L’importanza crescente del valore dell’acqua

Il 2022 l’anno con più piogge, il 2023 l’anno con più siccità: ritorna la fotografia del Blue Book e del Libro Bianco, dalla gestione agli investimenti, all’incidenza sul PIL italiano di questa preziosa risorsa

L’evento annuale “Il valore dell’acqua” è stata la cornice in cui presentare il Blue Book promosso da Utilitalia e realizzato dalla Fondazione Utilitatis, relativo al servizio idrico integrato, e il Libro Bianco “Valore Acqua per l’Italia” di The European House – Ambrosetti, relativo alla filiera estesa dell’acqua.

Meteo estremo

L’acqua copre circa il 70% della superficie terrestre, ma solo il 3% è accessibile al consumo umano.

Il cambiamento climatico, innescato principalmente dalle attività antropiche, sta alterando gli schemi atmosferici, mettendo a dura prova la disponibilità di acqua dolce. Fenomeni meteorologici estremi, come alluvioni, siccità e aumento del livello del mare, stanno diventando sempre più frequenti ed intensi, con conseguenze negative per numerose aree del mondo. Valerio De Molli ci illustra lo scenario attuale: “Secondo le ultime rilevazioni disponibili di Copernicus, la temperatura media globale del 2023 è stata la più alta mai registrata, con +1,48 °C al di sopra della media preindustriale”. Questa condizione si accompagna a una riduzione della frequenza e quantità delle precipitazioni, che aumentano invece in intensità. Il numero di casi estremi di piogge intense ha toccato il suo picco nel 2022, raggiungendo un totale di 1.004 eventi (+50,2% medio annuo dal 2005), diminuite nel 2023 con 892 eventi registrati.

Agricoltura esposta

Purtroppo, uno dei settori che subisce maggiormente gli effetti del cambiamento climatico è l’agricoltura. L'impatto sulle colture dovuto a siccità, gelo e alluvioni nel 2022 ha causato una perdita a carico delle aziende agricole pari a 5,6 miliardi di euro, concentrate soprattutto nei comparti cerealicolo, degli ortaggi, della frutta e del vino.
Nonostante il trend in miglioramento, l’Italia rimane nella parte bassa della classifica europea per investimenti nel settore idrico, con una media quinquennale di 59 Euro per abitante all’anno, ben al di sotto della media europea di 82 Euro. Francesca Mazzella direttrice della fondazione Utilitas insiste su questo aspetto “In Italia ci sono 30 miliardi di litri di acqua per usi civili, agricoli e industriali – ha dichiarato – e i nostri obblighi odierni sono quelli di avere una buona governance per la gestione delle risorse idriche”.

Le gestioni industriali dell’acqua ricoprono 48 milioni di abitanti, mentre alle gestioni in economia (affidate per lo più ai Comuni) occupano la parte residua con scarsità di investimenti e talvolta impossibilità di depurazione. Ma anche la gestione industriale è spesso frammentata con alcune grandi industrie che detengono la maggior parte del mercato.

Investimenti essenziali

Gli investimenti nella gestione dell’acque sono essenziali per la qualità dell’acqua, ma soprattutto per la riduzione delle perdite che comporterebbero anche meno allagamenti delle fognature. Nella gestione in economia si arriva a 11 euro di investimento per abitante. Un divario che deve essere colmato, tra Nord e Sud Italia, (dove si ritrova la gestione in economia) e tra Italia e Europa. Il PNRR sta dando impulso a questi investimenti, grazie anche alle risorse derivanti dalla recente rimodulazione del Piano, che ha permesso di stanziare 1,1 miliardo di euro aggiuntivi, destinati alla riduzione delle perdite, oggi ancora elevate e mediamente pari a circa il 42% dell’acqua immessa in rete. Il fabbisogno di settore è stimato in almeno 6 miliardi l’anno: serviranno dunque risorse aggiuntive pari a circa 0,9 miliardi di euro l’anno fino al 2026 poiché 4 miliardi sono coperti dall’utenza e 1,1 miliardo dal PNRR. Dovranno poi salire da 0,9 ad almeno 2 miliardi di euro l’anno dopo la chiusura del PNRR, per avvicinandosi alla media di altri Paesi europei di dimensione simile all'Italia.
Le differenze nel tasso di investimenti sono legate anche ai differenti livelli tariffari. Ad oggi, la tariffa idrica italiana, pari a 2,08 euro/m3 , è la metà di quella francese e il 40% di quella tedesca. Un fattore che gli italiani ignorano, anzi: 9 italiani su 10 sovrastimano la propria spesa per la bolletta idrica e solamente il 10% dei cittadini è consapevole che la tariffa idrica sia inferiore ad 1 centesimo/litro.

Risorse di qualità

Dal punto di vista della produzione di acqua invece l’Italia può contare su un’ottima qualità di risorse idriche (l’85% di acqua potabile proviene da fonti sotterranee, che richiedono minori processi di trattamento), un buon livello di competenze tecnologiche e un ecosistema della ricerca ambientale all’avanguardia, oltre a modelli di produzione agricoli sostenibili, che promuovono l’utilizzo circolare dell’acqua e una solida base industriale.
Secondo i calcoli di European House Ambrosetti, l’acqua è l’elemento abilitante per 367,5 miliardi di euro di Valore Aggiunto, questo significa che il 19% del PIL italiano non potrebbe essere generato senza l’acqua. La tutela della risorsa idrica non è solo di primaria importanza per il ruolo sociale che riveste, ma anche perché l’acqua abilita e attiva un’importante filiera industriale e di servizi rappresentando un input produttivo primario per 1,4 milioni di imprese agricole, circa 330.000 aziende manifatturiere idrovore e circa 10.000 imprese del settore energetico.

Società da aggregare

Per tutelare questo valore bisogna dunque investire nelle infrastrutture non solo per la gestione, ma anche per il recupero dell’acqua, come ha fatto osservare Benedetta Brioschi, responsabile Food& Retail e Sustainability di The European House Ambrosetti.

“Poco meno del 24% delle acque delle precipitazioni contribuisce alla ricarica degli acquifori, quindi evapora o finisce nei torrenti, a volte causando danni; le grandi dighe raccolgono 13,8 miliardi di metri cubi, ma 4,3 miliardi non sono sfruttati per problematiche a livello burocratico, infine il patrimonio infrastrutturale è talmente vetusto che abbiamo 1,3 milioni di italiani che vivono in Comuni privi di depurazione dell’acqua e per questo paghiamo delle sanzioni europee”.
Insiste sulla necessità di aggregazione delle società di gestione Sandro Cruciani, direttore DCAT di Istat: “Abbiamo il prelievo più alto in Europa: 9 miliardi di metri cubi di acqua gestiti con una grande frammentazione e conseguente scarsa efficienza”. Ci sono stati degli accorpamenti (da 1600 a 1500 gestori) ma insufficienti, inoltre lo spreco è troppo elevato con 3,4 miliardi di metri cubi ogni anno. “Con questo spreco avremmo potuto soddisfare le necessità di 43 milioni di abitanti”.

La sintesi di questo scenario viene da Valerio De Molli, ceo di The European House -Ambrosetti.

“Per i consumi di acqua in bottiglia gli italiani sono i primi al mondo e per prelievi di acqua siamo fuori controllo, perdiamo più del doppio di acqua degli altri Paesi europei, l’85% delle nostre aziende impegnate nella gestione dell’acqua produce il 16% del valore e questa micro dimensione crea un gap in una filiera decisiva perché senza la risorsa acqua gran parte del PIL italiano non potrebbe essere generato”.

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