Fresco e naturale il mix vincente per il bakery

Due ricerche, presentate a un evento promosso da Puratos, in collaborazione con Mark Up e Gdoweek, hanno sondato il sentiment dei consumatori e l’offerta in reparto dei retailer. Nel futuro focus su prodotti più innovativi per la salute

Dove va il mondo del bakery e come portare valore aggiunto nel retail? Sul tema si è svolto a Milano un evento dedicato (La teatralizzazione del reparto panetteria),promosso da Puratos, in collaborazione con Mark Up e Gdoweek, e introdotto dalla direttrice Cristina Lazzati, in cui sono state sondate le nuove tendenze con esperti del settore. I prodotti della categoria (tra quelle che hanno impatto più alto nella scelta del negozio) sono al quinto posto tra i più acquistati e come driver per fare la spesa, secondo un’indagine presentata da Romolo de Camillis, retailer director NielsenIQ.

Ma soprattutto hanno i tassi di crescita a valore più alti (+11,1%) rispetto al fresco che ha una media del +6,2%, anche se il peso incide per il 5,8%. Nell’incontro Valentina Bianchi, marketing manager Puratos Italia, ha presentato la ricerca TasteTomorrow che da dieci anni il Gruppo realizza in 50 Paesi, tra cui l’Italia, andando a intervistare con Ipsos 20 mila consumatori in tutto il mondo. A questa, negli ultimi tre anni ha aggiunto una seconda ricerca, il Trend Radar, l’ascolto continuo della Rete, 24 ore su 24, grazie all’Ai per individuare i sentiment e i trend.

Lievito madre, l’ingrediente che rende healthy il prodotto

Lo studio ha individuato 8 mega trend del settore, di cui i primi driver sono gusto, salute e freschezza “da dieci anni i pilastri” (gli altri comprendono artigianalità, phygital, trasparenza, praticità, consumo consapevole). La leva non è il prezzo e i consumatori sono disponibili a spendere qualcosa in più in primis per la freschezza (41%), poi per il naturale, etichetta clean (28%), ingredienti che fanno bene alla salute (23%), artigianalità (21%). Tradizione e innovazione si mescolano nel gusto. Se è vero che il 79% vuole trovare qualcosa di familiare e il 72% ama sentire texture diverse (elemento che appaga il cervello), il 61% vorrebbe sperimentare sapori esotici, orientali. Il consumatore italiano vuole sì qualcosa di nuovo ma che abbia un legame con qualcosa di familiare, quest’ultima tendenza negli ultimi 3 anni è aumentata di 10 punti”. Sul fronte del consumo consapevole si confermano alcuni approcci comuni a tutto l’agroalimentare: oltre il 70% cerca prodotti realizzati in maniera sostenibili: packaging, welfare animale, riduzione degli sprechi sono gli argomenti prioritari. Si conferma l’attenzione al made in Italy, fino al km zero, con il 76% che vuole conoscere la provenienza del cibo, più della media europea. Sul fronte della salute sono due gli elementi di spicco: l’84% considera il prodotto con lievito madre più salutare, il 20% superiore alla media europeo. In forte crescita è poi l’attenzione alle fibre (che dovrebbe orientare a una maggiore offerta di pane integrale, ndr): l’86% concorda sui benefici sulla salute intestinale e indirettamente su quella mentale e cresce anche l’attenzione per ciò che migliora il sistema immunitario (vedasi la maggiore popolarità della dieta del microbiota). Inutile sottolineare la predilezione per gli ingredienti naturali e l’allontanamento da conservanti e alimenti ultraprocessati. Il 74% è interessato poi a prodotti plant-based(erano il 55% nel 2021). Da un incrocio tra le aspettative dei consumatori e le analisi del Gruppo arriva la proposta al retail di una segmentazione per sei gruppi: la tradizione, le specialità, pane di tutti i giorni, i soffici (come i bun per i burger, trend della ristorazione), gli snacking (che significano praticità, in forte crescita), salute e benessere (“per esempio il proteico, che è un trend anche nel bakery”).

Non è tutto fresco (che conta)

Fin qui i desiderata dei consumatori, ma come risponde il retail? C’è incrocio con la domanda? La risposta l’ha data Marilena Colussi, ricercatrice marketing e consulente brand, specializzata nei settori food&drink e retail, che ha presentato una recentissima ricerca condotta tra febbraio e marzo 2024 con 22 retailer, da Aldi a Unicoop Firenze, tanto per stare in ordine alfabetico. Il primo aspetto emergente è che il reparto panificazione conta molto (58%), moltissimo (42%), è uno dei pilastri dei freschi-freschissimi. La ragione principale è che (lo afferma il 63%) “è un elemento identitario per distinguersi dalla concorrenza e fidelizza il cliente”. Si presenta però in modo diverso rispetto alla superficie: il 73% ha nei pdv pane il self e il servizio assistito; il 14% ha solo il self e il 13% solo servizio assistito. Il servizio assistito è poi presente in tutti (o quasi) i pdv nel 36% dei casi. Se il fresco ha poi una valenza importante per il consumatore, lo è anche per il retailer che lo indica al primo posto come fattore di successo davanti alla qualità dei prodotti e materie prime, lavorazione (per esempio le ore di lievitazione) e all’assortimento. Però non si presenta allo stesso modo: nell’86% dei casi è totalmente fresco, per il 64% è pane surgelato, per il 46% è da cottura di impasti precotti e per il 18% da cottura di impasti crudi. Molteplici poi e articolate le modalità di produzione e approvvigionamento: si compra da fornitori esterni, si utilizzano laboratori e forni nel pdv, centri di produzione o si sforna nei pdv pane surgelato. Sulle strategie per differenziare il reparto, invece, spiccano la formazione del personale, che non è facile da trovare, e l’introduzione di prodotti unici ed esclusivi (66,7%), e quindi il layout del reparto e la scelta di posizionamento (58,3%).

Serve anticipare le tendenze: verso un pane funzionale?

La parte più interessante dello studio riguarda le sfide del futuro, perché viviamo la doppia rivoluzione salutistica e tecnologica. L’aumento della qualità percepita spicca al primo posto (66,7%), seguito dalla riduzione dello spreco (62,5%) attraverso l’utilizzo dell’invenduto, facendo altre preparazioni per la gastronomia. Ma è interessante, al terzo posto, l’auspicio a creare un’identità di categoria (45,8%).È un prodotto che ha perso la sacralità di un tempo e negli anni si è banalizzato ma oggi deve riavere la dignità che merita”. Ancora più importante è come i retailer rispondono ai trend: se l’88% testa i nuovi prodotti in base alle tendenze emergenti, è però vero che solo il 25% collabora con esperti di settore per anticiparle. Su questa direzione forse occorrerebbe maggiore dialogo con le università e il mondo della ricerca. Sono nate diverse start up che hanno proposto soluzioni, attraverso per esempio l’impiego di fibre (anche ricavate da scarti di filiera) e l’utilizzo delle fermentazioni per controbilanciare i picchi glicemici dei prodotti bakery e trasformarli in alimenti funzionali. Mai dimenticare, come ricorda l’ultimo rapportodi Coop che “lo zucchero diventerà il nuovo nemico nella tavola degli italiani”. Il  Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’economia agraria), per esempio,  ha creato un hub, dal 2021, chiamato Sustainable food design. Con il progetto Pro-forno, ha sviluppato prodotti da forno innovativi ad alta valenza salutistica: prototipi di pane (e di maritozzo laziale) con alto contenuto di folati e fibra, e basso contenuto di acrilammide e fodmap, per venire incontro a pazienti con sindrome da colon irritabile che hanno carenze di micronutrienti. E che debba esserci più coraggio in questa direzione è testimoniato dai progetti di sviluppo dove al primo posto viene indicato di puntare su prodotti con maggiore benessere e salute (54%), seguiti dall’assortimento e prodotti premium (come farine, speciali, lievito madre che però è ritenuto abbastanza importante dal 62% e molto solo dal 25%) e prodotti a marchio con gestione della filiera.

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