Una value proposition distintiva. La sfida del retail nel 2020

Secondo McKinsey il processo di razionalizzazione delle reti e della revisione dei format non si fermerà. Ma tutto ciò non basta senza un ecosistema (da Mark Up n. 285)

Il settore del largo consumo e della distribuzione sta vivendo da anni una difficoltà diventata ormai strutturale, correlata al calo dei consumi e del potere di spesa. Il passaggio della rete di vendita di Auchan a Conad, avvenuto nel 2019, non solo rappresenta il più importante deal dal Dopoguerra ad oggi nel mondo della gdo italiana, ma è un segno di un cambiamento epocale. Mark Up ha incontrato Marco Catena, partner di McKinsey per delineare l’orizzonte temporale del prossimo anno.

In che stato si trova la gdo in Italia?

In generale, la distribuzione alimentare e il grocery in Italia sono mercati molto frammentati e costituiti soprattutto da operatori locali con dimensioni sotto la scala minima. Questo può determinare una marginalità molto bassa, che non solo impedisce lo sviluppo e rende meno competitivi diversi soggetti, ma mette in difficoltà l’intero settore con tutte le filiere che lo compongono. Una situazione che, teoricamente, favorisce operazioni di fusione ma queste, per potersi realizzare, richiedono condizioni non sempre presenti.

E i consumatori? Qual è il grado di fiducia attuale?

Rispetto agli altri Paesi Ue, il consumatore italiano esprime un grado di fiducia inferiore. Ma non siamo in una fase calante, piuttosto in una situazione stabile di attesa rispetto agli eventi macroeconomici. Si assiste inoltre a una migrazione dei budget dal largo consumo al leisure, con conseguente crescita dei servizi correlati. Nel mondo del grocery, il consumatore vive un momento di iper-offerta, con i player che operano in un contesto di forte competizione.

I retailer come vivono la fase in corso?

Vi è stata una presa di coscienza di quanto l’eccessiva pressione promozionale abbia abbassato i margini e aggredito i fondamentali di tutta la catena del valore del largo consumo. La strategia di preservare i volumi non ha pagato, andando a incidere sui conti economici. A fronte di ciò i retailer hanno attenuato le campagne promozionali e modificato le modalità con cui sono indirizzate al mercato. E, insieme ai retailer, l’intera filiera ha preso parte a questo cambio di rotta.

Ma la promozionalità è sempre una leva fondamentale?

In misura minore e con maggiore scientificità. I retailer hanno iniziato a lavorare in modo più mirato e ciò sta determinando una traslazione dei kpi di riferimento. Come detto, non solo i volumi, ma anche l’efficacia da più punti di vista, con ricadute trasversali sul business. Tuttavia, un approccio diverso dalla leva promozionale è necessario per la sostenibilità del conto economico, ma dovrebbe essere accompagnato da altre iniziative.

Su quali elementi la distribuzione deve intervenire?

Sono tre gli ambiti principali su cui lavorare: la value proposition, la struttura dei costi e l’ecosistema di partner.

Partiamo dalla value proposition...

Anche in questo caso, sono almeno tre gli elementi di sviluppo per una value proposition efficace. In primis un posizionamento value for money: il retailer deve presentarsi al consumatore in modo netto e preciso, così che gli elementi di distintività emergano chiaramente. Inoltre, occorre sviluppare il concetto di ultra convenience, quindi revisionare l’approccio alle superfici per ogni declinazione dei format.

Cosa si intende per ultra convenience?

Significa la massima declinazione del concetto di prossimità. Il consumatore deve sperimentare un effettivo vantaggio di tempo da tutti i punti di vista, non solo nella shopping experience ma anche nella customer experience, nel consumo della spesa acquistata. Quindi un assortimento che preveda anche prodotti pronti al consumo, di ultima generazione.

Soffermiamoci sulla quinta gamma. Qual è la valenza?

Sicuramente molto elevata, ma dipende dai mercati e dalle culture culinarie. Per esempio, in Italia, i soggetti che tipicamente in famiglia si occupano della cucina -le madri- tendono a mantenere il controllo delle preparazioni soprattutto per i figli e scelgono la quinta gamma in misura minore di quanto vorrebbero. Ma l’evoluzione sociale e la trasformazione demografica stanno cambiando la situazione, anche per la riduzione dei componenti dei nuclei familiari.

Torniamo ai punti di vendita. Come riconsiderare le superfici?

In linea di massima, fino ad oggi, i destination store sono stati progettati con ampie superfici che si traducono in costi elevati. Ma le esperienze in atto dimostrano che, in diversi casi, i destination store non stanno performando adeguatamente a causa dell’entità dei volumi, essenzialmente perché non è presente un bacino di utenza sufficiente a sostenerli. In questi casi occorre ridurre le superfici e sviluppare al massimo l’omnicanalità.

Veniamo alla struttura di costo dei format. Come riconsiderarla?

Questo è un tema importante che presenta alcune aree di miglioramento in qualche caso trascurate. Ridurre la superficie sicuramente impatta positivamente sui costi, ma non può sempre essere la soluzione ottimale. Piuttosto occorre investire molto in tecnologie digitali nel back office. In Italia si parla moltissimo di digital transformation della shopping experience sul versante del front end. Ma nel motore del punto di vendita, dove ci sono i processi, si rileva meno attenzione. In questo contesto esistono infatti margini di efficientamento e risparmio molto importanti.

La struttura di costo deve fare i conti anche con il cambio dei business model?

Sicuramente. Questo è un punto focale. Oggi i retailer alimentari e del grocery sono chiamati spesso a implementare un retailing differente da quello che tradizionalmente hanno attuato negli anni. Per esempio, introducendo la ristorazione o shop-in-shop più specialistici. Ma, in generale, un’evoluzione dei business model è molto difficoltosa in quanto spesso le competenze per attuare tali trasformazioni non sono sufficienti. A ciò si aggiunge una struttura di costi sbilanciata, che limita gli investimenti e lascia poco spazio di manovra.

Sembra un vicolo cieco ...

In realtà la situazione può essere affrontata attraverso la creazione di un ecosistema costituito da partner esterni, sia di settori attigui sia tecnologici, in grado di consentire di scaricare a terra le potenzialità che il mercato prospetta. Occorre agire con flessibilità e velocità, ma il mercato chiede di rispondere a queste sfide senza incertezze.

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