Chi sono (davvero) i giovani italiani quando si tratta di lavoro e ambiente

Preoccupati per il carovita e di essere poco formati dalle aziende, ma pronti a guidare il cambiamento: GenZ e Millennial dai dati del nuovo studio Deloitte

Carovita, crisi climatica e lavoro: i temi che occupano i pensieri di giovanissimi e giovani adulti non sorprendono, perché sono quelli che preoccupano un po' tutta la popolazione. Come evidenziato bene anche dai dati NIQ e Gfk presentati a Linkontro 2024, però, ci sono target più colpiti di altri in quanto a perdita del potere di acquisto, in particolare le famiglie con figli piccoli (di solito, appunto, con genitori Millennial). Va da sé, poi, che le generazioni meno mature, con più anni di progettazione davanti, subiscano maggiormente la mancanza di riferimenti stabili e l'incertezza del contesto economico-geopolitico.
A tracciare un quadro della situazione e dell'approccio che Zeta e Millennial hanno appunto in merito a caro vita, clima e lavoro è la tredicesima edizione del relativo studio Deloitte, che per la prima volta indaga il percepito di questi due gruppi anche sul tema dell'Ai generativa. Vediamo i punti salienti emersi a seguire, che si offrono alle aziende come guida non solo nel rapporto con i consumatori, ma con potenziali risorse di talento.

Il lavoro ibrido è considerato "new normal" e non ci si sente adeguatamente formati dalla propria azienda

"Per GenZ e Millennial il work-life balance, la salute mentale e la possibilità di lavorare da remoto sono ormai considerati priorità quando si sceglie un datore di lavoro. Grande importanza è attribuita anche al 'purpose', ovvero all’insieme di valori che caratterizzano l’azienda di cui si fa parte e che danno al professionista 'un senso' che va al di là della retribuzione economica. Per i giovani quest'ultimo ha un valore e un ruolo molto più significativo rispetto alle generazioni precedenti", sottolinea Paolo Galletti, chief human resources officer e people and purpose leader di Deloitte.
Guardando ai numeri, a circa 6 intervistati italiani su 10 è stato chiesto di tornare a lavorare in sede, ed è più probabile rispetto alla media globale che lavorino completamente in presenza. Gli intervistati italiani tendono a sentirsi più coinvolti e ad apprezzare la comunicazione diretta in sede di lavoro, ma ritengono anche che ciò abbia un impatto negativo sul loro benessere mentale e sulle loro finanze. Così, oggi in Italia lavora completamente da remoto circa il 10% della GenZ e il 9% dei Millennial, il 33% della GenZ e il 30% dei Millennial è in un regime di “lavoro ibrido”, mentre il 57% della GenZ e il 61% Millennial è tornato a lavorare sempre in presenza. Tra gli effetti positivi del rientro in ufficio, secondo gli intervistati, ci sono un “maggiore coinvolgimento e connessione con l’organizzazione”, “la comunicazione dal vivo sul lavoro” e “più collaborazione e interazione sociale con i colleghi”. Tra gli aspetti negativi menzionati vi sono “l’aumento dei livelli di stress”, un “maggiore impatto finanziario” e un “calo di produttività”.
Lo stress lavorativo per gli orari giudicati troppo lunghi e per la percezione di un mancato riconoscimento professionale contribuisce a livelli di benessere mentale che tra i giovani italiani risultano sotto la media Ue. Gli intervistati italiani, inoltre, sono meno propensi della media globale a ritenere che il loro datore di lavoro prenda sul serio la propria salute mentale: lo pensa il 49% dei GenZ e il 40% dei Millennial. Infine, da notare che meno della metà pensa che il proprio datore di lavoro li stia formando adeguatamente. Anche l'Ai generativa, da questo punto di vista, è guardata come opportunità di svolgere lavori meno noiosi da un lato, ma anche come minaccia a molti posti di lavoro (ambivalenza in linea con quella che sembra essere una percezione collettiva).

Giovani italiani più sensibili della media al cambiamento climatico e pronti a guidare con fiducia il cambiamento

Gli intervistati del nostro Paese rimangono più sensibili al cambiamento climatico rispetto alla media mondiale: il 68% della GenZ italiana (62% global) e il 64% dei Millennial italiani (59% global) dichiara di essersi sentito “preoccupato o ansioso per il cambiamento climatico”. Il 72% della GenZ e il 77% dei Millennial, inoltre, ha cercato di ridurre il proprio impatto ambientale tramite azioni concrete. Il 37% della GenZ e il 42% dei Millennial avrebbe già rinunciato al fast fashion e il 25% della GenZ e il 21% dei Millennial avrebbe invece intenzione di farlo. Il 28% della GenZ e il 32% dei Millennial ha eliminato o limitato i voli aerei e in futuro potrebbe farlo il 18% della GenZ e il 19% dei Millennial. Il 30% della GenZ e 35% dei Millennial avrebbe già adottato una dieta vegetariana o vegana, mentre il 26% della Gen Z e il 20% dei Millennial avrebbe intenzione di farlo. Inoltre, il 23% della GenZ e il 25% dei Millennial dice di essersi informato sull’impatto ambientale di un’impresa prima di acquistarne i prodotti o servizi. E se è vero che i giovani italiani, in generale, sono meno ottimisti della media globale per quanto riguarda lo scenario economico e sociale, per quanto riguarda l’ambiente risultano particolarmente fiduciosi di poter fare la differenza e di influenzare il resto della società: sull’ambiente il 62% della GenZ e il 53% dei Millennial ritiene di avere un'influenza moderata o significativa. Anche sulla salute mentale (60% GenZ; 49% Millennial) e sull’uso etico della tecnologia (52% GenZ; 45% Millennial) i giovani si sentono pronti a guidare il cambiamento.

 

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