Formazione e ispirazione: la lezione di Aristotele vale anche per il retail

Aristotele
Nell’era dell’omnicanalità, la relazione con il cliente è tutto. Ogni momento di contatto, fisico o digitale, tra azienda e consumatore può rivelarsi un’occasione per migliorare l’opinione che il cliente ha del brand, oltre che per raccogliere informazioni utili a ottimizzare prodotti e servizi. Ovunque si manifesti la sua attività di acquisto, la sfida è arrivare a conoscerne abitudini e preferenze

Sebbene i nuovi strumenti digitali possano aiutare a memorizzare dati e informazioni, il contatto umano resta il primo e il più efficace modo per entrare in sintonia con chi acquista. Se un tempo era sufficiente una minima dimestichezza con registratore di cassa, computer e fogli di calcolo, oggi si richiede ampia padronanza di piattaforme online, device mobili e software di gestione. Ma imparare a gestire progetti digitali e a utilizzare i dati nel processo decisionale è utile tanto quanto saper accogliere il cliente in negozio. Facendo leva sui due strumenti più potenti di cui dispone un retailer: le parole e i numeri.

Se per restare competitivi nel mercato del lavoro serve ancora possedere una serie di competenze di base, è vero anche che la lista di skill si allunga: pensiero critico, gestione delle diversità e capacità di comunicazione sono tra le competenze più richieste, perché aiutano a sviluppare una mentalità creativa e innovativa e a utilizzare le nuove tecnologie per migliorare le attività. Per apprenderle serve una formazione che vada oltre i modelli nozionistici tradizionali, per trarre ispirazione dalle storie e dalle fonti più diverse. Persino quelle che ci appaiono più lontane.

La lezione della retorica

Prendiamo ad esempio la retorica, l’arte del parlare nata nell’antica Grecia come tecnica del discorso teso a persuadere le folle. La prima dote del retore è l’ascolto, diceva Aristotele, e in effetti i bravi marketer di oggi conoscono benissimo i destinatari delle loro campagne. Quelle che oggi definiamo “marketing personas” racchiudono tutte le caratteristiche dei target di consumatore che si è prefissata un’azienda: i gusti, lo stile di vita e le opinioni del consumatore a cui ci si sta rivolgendo.

I tre elementi costitutivi della retorica individuati da Aristotele presentano tutti dei punti di contatto con il moderno marketing: l’ethos, la credibilità dell’oratore, è un valore sempre più ricercato anche dai brand per accreditarsi con il proprio target; il logos, la concatenazione delle argomentazioni, deve funzionare bene per non scadere in false promesse che deludano il consumatore; il pathos, la capacità di coinvolgere il pubblico, è oggi fondamentale per vendere un prodotto. Il significato originale di retorica è “arte della persuasione” e persuadere non vuol dire per forza manipolare, ma convincere grazie alle parole.

Umanizzare i dati

E poi ci sono i dati, che sono ormai entrati a far parte della nostra vita quotidiana. Abbiamo a che fare con loro ogni giorno, anche se spesso non ne siamo consapevoli: i nostri telefoni raccolgono continuamente informazioni su di noi e sulle nostre ricerche e attività. Riflettere sul modo in cui interagiamo con i dati ci può aiutare a capire meglio come questi influenzano il nostro modo di comprendere il mondo. È il cosiddetto “data humanism”, la filosofia che invita a considerare i dati non solo come entità astratte o strumenti tecnici, ma come parte integrante della nostra esperienza umana.

La raccolta dei dati è infatti solo una parte del processo. Alla base del processo che trasforma in numeri la realtà, c’è una decisione fondamentale che ha a che fare con l’oggetto dell’osservazione: decidere cosa contare, misurare e registrare è cruciale e determina la natura stessa dei dati. Contare significa assegnare un valore numerico alla realtà, creando categorie e classificazioni. Ogni dato nasce infatti dall’interazione tra ciò che sta accadendo e chi sta osservando la realtà, per misurarla e classificarla. In questo senso, il data humanism ci ricorda di “umanizzare” i dati, ricordando che essi non hanno un significato proprio: sono semplicemente numeri o informazioni grezze, finché non vengono interpretati e contestualizzati dall’uomo.

La formazione come occasione di crescita

Prendere spunto dalla retorica o dalla concezione umanistica dei dati può aiutarci a essere professionisti migliori anche sul lavoro. Ispirarsi a mondi diversi significa sviluppare le cosiddette “life skill”, competenze trasversali che rispecchiano un’attitudine costruttiva, proattiva e in continuo aggiornamento. È ciò che secondo noi di Quadrifor dovrebbe fare la formazione, intesa come occasione di crescita e strumento utile a decodificare la realtà.

Imparare a leggere immagini, parole e dati non solo arricchisce il proprio personale set di competenze per il lavoro, ma amplia anche il bagaglio culturale della persona, fatto di conoscenze ed esperienze. Un bagaglio che va aggiornato sì, ma che resta valido sempre. Anche di fronte alle più grandi trasformazioni del nostro tempo.

A cura di Ilaria Di Croce, Direttore di Quadrifor

 

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