#Takeaction Francesco Pugliese – Essere brand è la sfida oggi per il retail ma niente più personalismi

Incontriamo Francesco Pugliese, opinionista, esperto e advisor sui temi del largo consumo e della distribuzione, per un faccia a faccia senza fronzoli

Francesco Pugliese è stato sulle pagine di Mark Up tante volte, nelle sue svariate vesti: da direttore generale Sud Europa di Barilla, passando per Yomo a Conad, dove è stato amministratore delegato e presidente. Ma questa è la prima intervista che gli facciamo da superpartes, confidando nel suo essere (da sempre) un visionario, senza tanti peli sulla lingua.

Come sarà il 2024 per la gdo e per l’alimentare
Ti risponderò nelle vesti di chi può dare solo buoni consigli, perché il cattivo esempio l’ho già dato... come diceva una bellissima canzone di qualche anno fa. Abbiamo assistito, per almeno dieci anni, a un fenomeno di deflazione in termini di acquisti e di stagnazione nei prezzi al consumo, cui poi sono seguiti due anni di inflazione elevata e più o meno motivata. Infatti, in qualche settore, in qualche categoria, c’è stata anche un po’ di strumentalizzazione per alzare i prezzi. Detto questo, il tema di quest’anno riguarderà i consumi: volumi che scendono e fatturati che crescono denotano una grande sofferenza da parte dei consumatori, un problema serio che sta toccando tutti i settori e tutte le categorie e, anche se non lo dice nessuno, è un problema di tutti, anche della marca del distributore. La novità? Nelle industrie leader c’è qualcuno che sta cominciando a dare segnali di calo dei prezzi di listino...
In passato è successo solo con il Big Event di Barilla del ‘96. Altre grandi marche che abbiano abbassato i prezzi di listino non ne ricordo. E anche oggi Barilla è stata la prima: probabilmente, si è resa conto che questo era il momento per dare un segnale ai propri consumatori; è un buon inizio, spero che questo sia seguito da altri. Siamo in una situazione di contrazione del potere d’acquisto delle famiglie dovuta a tanti fattori che sono esogeni al nostro settore, ma che comunque incidono in maniera più che proporzionale nel nostro interno.

La distribuzione sta cercando di dare una risposta: la marca commerciale (Mdd) può essere la mossa giusta?
Dipende. Pensiamo ai dati presentati alla fiera Marca dove vediamo la Mdd in grande crescita: cosa è cambiato? Che nella rilevazione sono stati inseriti i discount che vivono, prevalentemente o totalmente, di marca commerciale. I discount, però, ci sono sempre stati e mi domando: perché farlo oggi? Perché oggi è un dato spendibile, ieri non lo era. Tant’è che quando guardiamo la distribuzione moderna senza il discount, stiamo ragionando del 21% di quota.
Molti ne parlano, ma pochi la fanno e ancor meno la fanno bene e il motivo è uno: siamo ancora un Paese con una distribuzione estremamente frammentata e, per fare marca commerciale bene, bisogna avere volumi. Per fare volumi non basta comprare tutti insieme, ma comprare tutti insieme lo stesso prodotto e lo stesso packaging. Perché nella marca commerciale quello che guida è il costo di produzione: quindi, si parte dalla linea di produzione, dalla capacità di assorbimento sulla linea, per raggiungere quelle quote che hanno alcuni retailer come Coop, Esselunga, Conad, la stessa Carrefour, che è al di sopra del 30%. Quindi, se spacchettiamo quel 21%, vediamo che, aldilà delle aziende citate, gli altri hanno quote risibili, non riuscendo a produrre e vendere i volumi che permetterebbero loro di penetrare il mercato con la loro Mdd. E questo sarà un problema.
Adesso sarà interessante vedere quale sarà la risposta della grande industria, tenuto conto che la pressione promozionale è calata, anche se ha avuto un leggero incremento nel 2023 rispetto al 2022; rimaniamo comunque su numeri più bassi del passato. Questo, da una parte, è un bene sotto il profilo del posizionamento verso il consumatore, ma dall’altra per la distribuzione significa perdita di margine nell’ambito della grande industria e questo sarà un elemento di discussione. Vedo, infatti, una situazione di confronto fra industria e distribuzione sempre più aspro: un errore. Oggi, bisognerebbe mettere da parte la “forza” e ragionare in un’ottica di maggiore trasparenza e, soprattutto, venirsi incontro. A me piace andare in mare e mai come oggi vale il detto “Siamo tutti sulla stessa barca”: le manovre della barca devono essere tutte sincronizzate per poter navigare, altrimenti non ci si muove o, peggio, ci si incaglia. A questo si aggiunge quello che sta accadendo per le strade con i trattori: un altro bel capitolo nel quale credo che sia la distribuzione sia l’industria stanno parlando poco, sbagliando.

Torniamo ai rapporti IDM-GDO... e a Barilla. Alcuni hanno visto la mossa come una provocazione...
Per risponderti ti faccio l’esempio dell’incontro che ha fatto Carrefour con i fornitori: Alexandre Bompard (Ad di Carrefour Group) ha chiesto ai fornitori di abbassare i prezzi, Barilla lo ha fatto e non va bene? Io non vedo un pericolo per la Mdd, perché quando fai la marca commerciale bene, funziona. Nell’azienda dove ero, la Mdd ha avuto crescite importanti e adesso credo siano al 34-33% di quota di mercato. Come sempre dipende da che cosa fai e da come lo fai. Quindi non vedo la mossa di Barilla come un attacco. Anche perché, se è vero che stanno calando i prezzi delle materie prime, i margini ci sono per quanto riguarda sia l’industria sia la Mdd. Su questo non ci sono dubbi. La marca commerciale certamente gode dell’aumento dei prezzi dell’industria perché il suo prezzo è costruito sulla filiera a partire dalla materia prima, mentre quello dell’industria a partire dal margine che se ne vuole ricavare. In sintesi, nei momenti di complessità e di confusione, e soprattutto di estrema volatilità, servono nervi saldi, ma più di tutto valutazioni corrette e azioni veloci.

Che futuro vedi per i retailer più piccoli?
Uno dei veicoli per la costruzione del margine complessivo dei vari format distributivi è la costruzione dell’assortimento e la quota della marca commerciale. I retailer più piccoli hanno un problema su questo fronte, perché anche se flessibili sulla costruzione dell’assortimento, lo sono molto meno nella risposta che devono dare con la marca commerciale. Per poterlo fare, ci vorrebbero, invece, centrali d’acquisto potenti grazie ai fatturati sviluppati con l’industria, organizzazioni che siano in grado di creare un’unica marca commerciale, un unico brand e un’unica insegna. E questa è una visione che rischia di diventare una profezia che mai si avvererà, perché c’è un tema di volontà da parte delle singole imprese di condividere gli elementi costitutivi di un posizionamento di brand che non può essere così frazionato. C’è qualcuno che sta andando in questa direzione e sta ottenendo risultati, ma la stragrande maggioranza sarà in difficoltà, perché, se è vero che nella distribuzione il prerequisito per vendere meglio è comprare bene, i veri differenziali dal punto di vista strategico e di posizionamento non sono lì. Sono sui fattori di vendita, sul posizionamento che devi avere verso il cliente ed è lì dove è necessario che queste centrali si evolvano, magari facendo meno chiacchiere.

Un’ultima domanda ... cosa fa adesso Francesco Pugliese?
Io oggi seguo solo progetti che mi piacciono e con chi mi piace. E questa, parer mio, è la vera ricchezza.

Il ricambio generazionale nella gdo è un tema molto preoccupante. Osservo, però, che gli imprenditori del Sud se la stanno cavando meglio di quelli del Nord

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