Vino made in Italy: le difficoltà post Brexit

Cosa è cambiato per il settore del vino dopo la Brexit? L'export ne ha risentito? In che termini? A queste domande risponde l'inchiesta della Uiv

Il settimanale di Unione italiana vini (Uiv) ha intervistato produttori, importatori e spedizionieri per raccontare com'è cambiata la situazione del settore dopo la Brexit. Tra le testimonianze vengono riportate quelle degli spedizionieri con le associazioni Confetra, Assocad e l’operatore Mail Boxes e dei produttori Zonin1821, Serena Wines, Schenk e Fratelli Martini.

Ne emerge un quadro disarmante che fa registrare tempi dilatati e code per operazioni doganali, nuove norme fitosanitarie, burocrazia e costi extra. Crescono, quindi, le difficoltà per l'export del vino made in Italy su più fronti: da quello logistico a quello informatico. Nel primo caso l'associazione cita l’eurotunnel che viaggia a rilento e il sistema doganale inglese che sta soffrendo sotto il carico del nuovo lavoro, nel secondo caso non giova il disallineamento tra sistemi Ue e Uk.

L'articolo evidenzia anche nuovi costi del sistema di sdoganamento sottolineando anche lo spettro del cambio di formula sugli accordi di gestione del trasporto e delle pratiche doganali con nuovi oneri a carico delle imprese, anche a seguito dell’adeguamento dalla formula “ex-works” alla FCA (free carrier).

L'inchiesta riporta anche la versione della WSTA, associazione che riunisce oltre 300 tra importatori, distributori e aziende di trasporto del settore wine and spirit inglese, più serena sul fronte sistema delle accise dove, pare, si sta lavorando con il governo per renderlo più equo.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome