Vintage marketing, esempio efficace di eco-marketing

Esperti – Si guarda al passato per alimentare i consumi del presente. L’effetto nostalgia è utilizzato per lanciare o rilanciare un prodotto sul mercato. (Da MARK UP 183)

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Il target non corrisponde necessariamente alla generazione che ha conosciuto il prodotto

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Per i prodotti di nicchia o di alto valore il canale migliore è il negozio specializzato

Tepa sport, le scarpe italiane che gli attuali quarantenni calzavano quando facevano educazione fisica a scuola, sono riapparse in comunicazione; la Spuma, la bibita che si beveva trent’anni fa all’oratorio o nei bar, prima e dopo una partita di calcetto, ha aperto un corner di degustazione in Rinascente. Ha suscitato scalpore il passaggio dei panettoni Motta da Nestlè a Bauli: il grande pubblico ha scoperto che questo storico marchio non solo non era più italiano ma che negli anni era stato venduto ad aziende di settori diversi (ristorazione, prodotti da forno, gelati, prodotti da ricorrenza). Il marketing guarda al passato per alimentare i consumi del presente, l’effetto nostalgia insito nella moda del vintage è diventato tecnica commerciale abituale per lanciare o rilanciare un prodotto sul mercato. Il passato è un armadio zeppo di ricordi e simboli da utilizzare nel presente, i media, come televisione e internet, producono i loro contenuti continuando ad attingere a fonti retro: è un immaginario addirittura tematico per annata (i Sessanta, i Settanta, gli Ottanta e tra poco i Novanta) che si incrocia con prodotti, film, telefilm, canzoni, cartoni animati.

Il passato come fonte d’ispirazione

Si lavora per immagini ricostruendo un passato che non è solo storia, ma fonte d’ispirazione per una reinterpretazione nostalgica del moderno: non è necessario che si sia condiviso lo stesso stile e le medesime abitudini in materia di vestiario, alimentazione, e cultura pop: l’importante è averne il ricordo e la sensazione. Il target cui si rivolge il vintage marketing non coincide necessariamente con chi conosce il prodotto fin dalle sue origini: anzi, chi acquista molto spesso non era ancora nato quando il prodotto veniva lanciato e commercializzato. Poco importa. Il meccanismo funziona tanto da diventare tecnica di marketing: oggi non solo la fase di obsolescenza del prodotto non esiste più, ma fin dall’inizio, per esempio in settori come la moda, viene già pianificata una seconda vita del prodotto dopo 5-10 anni dal suo lancio.

Verrebbe da dire che siamo nell’eco-marketing, il riciclo che non inquina…Questa nostalgia postmoderna da una parte è una medicina che ci aiuta e rassicura nell’affrontare l’incertezza della nostra epoca, dall’altra è un indice della difficoltà di innovare: ragionando solo a livello di valori del brand è evidente la difficoltà nel creare casi di successo contemporanei. I veri brand globali sono pochi, i rivoluzionari di una volta (per esempio, Nike, Apple) oggi sono Stato, le private label imperversano. Fino a qualche anno fa si predicavano i brand tascabili e flessibili alla Guru. Poi si è visto com’è andata a finire. È più facile quindi puntare sul passato, anche perché in molti casi si tratta di rilanciare marchi e prodotti di valore che per mille motivi erano scomparsi dal mercato, schiacciati dai meccanismi dei mercati globali che impongono fornitori e canali omogenei. Parlo in questo caso di marchi/prodotti “veri” e non delle aziende che ricorrono all’immaginario vintage solo per vendere: in questi casi anche i canali di vendita sono quelli della nostalgia. Per prodotti di nicchia dall’alto valore esperienziale la distribuzione moderna sta un po’ stretta, meglio il canale tradizionale specializzato.

*M&T

I gol di Paolo Rossi

www.anni80.info è uno dei più interessanti fra i siti dedicati al decennio che sta tornando in auge anche per i tanti avvenimenti storici e culturali, belli e brutti: i mondiali di calcio vinti dall’Italia (1982), l’assassinio di Indira Gandhi, il ritiro dell’Urss dall’Afghanistan. Nostalgia allo stato puro di eventi che presi singolarmente hanno fatto storia, anche nel quotidiano meno impegnativo come la prima serie dei cartoni di Mazinga o la commercializzazione del cubo di Rubik.

Subbuteo

Ci abbiamo giocato tutti ma qualcuno non ci ha più creduto davanti all’avanzata dei videogiochi… così nel 2000 è terminata la produzione, oggi però dopo varie vicissitudini è distribuito con altro nome da una società italiana con il nome Zëugo mentre in edicola è stato rilanciata l’edizione vintage.

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