Welfare aziendale, uno strumento per affrontare il lavoro che cambia

La dimensione lavorativa dovrà dare sempre più risposte sganciate dal reddito soprattutto sulle nuove generazioni scevre ai compromessi sugli stili di vita

Il mondo del lavoro si sta complicando più di quando si potesse immaginare solo dieci anni fa. Alla base vi sono due elementi portanti: le aspettative delle nuove generazioni e l'insussistenza dei salari ormai fuori contesto. Basti pensare che in Italia, dall'inizio della prima grande crisi economia mondiale del 2007 fino allo scoppio della pandemia nel 2020, il reddito da lavoro dipendente è crollato del 10% (dati Istat). Poi la pandemia, le casse integrazioni ripetute e infine l'inflazione, hanno dato il colpo di grazia al potere di acquisto della popolazione che vive da reddito da lavoro. Anche peggio è andata per i lavoratori autonomi (con grandi differenze tra categorie e soggetti), mentre ha resistito solo il reddito da pensione e trasferimenti pubblici quali le misure di sostegno.

Condizioni di vita e reddito delle famiglie - Anni 2020 e 2021 - Istat

Al di là di valutazione macroeconomiche e di prospettiva, materia per gli esperti economisti, l'andamento dei salari dice una cosa precisa: il reddito da lavoro è stato così svalutato negli anni, da indurre persino ad un cambio di percezione circa l'utilità stessa per generare risolvere la dimensione economica personale e famigliare. Da qui la ricerca di nuove fonti di reddito con tutti i fenomeni che si possono osservare soprattutto nelle grandi città. Secondo elemento di fondo: le aspettative delle nuove generazioni. Queste non intendono approcciare il lavoro come hanno fatto le generazioni precedenti e se il reddito non dà più le risposte economiche, la gratificazione in quello che si svolge, l'autonomia e la flessibilità non sono rinunciabili. Da qui tutti i fenomeni di cui si parla negli anni 20: great resignation, big quit, quiet quitting e chi più ne ha ne metta.

Se il reddito da lavoro "sta finendo", al contrario il lavoro "non finisce" e anzi, soffre un disallineamento tra domanda e offerta. E soprattutto un mondo del lavoro che, una volta investito sulle persone in termini di inserimento e formazione, non potendo trattenerle in modo forte con la leva del reddito, deve trovare altri strumenti di attrattività.
Secondo gli esperti e i portatori di esperienze reali, è il welfare aziendale la leva più efficace per trattenere i lavoratori. Un dato emerso durante l'incontro "Welfare & HR Summit" organizzato da IlSole 24 Ore, il welfare aziendale utile soprattutto per offrire un bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata nel contesto famigliare. Tra i vari interventi alcuni insight importanti. Vediamoli.

  • Il welfare aziendale ha molteplici forme ma deve trovare un sostegno pubblico nella realizzazione dei progetti.
  • Sostenibilità e inclusione sono elementi strettamente legati ai temi di welfare aziendale.
  • Il welfare aziendale ha un impatto positivo sulla produttività come evidenziato dal Welfare Index Pmi 2022: l'utile delle aziende con livelli di welfare elevato risulta doppio rispetto a quello con welfare base.
  • La formazione è uno strumento basilare per valorizzare il capitale umano inserendolo in un contesto a elevato welfare.
  • La flessibilità non è solo uno strumento di welfare aziendale ma anche strumento fondamentale per le imprese nell'affrontare le sfide dei mercati.
  • Un passaggio complesso è passare dalla logica del controllo alla logica del risultato.

Occorre poi molta creatività organizzativa perché sullo sfondo, al di là dei progetti di welfare aziendale che si possono immaginare, tutto il sistema produttivo italiano deve fare i conti con un debito pubblico imponente e forse ormai insostenibile. Se non a livello finanziario, per le ricadute economico-sociali complessive.

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