export verso gli USA e per i livelli di dazi che colpiscono alcune produzioni del Made in Italy. Al di là della valenza economica, il TTIP potrebbe inaugurare una nuova fase di apertura negli scambi internazionali e la partnership transatlantica non deve lasciarsi sfuggire l’occasione di guidare questo processo. Occorre fissare nuovi standard di libero commercio cui dovranno adeguarsi le altre aree economiche. Abbiamo accettato per anni la forte concorrenza dei Paesi emergenti per espandere i mercati e allargare la base dei consumatori. Ora dobbiamo massimizzare i guadagni che possono venire all’Italia e alle economie mature da una nuova fase della globalizzazione.

Questione Russia: quali le soluzioni possibili?
Non si tratta di una guerra commerciale: le sanzioni sono nate dalla politica ed è la politica che deve trovare soluzioni adeguate.

Il punto sulle relazioni con l’Unione Europea.
Le relazioni con i nostri partner europei sono buone, ma, come ho detto quando ho presieduto il Consiglio del commercio durante il semestre italiano, l’Europa deve definire la sua politica commerciale. È un punto su cui l’Italia si batte da diverso tempo.

La pressione fiscale diminuirà? 
Si, è un obiettivo del governo. È già stato fatto un piano di decontribuzione che sta incidendo sulle nuove assunzioni ma è chiaro che operazioni future dovranno essere realizzate rispettando gli equilibri di finanza pubblica.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome