Prodotti & Mercati – La trasparenza è strategica per l’olio

Articolo pubblicato su MARK UP 124 gennaio 2005 – Certificazione - Sono già trenta gli oli d’oliva che hanno la denominazione d’origine

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È l’emblema del made in Italy, della trasformazione agricola, della cucina e della gastronomia di casa nostra. Ed è su tutte le tavole

L’olio d’oliva è uno degli alimenti di eccellenza dell’agro-alimentare italiano. La natura, la qualità, il luogo di origine della materia prima e la diffusione di processi di estrazione realizzati ancora con tecniche artigianali fanno dell’olio d’oliva un prodotto che riporta alle radici culturali più profonde: al territorio, all’area geografica o a una comunità.
Sono già 30 gli oli che hanno ottenuto la tutela comunitaria Denominazione di origine protetta (Dop), un dato che pone l’Italia in cima alla graduatoria dell’Unione europea. E il numero è destinato a crescere ulteriormente. D’altra parte, gli oli Dop sono soltanto la punta di diamante di un’offerta di qualità ben più ampia e destinata al mass market.

Il mercato
Allo stato attuale, il giro d’affari generato dal solo consumo familiare di oli vegetali è stimato in oltre 1,5 miliardi di euro, di cui tre quarti costituiti da olio d’oliva. Questo prodotto rappresenta da tempo un impiego consuetudinario: la quasi totalità delle famiglie italiane lo utilizza ogni giorno per cucinare e condire le portate.
Nel corso degli anni la politica di indirizzo dell’offerta verso un prodotto di qualità ha favorito un travaso di acquisti dall’olio d’oliva normale verso l’extravergine. Presso le strutture della distribuzione alimentare self-service (iper+super) l’olio extravergine copre oggi il 73% delle vendite a volume. Gusto, colore, sapore sembrano costituire sempre di più il denominatore comune che guida gli acquisti di un numero crescente di acquirenti.
In questa logica, trasparenza e informazione costituiscono i presupposti per difendere e orientare al meglio le scelte d’acquisto del consumatore.

L’origine
La più recente normativa sull’etichettatura e la pubblicità dei prodotti alimentari (dl 23/06/03) ha sancito il principio che tra le finalità delle informazioni sulla confezione vi è quella di “non indurre in errore su qualità, composizione, origine o provenienza e metodo di fabbricazione” del prodotto. L’olio d’oliva vergine ed extravergine ha facoltà di designare in etichetta lo Stato membro nel cui territorio le olive sono state raccolte e dove è situato il frantoio dal quale è stato estratto l’olio. Così, i diversi imprenditori che operano sul mercato possono puntare con maggiore efficacia su una strategia di qualità percepita da parte di chi acquista. In pratica, si concede a chi punta sulla rintracciabilità della filiera e sul prodotto ottenuto utilizzando solo olive italiane di fornire la carta d’identità di questa proposta commerciale.
Gli organismi associativi del settore primario, che gestiscono in forma organizzata anche la vendita a marchio del prodotto, hanno l’opportunità di sviluppare una strategia di posizionamento: il tutto può portare a incorporare quote significative del valore aggiunto finale.

Il valore aggiunto
Nella stessa logica di trasparenza vanno viste anche le iniziative commerciali che, sul modello del vino, introducono l’olio novello, cioè un prodotto in cui viene fornita la garanzia dell’utilizzo del primo raccolto dell’anno in corso, senza miscelazione con oli dell’annata precedente. D’altra parte, il settore sente la necessità di comunicare in maniera chiara il valore aggiunto del prodotto, dal momento che il livello di concentrazione del settore è basso e il proliferare dei marchi ha scatenato una forte concorrenza sul prezzo anche nel segmento degli oli extravergini. In effetti, si stima che oltre la metà delle vendite di olio vergine o extravergine presso supermercati e ipermercati derivi da atti d’acquisto su articoli in promozione - 3x2, tagli prezzo ecc. -, una percentuale che risulta tra le più elevate dell’intero comparto alimentare.


Allegati

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