Usati sì, purché siano firmati

Abbigliamento alternativo – Si chiama swishing ed è il nuovo passatempo delle manager anglosassoni: anticrisi e sostenibile, garantisce il riciclo di abiti usati sì, ma di grandi stilisti. Per restare alla moda senza svuotare il proprio portafogli di Gucci.

Le immaginate le quattro manager supermodaiole di Sex & the City, tormentone preestivo, a rovistare negli scatoloni di vestiti usati in un polveroso negozio di beneficenza alla ricerca di un top glamour? Mica tanto eh? Eppure, la crisi morde anche le collezioniste di Manolo Blahnik (i mitici sandali da 500 dollari di cui Carrie non poteva fare a meno).

Anche le più indurite anti-fashionistas tremerebbero però davanti a uno stand carico di abiti e accessori firmati che si possono prendere e portare a casa senza spendere un centesimo. Pazzesco? Non proprio: si chiama Swishing (in inglese è il fruscio della seta, ma vuol dire anche “alla moda”) e funziona così: si organizza un incontro o “festa”, si lanciano gli inviti ad amiche e conoscenti, sul web o via social network, e si invitano le partecipanti a portare, al posto della classica bottiglia di vino, uno o più abiti o accessori “puliti, in buono stato e carini" (leggi firmati) che giacciono nell’armadio da troppo tempo perché non piacciono più o magari non son più della taglia giusta. A quel punto parte il baratto: un abito da sera per una giacca, due paia di scarpe per una borsa, ognuno prende quello che più gli piace e se lo porta a casa.

Moda sostenibile vs fast

L’ultima mania per ricche sfaccendate? Non proprio (o non solo), perché uno dei cardini del progetto, non a caso lanciato dalla Ceo di un’agenzia di pr che opera esclusivamente nel settore “green”, è proprio la sostenibilità. Rifornirsi di abiti e oggetti riciclati insomma lascia vergine la propria carbon footprint (la CO2 prodotta con le proprie attività), cosa che non succede acquistando un capo nuovo, passato attraverso inquinanti processi di produzione e trasporto. Per non parlare dei costi sociali inevitabili quando si fa fabbricare un abito in Cambogia per pochi dollari. Insomma, è questo, se vogliamo, un tentativo (partito dal basso, dal consumatore) di contrattacco della moda “alta” e glamour contro il fast fashion, “modernizzata” da qualche precauzione (finanziaria) e preoccupazione (ambientale), e diffusa dal grande megafono comunicativo, il web. Più umana e meno “commerciale” di eBay, se vogliamo. L’”antico” baratto è morto, viva il baratto…

In Italia si barattano anche le vacanze

  Gli “swishing parties” sono all’ordine del giorno nel Regno Unito (nel sito www.swishing.org solo
nei primi 15 giorni del mese ne sono segnalati 12, al pub, in hotel,
perfino in biblioteca). Da qui, dove il termine è stato coniato due o
tre anni fa, si sono diffusi negli Stati Uniti, in Australia e
Giappone.
In Italia l’esigenza c’è, se si deve credere agli appelli
(sporadici, per ora)
su forum chat e blog (“la mia borsa di Burberry...costerà sui 600 euro,
l'ho comprata 2
anni fa e messa 3 volte, è nuova! ma a 600 euro non la comprerebbe
nessuno, se la vendo a 400 la deprezzo allora ho pensato la
scambio!!!!!!).
Ha colto invece l’idea in modo sistematico e con
l’identica filosofia eco-risparmiosa il milanese Atelier del Riciclo
che dopo avere organizzato un vero e proprio swishing (con biglietto a
10 euro) sul tram in occasione della settimana della moda lo scorso
settembre, replica con Swap Vacanze: dal 10 al 12 giugno a Milano sui Navigli si barattano case vacanza, posti in barca a vela, parei o costumi da bagno.

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