Vino, insegnamo agli altri Paesi a berlo “bene”

Intervista – Il presidente di Federvini, Lamberto Vallarino Gancia, punta a una maggiore educazione al consumo per sconfiggere i venti del neo-proibizionismo

Il vino italiano si sta comportando bene, cresce in qualità e in valore dell'export, ma deve recuperare un po' di consumi all'interno dei nostri confini e fare sistema, per proporsi sul mercato internazionale in modo più incisivo, fronteggiando i venti di un nuovo proibizionismo che soffiano dal Nord. Si può sintetizzare così il pensiero di Lamberto Vallarino Gancia, presidente di Federvini, la federazione italiana dei produttori ed esportatori di vini, acquaviti, liquori, sciroppi, aceti e affini (www.federvini.it).

Come si consuma il vino nel nostro Paese?

Teniamo sotto costante monitoraggio la situazione con indagini di mercato che evidenziano una costante evoluzione dei consumi, guidati sempre di più dalla ricerca di una maggiore qualità. Si sceglie con più attenzione, ma si beve meno rispetto al passato. L'offerta è sempre più differenziata su varie fasce di prezzo, offrendo così al consumatore l'opportunità di scegliere anche in base alla propria disponibilità di spesa, mentre rimane prevalente la richiesta del formato in bottiglia da 75 cl. La ricerca di una qualità accessibile si riscontra anche nella sempre maggiore diffusione di linee private label, contrassegnate dai marchi delle grandi reti di distribuzione, che privilegiano sempre più vini importanti, e non soltanto a basso costo.

Quali sono i fattori che determinano la ricerca sempre più spinta della qualità?

Il vino non è più visto come un alimento, come avveniva fino a non molto tempo fa. Ora è considerato fonte di piacere e anche di evasione, capace di regalare un momento spensierato ed edonistico in un'epoca obiettivamente difficile. Non è qualcosa che si compra esclusivamente al supermercato, ma che si cerca sempre più diffusamente al ristorante, nei wine bar, con lo scopo di degustare più che di bere. In questo, noi italiani abbiamo trovato uno stile di consumo molto particolare, che ci distingue dalla gran parte del resto d'Europa, dove invece il bere è ancora legato alla quantità. Una cattiva abitudine da tenere sotto controllo, certo, ma che non deve diventare il pretesto per un nuovo probizionismo.

Federvini come si pone di fronte alla spinta a una sempre più rigida regolamentazione dei consumi di alcolici?

L'idea è promuovere i valori tipici del consumo italiani e farli diventare un modello anche per l'Europa. Mi riferisco soprattutto allo stile mediterraneo, cioè al fatto che il vino fa parte di un modo di alimentarsi sano, naturale e buono, che tutti ci riconoscono. Non solo, il vino da noi è anche consumato in modo conviviale, tra gli amici, nelle famiglie, per socializzare e non per indulgere all'alcol. Sotto questo punto di vista, il nostro è anche un consumo responsabile. Ecco: stile mediterraneo, famiglia, bere responsabile sono i tre capisaldi con i quali comunichiamo e proponiamo il vino, anche attraverso iniziative specifiche, sia in Italia sia all'estero. In Italia, abbiamo creato una sezione del nostro sito dedicata allo stile mediterraneo e prodotto una app per aiutare i giovani a un consumo responsabile. Si chiama Drink Test (drinktest.it) ed è stata sviluppata insieme con la Fondazione Umberto Veronesi e 3 Italia. A livello europeo, abbiamo avviato due iniziative, denominate Wine in Moderation (wineinmoderation.eu) e SpiritsEurope (www.spirits.eu), una per i vini e l'altra per i liquori, per diffondere i concetti del consumo all'italiana.

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