L’articolo 62 e l’efficienza nel retail

ECONOMIA & ANALISI – Una ricerca di Duepuntozero-Doxa e Dialogica evidenzia come la nuova normativa costringa a rivedere il paradigma stesso su cui si basa oggi la distribuzione moderna. Ma le criticità sono importanti e ineludibili (da MARKUP 218)

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Accorciarei tempi di pagamento e renderli certi e invalicabili è doveroso in un'economia efficiente e moderna. Benvenuto quindi l'articolo 62. Tuttavia, la portata di impianti normativi come l'articolo 62, si estende ben oltre il dominio entro il quale la legge opera. Innestandosi in un sistema complesso, nato, cresciuto e prosperato con regole differenti, impatta in profondità, anche sulle modalità più intrinseche del funzionamento della distribuzione moderna italiana.

Il mestiere del retailer
È un'evidenza condivisa che sulla distribuzione negli ultimi anni si è attuata un'azione a tenaglia in grado di stritolare i margini: da un lato il calo dei consumi e quindi dei volumi, dall'altro la crescente indisponibilità dell'industria nell'intervenire con sovvenzioni, fee fuori fattura, premi ecc. Per diversi operatori, la già risicata marginalità del 3-4% dei primi anni 2000 si è dimezzata portando pericolosamente il business vicino al punto di default. In questo contesto, gli esperti ritengono che la leva finanziaria sia diventata fondamentale. In sostanza, pagando in forte ritardo i fornitori e mantenendo in casa gli incassi, in diverse situazioni si è riusciti a far emergere qualche decimale (ma anche qualcosa in più) di guadagno sul business complessivo indispensabile per mantenere almeno in equilibrio l'attività. Ovviamente ogni operatore ha una storia differente e le reazioni rimarcate all'introduzione dell'articolo 62 lo dimostrano. Chi ha puntato sull'efficienza e ha messo in campo politiche adeguate si trova di fatto già nel perimetro che la nuova normativa impone. Caso differente è collegato agli operatori, soprattutto i più piccoli, che negli anni non hanno saputo o potuto raggiungere un modello di business più profittevole. I motivi possono essere differenti ma ugualmente importanti. Come risaputo la frammentazione del sistema distributivo italiano ha in sé un elemento di criticità perché non consente di raggiungere quelle economie di scala che in un mercato di largo consumo sono necessarie. Vi è poi una mancanza di efficienza correlata al sistema logistico e all'eterogeneità dei soggetti che in diversi casi, si raggruppano sotto la medesima insegna. Un altro aspetto molto importante su cui da tempo esperti e operatori dibattono è in seno alle politiche di sviluppo rete. Tranne pochissime eccezioni, finora i retailer hanno puntato sull'ampliamento quantitativo aprendo punti di vendita sostanzialmente in ogni sito dove se ne presentasse l'opportunità. Questo ha generato reti poco equilibrate in cui le performance medie al ribasso sono abbattute da pdv poco performanti. L'apertura "quantitativa" è generalizzata escludendo Esselunga e Coop: la prima effettua studi particolarmente attenti puntando solo su location interessanti a livello di business, mentre la Coop ha anche una mission sociale che fino a quando sarà sostenibile giustifica la strategie. In mezzo tutti gli altri. Come gli esperti hanno sottolineato in diverse occasioni, occorre osservare che lo sviluppo rete espone i bilanci dei retailer che trovano in molte occasioni respiro nella leva finanziaria che ha nei ritardi di pagamento un bacino importante. In questo contesto l'entrata in vigore dell'articolo 62 può essere spiazzante soprattutto per chi soffre già di una forte esposizione e vede assottigliarsi il proprio cash flow dal calo dei volumi e dal dimezzamento (approssimativo) della giacenze di liquidazione dei fornitori.

Cambio di paradigma
Alla luce di queste evidenze lo scenario attuale è destinato a cambiare. A tal proposito è stato effettuato recentemente una ricerca da parte di Duepuntozero-Doxa e Dialogica con la collaborazione di ToolsGroup allo scopo di far emergere i possibili mutamenti che subirà il retailing a fronte degli esisti imposti dall'articolo 62. In estrema sintesi si va verso un cambiamento del rapporto tra industria e distribuzione dove quest'ultima, per stare sul mercato, dovrà di fatto introdurre efficienze. L'indagine compiuta dal dicembre 2012 a gennaio 2013 ha coinvolto un panel di 180 persone appartenente all'industria (100) e alla distribuzione (80) suddivisa per sesso, età e aree Nielsen. Nel particolare la parte di panel della distribuzione è suddivisa in: 37% grande distribuzione, 53% distribuzione organizzata, 4% hard discount e 6% cash & carry. Per quanto riguarda l'industria, il 21% delle persone appartengono alla grande industria, il 39% alla media e il rimanente 40% alla piccola. I risultati raccolti mettono in luce, in prima istanza, che il tema è effettivamente molto caldo e ben l'84% del panel ha affrontato seriamente il tema in azienda. Il punto di convergenza è che l'articolo 62 imprimerà un cambio strutturale in cui le criticità (importanti), cambieranno il rapporto industria-distribuzione ma in cui si potranno cogliere anche delle importanti opportunità. Prima di entrare nel merito dei risultati, appare utile mettere a fuoco una questione che risulta centrale. Considerato che diversi retailer hanno dichiarato che sostanzialmente l'articolo 62 non impatterà sulle modalità di pagamento in essere in quanto di fatto già adottate, i soggetti vulnerabili chi sono? Sono i retailer con un business model approssimativo oppure vi sono altri fattori da considerare? Secondo i ricercatori di Dialogica e di Deupuntozero-Doxa, i soggetti deboli sono quelli che, avendo effettuato investimenti negli ultimi anni, si trovano in mezzo al guado e improvvisamente non hanno più energie finanziarie per uscirne. In altre parole l'obiettivo di rientrare nei tempi fissati dalla nuova normativa e simultaneamente reggere il crollo dei consumi e, soprattutto, la chiusura o la restrizione del credito concesso dalle banche può rappresentare un ostacolo di difficile superamento. E nel peggiore dei casi, non superabile.

Distribuzione disorganizzata
La ricerca mette in evidenza che sono soprattutto gli operatori della Do a temere di più per la propria sopravvivenza. Il cortocircuito appare evidente: da un lato le risorse finanziarie si assottiglieranno paurosamente, dall'altro sarà necessario investire per poter dare efficienza a quelle aree aziendali che, per limiti dimensionali, non hanno ancora raggiunto lo standard di eccellenza del settore. E qui i retailer saranno chiamati a fare delle scelte. Dovranno mettere a punto delle strategie nitide e ricavare i fondi necessari da aree operative o di servizio sacrificabili rispetto al nuovo business model. Non sarà più possibile seguire in modo grossolano le linee strategiche mediane del mercato (promozioni, volantini ecc) ma occorrerà decidere cosa tenere e cosa abbandonare. In altre parole ogni retailer, per ogni format e per ogni location dovrà prendersi la responsabilità di pilotare il proprio business rinunciando a farsi trascinare dalle tendenze in essere nel mercato. Ma tutto questo non si ripercuoterà su piccoli cambiamenti o aggiustamenti. Secondo Matteo Testori di Dialogica, il salto sarà netto: "Il crollo della disponibilità finanziaria lungo l'intera filiera non renderà possibile sostenere la situazione con escamotage di tipo tattico ma richiederà un impegno verso l'evoluzione in chiave sistemica. Altrimenti, ci si troverà a operare in un contesto a somma zero dove non si introdurrà nessun miglioramento complessivo". Le efficienze da introdurre stanno a monte della filiera distributiva e anche a valle nel punto di vendita. Le dinamiche attraverso le quali i consumatori acquistano, le differenze di genere, come e cosa il consumatore uomo acquista per la donna e viceversa saranno sempre più oggetto di studio.

Prossimi cambiamenti
La ricerca evidenzia diversi elementi condivisi dal panel che meritano riflessione. Uno di questi riguarda le referenze e l'assortimento. La distribuzione, rispetto ai prodotti a scaffale, privilegerà (ovviamente ndr) i prodotti a maggiore rotazione e marginalità compensando la perdita di ricavi finanziari con quello caratteristico del business. Parallelamente la ricerca evidenzia che il panel, sia industria sia distribuzione, ritiene che sarà necessario sviluppare nuove competenze per verificare e capire cosa il mercato desidera maggiormente. La capacità di dare risposte in questa direzione appare fondamentale. Se questi risultati hanno una logica elementare, un risultato sorprendente è legato all'impatto dell'articolo 62 sulle industrie. Intuitivamente appare scontato che l'accorciamento dei tempi di pagamento possa favorire la piccola e media impresa. Si tratta di un soggetto che non ha la capacità finanziaria per resistere a importanti ritardi e neppure la massa critica per generare un'economia di scala robusta. Tuttavia, secondo il panel intervistato, la nuova normativa non sembra che colga l'obiettivo. Il 48% del panel ritiene che l'articolo 62 penalizzerà le piccole e medie imprese, mentre solo il 18% ritiene che saranno le grandi a subirne negativamente le conseguenze. Come si interpreta questo dato? La ricerca non esprime una risultanza nitida in tal senso ma è possibile leggere "tra le righe" cosa generi tale risultato. Secondo Elena Carcano di Dialogica è una concomitanza di cause: "La riduzione degli assortimenti, l'ottimizzazione degli stessi e la crescita delle private label impatta sulle piccole e medie imprese". Secondo Matteo Testori il mercato potrebbe mostrare una polarizzazione in cui l'entry level sarà terreno di conquista della private label, mentre il medio alto di gamma sarà presidiato in modo solido dalla marca. In mezzo, i brand più deboli o "semi-brand" potrebbero rimanere schiacciati. Tra i dati che meritano attenta riflessione vi è quello che prospetta la cessione delle attività da parte di alcuni distributori. È un parere che esprime il 59% del panel appartenete alla distribuzione e il 45% dell'industria. La ricerca evidenzia anche diversi pareri costruttivi, mirati ad affrontare la situazione. È condiviso in modo paritetico che occorrerà pensare e agire in modo coordinato tra industria e distribuzione. Estremizzando il concetto si dovrà instaurare forzatamente una collaborazione più profonda tra le parti.
Gli argomenti studiati dalla ricerca appaiono di grande valore prospettivo sempre che... l'articolo 62 rimanga in vigore! La direttiva 16 febbraio 2011 UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transizioni commerciali e recepita dal dlgs 192/2012 si sovrappone all'articolo 62 vanificandolo. Tuttavia mentre il Ministero dello Sviluppo Economico ha dato parere negativo sull'effetto dell'articolo 62, il Ministero delle Politiche Agricole ha sottolineato che la norma resta in vigore. Un rebus da risolvere velocemente a livello politico.

Allegati

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